Un giro di vite sulla Russia ribelle di Cesare Martinetti

Sciolti tutti i Soviet locali, via al repulisti anche nelle Repubbliche autonome separatiste Sciolti tutti i Soviet locali, via al repulisti anche nelle Repubbliche autonome separatiste Un giro di vite sulla Russia ribelle Censura, 800 arresti, vietati 16partiti estremisti MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Boris Eltsin, rimosso il procuratore Stepankov e piazzato al suo posto un fedelissimo come Alexej Kazannik, ha subito dichiarato che «i ribelli non saranno perdonati perché hanno alzato la mano su Mosca». Fuor di retorica questo significa che a differenza delle viscosità che hanno segnato il cammino dell'inchiesta contro i putschisti di agosto (il cui processo procede a passo di lumaca da un rinvio all'altro), i ribelli della Casa Bianca rischiano grosso. Secondo il codice penale i capi della rivolta (Khasbulatov, Rutzkoi, il generale Makashov e l'ex ministro della Sicurezza Barannikov) potrebbero anche essere condannati a morte. Sono accusati di tradimento della patria, organizzazione di disordini sociali, istigazione al rovesciamento delle istituzioni. Vale il vecchio codice penale sovietico che su questo tipo di reati non scherza. Eltsin comparirà oggi in televisione per un appello alla nazione. Ma già ieri ha fatto capire che vinta la battaglia militare sulla Casa Bianca, lo schema d'azione preparato al Cremlino prevede il pugno di ferro anche sulla società. E' la resa dei conti finale con il sistema istituzionale dei soviet, di cui la Casa Bianca era soltanto il simbolo nazionale. Liquidato il Parlamento ereditato dalle elezioni del 1990, ora Eltsin tenterà di sradicare l'albero fino in fondo. Il primo segnale è venuto ieri da Yuri Luzhkov, sindaco di Mosca e fedelissimo del presidente. Luzhkov ha sciolto il Mossoviet (il consiglio municipale della capitale) e i soviet di quartiere, in tutto una trentina, annunciando che al loro posto sarà eletta una Duma cittadina, sul modello che Eltsin ha proposto per il Paese. Ma chissà quando accadrà: ora Mosca è praticamente nelle mani di un governatore assoluto. Sull'ingresso del soviet del quartiere Krasnoprenskij, quello che più si era esposto nell'appoggio alla Casa Bianca, ieri c'era scritto questo biglietto: «Dal 5 ottobre il palazzo è chiuso. Per quel che riguarda il futuro non abbiamo informazioni». Ma accanto a questa novità istituzionale ce n'è anche una simbolica. La nuova sede della Duma di Mosca, ha annunciato Luzhkov, non sarà più il palazzo dei soviet sulla via Tverskaja, ma sarà il vecchio palazzo sulla piazza Rossa dove si trovava nel 1917 il consiglio comunale sciolto dai bolsce- vichi e dove ora ha sede il museo Lenin. Il sindaco ha precisato che non c'è nessuna intenzione di chiudere il museo. Ma la macchina per la rimozione di tutto ciò che lega al passato sovietico è in movimento: è facile prevedere che presto se ne andrà il museo e molto probabilmente anche il mausoleo di Lenin luogo di culto e di venerazione della salma del leader sovietico e oggetto di imbarazzo per la nuova Russia. Colpi di cannone contro la Casa Bianca sono risuonati anche simbolicamente contro quella tozza piramide di marmo rosso davanti alle mura del Cremlino. Resteranno i soviet locali? Per ora non c'è nessuna decisione. Oggi a Mosca ci sarà il primo confronto con i poteri locali dopo la battaglia del Parlamento. La riunione del Consiglio di Federazione era prevista per ieri. E' stata rinviata, come ha spiegato il portavoce di Eltsin Kostikov, perché «era necessaria una breve pausa di riflessione». In realtà la giornata di ieri è servita al Presidente per mandare un altro pesante messaggio in direzione di quelli che si chiamano i «soggetti» della Federazione, soviet e amministrazioni di repubbliche, regioni e territori. Sono in tutto ottantotto. Sono stati rimossi dalle loro funzioni i responsabili delle amministrazioni dell'Amur (estremo Oriente) e di Novosibirsk, una delle capitali della Siberia inquieta dove nei giorni scorsi, dopo il decreto di Eltsin, si era co¬ stituito un gruppo di lavoro tra i deputati locali per preparare la via all'indipendenza dell'immensa regione asiatica. Il primo effetto del messaggio partito dal Cremlino si è avuto a Khabarovsk (estremo Oriente) dove il soviet locale che si era espresso contro la decisione di Eltsin di sciogliere il Parlamento, ha approvato ieri mattina di gran carriera un documento di approvazione alla guerra della Casa Bianca. I giri di valzer saranno numerosi, nelle prossime ore. Ci saranno anche trattative soprattutto con i «soggetti» più potenti che reclamano maggiore autonomia e minacciano seriamente la disgregazione della Russia. Di qui la cautela con cui Eltsin ha finora trattato l'argomento. Ma il Presidente sembra determinato a smontare pezzo per pezzo il vecchio sistema. Il pugno di ferro è già sceso sull'opposizione, specie su partiti e partitini che hanno guidato la rivolta parlamentare contro Eltsin. Il ministro della Giustizia ha ordinato ieri la sospensione e la messa fuori legge di sedici organizzazioni politiche. Tra queste l'Unione degli ufficiali, la Russia del lavoro, il Pamiat, l'Assemblea nazionale russa. Tutte organizzazioni estremiste, di destra e di sinistra, caratterizzate da posizioni ultranazionaliste e antisemite, alcune al limite del terrorismo. Ma soprattutto è stato messo fuori legge il Fronte di salvezza nazionale, il partito fondato circa un anno fa e che raggruppava insieme nazionalisti, nostalgici zaristi e neocomunisti. Questo raggruppamento politico, subito dopo la nascita, ha costituito all'interno del Soviet supremo e del Congresso dei deputati del popolo una forza trainante contro la politica del Presidente. Di qui era nata la proposta di «impeachment» che nel Congresso di marzo non andò in porto per pochi voti. Già l'anno scorso Eltsin tentò di mettere fuori gioco il Fronte, ma ìa Corte Costituzionale definì a sua volta illegittimo il decreto presidenziale. Ilja Konstantinov e Viktor Anpilov, rispettivamente leader del Fronte e di Russia del lavoro, sono stati arrestati ieri. Entrambi sono stati i più attivi neh"organizzare le manifestazioni di sabato alla Smolenskaja e di domenica suH'Oktjaberskaja. Konstantinov ha partecipato anche al sanguinoso assalto alla sede tivù di Ostankino. Anche la Corte costituzionale e il suo presidente Valeri] Zorkin sembrano avere le ore contate. Ieri sera voci non confermate davano Zorkin addirittura come già sostituito da un fedele di Eltsin, Yuri Nikolaevic Oleinik. Troppe volte la Corte ha dato torto al Presidente. A marzo, quando Eltsin tentò per la prima volta di introdurre il suo regime presidenziale, Zorkin gridò al colpo di Stato; nei giorni scorsi si è attivato come mediatore nella contesa tra il Presidente e il Parlamento proponendo quell'opzione zero (elezioni anticipate contemporanee di entrambi) che Eltsin ha sdegnosamente rifiutato. E' saltato il procuratore generale Valentin Stepankov, anche lui contro il Presidente a marzo, ma ultimamente tornato sulla riva del Cremlino. Troppo tardi. Il suo successore Alexej Kazannik, vecchio deputato ucraino, è passato alla storia perché nell'89, quando Eltsin venne escluso dal Soviet supremo in un'imboscata parlamentare, si offrì di dimettersi per lasciargli il suo posto. Ma a Mosca la situazione non è ancora normalizzata. Ieri mattina, intorno alla Casa Bianca, lo scenario era quello del giorno prima. Il grande edificio sulle rive della Moscova era ancora circondato da trenta carrarmati. Ieri seconda notte di coprifuoco. Ci sono gruppi irregolari che circolano in città, l'altra notte vi sono state numerose sparatorie. L'episodio più grave alla sede dell'agenzia giornalistica Tass presa d'assalto dai fedeli di Rutzkoi. I soldati che presidiavano l'edificio hanno risposto al fuoco: un morto e un ferito tra i ribelli. Ventiquattro cecchini sono stati arrestati, più di ottocento persone sono state fermate per ragioni varie. Sono state portate tutte nel piccolo stadio del quartiere Krasnoprenskij. Sembrava che la polizia ne volesse fare un campo di concentramento sul tipo di quelli sudamericani. Ma poi, forse per un soprassalto di buon gusto, nel corso della giornata tutti sono stati portati via: alcuni tradotti in carcere, altri liberati. Cesare Martinetti Sorte segnata per il presidente della Corte suprema Zorkin, l'uomo dei troppi no al Cremlino zlrasSI