Francoforte cavalca la crisi

Aperta la fiera mondiale del libro: è recessione solo per l'editoria di qualità Aperta la fiera mondiale del libro: è recessione solo per l'editoria di qualità Francoforte cavalca la crisi Ma «viricono» solo i grandi bestseller FRANCOFORTE DAL NOSTRO INVIATO E' la Fiera della speranza, del sorriso a ogni costo, del sollievo per il peggio che è passato. Questa è l'aria che si respira alla 45a Buchmesse di Francofone. Questo è ciò che sostiene Peter Weidhaas, direttore della manifestazione da vent'anni, che ha raccolto gli umori segreti dei maggiori editori mondiali: «La recessione economica che ha colpito duramente i Paesi nostri ospiti dice - non ha avuto un impatto così disastroso sul libro, come inizialmente si temeva. E soprattutto il mercato internazionale non è rimasto bloccato dalla turbolenza delle situazioni nazionali». I colossi anglosassoni, sempre molto corteggiati e occhieggiati, ostentano sicurezza. Dalle prime impressioni raccolte, sembra che la crisi non abbia colpito i grandi bestseller. Thurow o King continuano a far luccicare i bilanci. Anzi, vendono più di prima. Stentano, invece, gli esordienti, la narrativa e la saggistica raffinata. Il pericolo, quindi, che alcuni intravedono, è una eccessiva ricerca del prodotto sicuro. L'editore non ha più voglia di rischiare, di investire sul nuovo, sul prodotto medio-piccolo. E i due terzi della normale produzione libraria rischiano di finire sotto la mannaia dello snellimento. I grandi libri illustrati piangono più degli altri, mentre ovunque, dai pocket francesi ai Mandarin di Heinemann, vanno fortissimo gli economici. Come se la febbre dei supereconomici stesse dilagando ovunque (Baraghini, tra l'altro, dovrebbe firmare importanti accordi per internazionalizzare i suoi millelire e portarli in Inghilterra e Germania). Un editore francese, Fleurus, specializzato in libri religiosi (stupito e indignato dalla enciclica papale «contro la storia») ha appena stampato un messale tascabile che ha venduto cinquantamila copie. Sorridono a Francoforte anche i grandi agenti americani. Raccontano di aver cavalcato la crisi, imparando a coordinare le energie. Ora accorpano, all'interno dell'agenzia, colossali trattative multimediali, gestendo diritti cinematografici e tv, con cifre che raggiungono parecchie centinaia di milioni di dollari, assolutamente impensabili con i soli, vecchi, libri. Qui, alla Buchmesse, sono venuti per fiutare con ottimismo gli immensi territori vergini dell'ex impero sovietico. Ma come? Con i pericoli di golpe? La povertà quasi cronica? Non importa, assicura Robert Gottlieb, un agente di William Morris, i russi hanno bisogno di programmi tv, di pubblicità, di libri e prima o poi troveranno i soldi per comprarli. Un sogno in rubli L'importante è essere presenti lì al momento giusto, quando i rubli non saranno più soldi che valgono meno del monopoli. La Buchmesse ha un'impennata d'orgoglio. Vuole tornare a essere leader delle Fiere, e soprattutto il grande punto d'incontro della cultura mondiale, laboratorio di pace e tolleranza contro i rigurgiti di violenza nazionalistica. Gerhard Kurtze dell'associazione editori tedeschi rinnova la solidarietà a Rushdie (sembra che addirittura abbia intenzione di venire alla Fiera) e lancia un ponte ufficiale all'associazione degli scrittori sudafricani. Jacques Delors dice: «L'Europa della cultura deve irrigare l'Europa della poUtica, altrimenti quest'ulti¬ ma non sboccerà mai». Al libro, nonostante la sua fragilità, la sua cattiva salute, ci si vuole di nuovo affidare per costruire la casa comune europea (anche perché a fianco della Buchmesse, nella Francoforte dei tassi e delle divise, l'Europa della moneta unica va tutti i giorni gambe all'aria), per far tacere le xenofobie. Anche la scelta della letteratura ospite non è stata casuale. La cultura nederlandese e fiamminga è da quattro secoli una culla tollerante contro censure e intolleranze, come documenta la mostra alla Buchmesse. Accanto alle carte di Mercator, i libri ebraici di Rabbi Menasseh ben Israel, gli antichi testi di Louis Elsevier, vengono ricordate con orgoglio le lodi sulla tolleranza olandese tessute da John Locke, Baruch Spinoza, Voltaire. Mentre l'Europa accendeva fuochi contro uomini e libri, i Paesi Bassi coltivavano l'amore per la lettura. Nella mostra sulla pittura olandese (nell'ambito delle manifestazioni collaterali), il libro, l'assorta consultazione di frusciami volumi, sono i grandi protagonisti degli ambienti borghesi dipinti da Hals e Rembrandt, Vermeer e Isaac Jouderville. Nei Paesi Bassi trovarono rifugio e possibilità di stampare gli ebrei cacciati dalla Spagna o gli ugonotti in fuga dalla Francia, Marx e Engels con le loro malviste teorie rivoluzionarie o - ironia della nemesi - i dissidenti dell'ex Urss, gli esuli tedeschi e ebrei che lasciavano la Germania hitleriana. Una terra paradiso per le lettere ancora oggi, con il record di lettura individuale, scrittori in odore di Nobel, e artisti ovunque (un'importante rivista letteraria olandese ci ha rivelato qui a Francoforte che Johann Cruyff, oltre a essere stato un poeta del calcio, è anche uno stimatissimo autore di versi). In giro per gli stand, c'è la nuova geografìa del mondo, con le sue speranze e i suoi timori. Nell'area russa è tutto tranquillo. Sulle sedie, i quotidiani tedeschi e inglesi giacciono aperti su Mosca, ma tutti cercano di minimizzare e parlano di libri. La maggior parte degli editori indipendenti è con Eltsin. Solo un paio di stand erano ancora deserti ieri pomeriggio (incappati nella censura del vincitore?). Igor Bochkov, della Centrepoligraph (un marchio che ha tre anni e pubblica gialli occidentab, romanzi, biografie di politici del passato), abito scuro elegante come un editor inglese, dice: ((Abito nel centro di Mosca e ho seguito dalla mia finestra tutti i combattimenti. Per i nuovi editori come noi, non ci saranno problemi. Sono quelli legati alla vecchia burocrazia, gb ex comunisti che troveranno duro. Preoccupato del futuro? No. Nessuno di noi rivedrà più il comunismo al potere». Sulle rive del Mar Morto Lo stand israeliano, dopo gli accordi di pace, è visitatissimo. Stanno cadendo mclti de; sospetti e pregiudizi che finora ci hanno consentito una conoscenza solo parziale della letteratura ebraica. Gli italiani, da Mondadori a Einaudi, da Anabasi a Feltrinelli, da Theoria a e-o, stanno pescando a piene mani sulle rive del Mar Morto. «Speriamo che anche i Paesi arabi si facciano avanti - dice Nilli Cohen, dell'istituto per la traduzione della letteratura ebraica -. Dopo gli accordi avevamo preso contatti con due editori egiziani, poi è caduto tutto. Credo comunque che, partendo dai Paesi più moderati come il Marocco, potremo contare su relazioni normali anche nel romanzo. Da parte nostra, il governo sta finanziando la traduzione di 14 libri in arabo, da Oz a Yehoshua, a Amichai». La Cina, grande novità di quest'anno, è osservata da tutti con stupore. Gli editori si orientano nell'oceano degli ideogrammi, seguendo appunti di sinologi o traduzioni straniere. Ma è ancora difficile pescare con precisione. Tra i prossimi arrivi in Italia, Mo Yan e Ache Min (ex guardia rossa che racconta storie di autobiografico orrore). Ling Guofa, dell'associazione editori cinese, ci spiega che nell'immenso mercato esistono circa 540 case editrici, 60 mila riviste, 80 mila novità all'anno. Si legge soprattutto in città, nelle ricchissime biblioteche, pochissimo nelle campagne. Due dei romanzi bestseller del momento La città distrutta di Jia Pingwa (370 mila copie) e Bai Luyuan di Chen Zhongshi (HOmila). Tra le curiosità, una delle più ghiotte arriva dalla piccola mostra «a rotazione» sugli autori Mondadori (Calvino, Bettiza, Bevilacqua, Pontiggia, presenti in effigie): una foto lunga tre metri (forse la più lunga del mondo) con centinaia di allievi e professori alla Scuola sperimentale di agricoltura di Città del Messico nel 1910, e, con un sombrero in mano, il direttore Mario Calvino, padre di Italo. La foto imbrunita dal tempo è stata tirata fuori per la prima volta dalla vedova dello scrittore. Tra i primi libri evento di cui si sussurra, l'autobiografia di Marion Brando (scritta per oltre metà) e la sua biografia scritta da Donald Spoto, e le pepatissime memorie di Heidi, la giovane maitresse di Hollywood. I nomi delle star (con le loro torride preferenze sessuali) sono tutti fittizi. Ma gli indizi per riconoscere «i colpevoli» ci sono. Per chi non fosse in grado di decrittarti, pare ci sia una seconda versione manoscritta con le giuste identità. Bruno Venta voli Gli americani: «Ora il pericolo è che la gente punti tutto sui Thurow e sui King». «Millelire»: gran successo 4 ■* 4 4 rte cavalca la crisi o» solo i grandi bestseller Lo scrittore israeliano Amos Oz A destra: Jacques Delors In alto a destra: Italo Calvino In basso i padiglioni della Buchmesse