Tra i «poveri» gioiellieri «Quanti controlli sbagliati» di Piero Bottino

Tra i «poveri» gioiellieri «Quanti controlli sbagliati» Tra i «poveri» gioiellieri «Quanti controlli sbagliati» A VALENZA PO LA CITTA' DELL'ORO SVALENZA PO E la «città dell'oro» vive il suo rapporto col Fisco come una guerra, allora in questi mesi si sta assistendo ad una ritirata strategica col passaggio di una parte delle forze in clandestinità. Poco più di ventimila abitanti, 1249 imprese orafe Valenza, in provincia di Alessandria, è un classico caso di città a mono-economia. Ormai da decenni qui si parla soltanto di ero, anzi di gioielli. e Valenza è diventata sinonimo di ricchezza. Non c'e quindi da stupirsi per dati come un imprenditorialità superiore del 74% alla media piemontese e indice di motorizzazione più elevato del 10%. Ma c'è una cifra che stride: reddito medio, 16 milioni e mezzo, il 12% in meno della media regionale. E allora viene spontaneo pensare che qualcuno bara, che questa cittadina dove sono emersi clamorosi commerci di oro «in nero» è la patria degli evasori fiscali, tant'è vero che una classifica dell'Anci la vede agli ultimi posti dell'imponibile dichiarato. e la «minimum tax» come semplice strumento di accertamento fiscale qui non farà sorridere? Chi li fa poi i controlli? «Ma quei dati sono del '90 e da allora le cose sono cambiate profondamente» è la prima obiezione di Marco Bologna, direttore provinciale della Cna, che raggruppa i tre quarti degli artigiani valenzani. Da un paio d'anni gli orafi di Valenza si sentono nel mirino del Fisco. Guardia di Finanza, Ufficio imposte, Ufficio Iva, sostengono, gli stanno addosso. «Da ultimo - dicono alla Cna - anche Dogana e Ufficio metrico, ai cui funzionari circa un anno fa è stata attribuita la veste di ufficiali di polizia giudiziaria». Anche l'Ufficio imposte si dà da fare: nel '90 per «indice di produttività» era al quarto posto in Italia. Ma con una quindicina di dipendenti, di cui solo una metà addetta agli accertamenti, i controlli sono poco più che «a campione». «In Italia si verifica in media il 2-3% delle dichiarazioni, qui la percentuale è di sicuro molto più alta» dice il direttore Salvatore Avveduto. Grandi evasori o tartassati, quindi? Il dilemma resta. Anche se la pressione del Fisco sta ottenendo negli ultimi mesi a Valenza un effetto forse inatteso, la fuga dai «ruoli»: il ruolo, sociale, di imprenditore, e a volte più semplicemente il «ruolino fiscale». Da gennaio ad oggi hanno chiuso almeno 160 aziende, la disoccupazione è aumentata del 50%. 11 settore ha già affrontato gravi periodi di crisi, ma chiusure di massa come quelle degli ultimi mesi non ci sono mai state. «Stavolta è diverso - dice Giulio Ponzone, nell'Associazione orafa ad esempio hanno abbandonato molti che erano vicini all'età della pensione. Una specie di prepensionamento. Così abbiamo perso anche alcuni maestri dell'oreficeria». Altri, invece, più giovani («Parecchi di quelli che si sono arresi hanno meno di 40 anni» dicono alla Cna) saltano il fosso, passano «in nero»: continuano l'attività, ma clandestinamente, senza più di¬ pendenti e soprattutto senza più obblighi fiscali. Per chi è capace di fare gioielli, o di venderli, non è difficile adattarsi a un lavoro «marginale», che offre comunque margini sufficienti per vivere discretamente. «Così pagheranno i superstiti» commenta Ponzone. «Sì, perché - spiega Marco Bologna - dovranno affrontare una concorrenza sleale. Se volevano combattere l'evasione ci sono riusciti. Ma è una cura da cavallo, che rischia di uccidere il paziente». Piero Bottino

Persone citate: Dogana, Giulio Ponzone, Marco Bologna, Salvatore Avveduto

Luoghi citati: Alessandria, Italia, Valenza