Somalia pronto il blitz di Clinton di Paolo Passarini

Il presidente pensa di inviare 2 mila uomini e 50 tank per «chiudere con onore la missione» Il presidente pensa di inviare 2 mila uomini e 50 tank per «chiudere con onore la missione» Somalia, pronto il blitz di Clinton La Casa Bianca attacca l'Onu: «Nonprotegge i nostri» Polemica dopo la strage di Mogadiscio, Aspin sotto tiro WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Noi siamo ansiosi di concludere il nostro molo in Somalia onorabilmente, ma non vogliamo assistere a un ritorno al caos assoluto e alla terribile miseria che esisteva prima», ba detto ieri Clinton dopo la seconda riunione in due gionù dedicata dalla Casa Bianca a trovare una via d'uscita dalla diabolica trappola somala. Il Presidente appare ancora indeciso sul da farsi, esamina tutte le opzioni, correbbe ritirare gli uomini ma sa di non potere, propende per una non meglio definita soluzione politica transitoria, e intanto però corre voce che si appresti a mandare altri duemila uomini in Somalia, accompagnati da 50 mezzi corazzati Bradley. Ma nel frattempo cresce l'ostilità dell'opinione pubblica e del Congresso verso la partecipazione americana alla missione. E Clinton, per schivare i colpi, critica sempre più apertamente la questione Onu, che «non assicura l'aiuto di cui abbiamo bisogno per proteggere i nostri». Ma era stato lo stesso Clinton, nella prima fase della sua presidenza, a enfatizzare il molo dell'Onu e ad acconsentire alla pressione del Segretario Generale per trasformare la «Restore Hope» da missione umanitaria a operazione di polizia, una richiesta che il suo predecessore George Bush aveva seccamente respinto nonostante, allora, gli americani fossero presenti in Somalia con 24 mila uomini contro i 5 mila di oggi. Ma Clinton sperava che, delegando all'Onu ogni scelta, sarebbe stato meno coinvolto dal problema e avrebbe potuto concentrarsi di più sulla sua agenda interna. La Somalia, invece, si ò rivelata un diabolico ingranaggio e Clinton ha preso le distanze da Ghali quando era troppo tardi. Intanto, critiche di Clinton a parte, l'Unosom II sta andando in pezzi per conto proprio. Critici i francesi, significativamente silenziosi gli inglesi, messisi da parte gli italiani, ieri anche il go- verno malese, che ha inviato mille uomini, ha informato che non parteciperà più ad «alcuna azione militare unilaterale». Un'analisi militare dei tragici scontri di domenica conferma l'esistenza del problema indicato da Clinton: dopo che erano stati abbattuti i due elicotteri americani «Black Ilawk», ci sono volute ore per organizzare una spedizione di salvataggio dei piloti consentendo massacri e cattura di ostaggi. La causa è stata la difficoltà di comunicazione tra i comandanti del contingente multinazionale, oltreché il loro disaccordo. Ma c'è anche dell'altro e riguarda strettamente gli americani. Mesi fa il comandante Joseph Hoar aveva chiesto al Pentagono l'invio di mezzi corazzati pesanti «Bradley» e MAI». Il segretario per la Difesa Les Aspin si era opposto, ritenendo che non fos¬ sero necessari. Ma adesso tutti gli esperti militari concordano nel dire che la tragedia di domenica non si sarebbe verificata se i Ranger inviati in soccorso dei piloti non fossero stati costretti a ritirarsi sotto il fuoco dei cecchini proprio per mancanza di una protezione da parte di corazzati. Aspin, assieme a Warren Christopher, è stato spedito l'altro giorno in Congresso per offrire ai senatori un quadro del problema. Sono stati aggrediti e, secondo i parlamentari presenti, hanno latto un figura penosa, mostrando di non avere né una linea né chiari obicttivi. Aspin ha cercato di rifarsi attaccando la «din» perché, trasmettendo le immagini dei cadaveri americani trascinati per le strade di Mogadiscio, ha seminato «sgomento». Il Senato ha rinviato ieri di una settimana il voto su una mozione per togliere i fondi al-t l'operazione in Somalia, perché la votazione sarebbe avvenuta in «un'atmosfera troppo emotiva». In altri termini la missione sarebbe stata condannata a morte proprio mentre un numero imprecisato di americani è nelle mani dei somali e questo non è parso opportuno. A rendere la situazione più grottesca, ieri il portavoce del Dipartimento di Stato, Mike McCurry, ha ammesso che gli americani non sanno se Aidid sia in Somalia o fuori dal Paese, quando domenica 12 soldati sono morti proprio per andarlo ad arrestare. Un sondaggio della Gallup ha segnalato ieri che la stragrande maggioranza degli americani (66 per cento) giudica la missione «un insuccesso» e il 57% si oppone all'invio di altre truppe. Paolo Passarini Clinton sull'Air Force One Il Congresso e il Paese premono per il ritiro dalla Somalia ifotoafp]