Concerto della pace l'ultima beffa di Saddam di Gabriele Ferraris

Baghdad, un annunciatore interrompe bruscamente l'esibizione dei gruppi italiani al Festival di Babilonia LA CENSURA DEL DITTATORE Baghdad, un annunciatore interrompe bruscamente l'esibizione dei gruppi italiani al Festival di Babilonia Concerto della pace, l'ultima beffa di Saddam // treno sta partendo», e il pubblico è costretto ad andarsene « BAGHDAD DAL NOSTRO INVIATO La reggae band italiana Africa Unite giovedì scorso ha stabilito un record. Il viaggio più lungo a Babilonia, nell'Iraq sconvolto da un dopoguerra che non diventa pace - per il concerto più breve: sette canzoni, appena il tempo di scaldarsi. Poi, alle dieci di sera, sul palco sale un inatteso presentatore e manda tutti a casa annunciando che «il treno per Baghdad sta partendo». Il pubblico sgombra in un battibaleno. Chissà: forse quel fantomatico treno c'è davvero, forse non è censura. L'Iraq è uno strano Paese, può essere che si organizzi un concerto senza tener conto degli orari dei treni. Ma gli Africa Unite mettono a dura prova la pazienza poliziesca del regime. Il cantante Mada - ovvero Francesco Caudullo, 28 anni, da Pinerolo - e il percussionista Papa Rico scendono tra la gente entusiasta che balla e batte le mani. Ciò allarma i miliziani della sicurezza: non e bene che il popolo si entusiasmi oltre misura. Nella «misura» rientra, seppur a stento, lo spettacolo dei Mau Mau, altra band torinese portata dall'Associazione italoaraba di Bari a suonare al Festival di Babilonia. I quattromila spettatori vanno in delirio per il «rabel rock» in piemontese di Luca Morino, Fabio Barovero e soci. Però non c'ò la temibile in- vasione di campo provocata dagli Africa. Con l'aggravante del discorsetto in inglese di Mada: «Niente è più importante della libertà di parola». Affermazione sovversiva, da queste parti. Il problema e che quelli dell'Associazione italo-araba avevano proposto a Africa Unite, Mau Mau e al complesso barese Al Darawish di andare a Baghdad a suonare non per il regime, ma «contro l'embargo e per la gente, in una manifestazione organizzata da un gruppo di intellettuali». Così racconta Bunna, trent'anni, l'altro cantante degli Africa. Anche danzatori e musicisti classici partecipano all'operazione «aite contro l'embargo». All'arrivo, scoprono che il titolo completo della manifestazione è «Da Nabuccodonosor a Saddam Hussein: Babilonia risorge sulla via della Guerra Santa e della Costruzione». Per sfuggire alla depressione, la sera stessa le band s'infilano in uno dei pochi locali notturni ancora aperti a Baghdad e improvvisano una session con musicisti arabi. Ma il morale ò bas- so: c'è chi sospetta microfoni nella camera d'albergo e chi, più prosaicamente, si contorce in gabinetto, vittima dell'acqua ammorbata. Al festival partecipano artisti di mezzo mondo, invitati da un'organizzazione irachena «per la pace, l'amicizia e la solidarietà». Organizzazione - ci assicurano - «non governativa». Ma è difficile, qui, immaginare qualcosa di non governativo. Quanto al «gruppo di intellettuali», l'intellettuale più intellettuale di tutti è il ministro per l'In¬ formazione e la Cultura, Hammadi, sponsor del festival. Dicono di lui che è un compositore, un mecenate, e un ex ballerino. Oltre che un prediletto di Saddam. E persino il Presidente nasconde dietro i trucidi mustacchi un'insospettata sensibilità per le arti: difatti riceve in udienza privata un cantante tunisino suo convinto sostenitore. Taluni italiani considerano a questo punto l'eventualità di non esibirsi. Però l'ipotesi viene scartata: il lungo viaggio d'andata ha ammaestrato i più sulle difficoltà che comporta l'ingresso in Iraq. E non pare il caso di complicare ulteriormente l'uscita. Persino per i «graditi ospiti», infatti, i controlli sono severissimi: al posto di frontiera nel deserto, sull'autostrada che collega l'Iraq alla Giordania e al mondo, sei ore di attese e perquisizioni sono una media ragionevole. A qualcuno va male: un libanese viene bloccato perché figura su una lista di indesiderati in Iraq. Ad alcuni teatranti spagnoli i gendarmi contestano uno striscione - serve per lo spettacolo - dove sta scritto in arabo che «la democrazia può comperare Dio». S'ignora se il concetto pericoloso sia «Dio», «democrazia», o che altro. Comunque, il regime deve dimostrare che il Paese, nonostante l'embargo, non ò isolato e gode di simpatie internazionali; e molto ambisce ad accogliere tea¬ tranti e musici stranieri. Atterrati ad Amman ci si accorge che un'attrice - si chiama Marilena Masuello, della compagnia di Pippo Del Bono - non ha il visto per l'Iraq. Gita all'ambasciata di Baghdad in Giordania: un simpatico fortilizio, dove l'addetto stampa Adel Ibrahim in mezza giornata spiccia la pratica. Ibrabim è un signore in doppiopetto blu che sta in un ufficio dove la tivù è perennemente sintonizzata sulla Cnn; all'ingresso c'è un quadro con Saddam in tenuta da sci, sullo sfondo di un paesaggio montano, neve e alberi e scintillanti vette. Il messaggio è oscuro, l'effetto surreale. Neppure Ibrahim riesce però a risolvere l'altra grana: il cantante dei baresi Al Darawish si chiama Nabil Ben Salame'h. E' palestinese. I giordani non lo lasciano neppur uscire dall'aeroporto. Proprio in questi giorni il governo di re Hussein ha deciso di vie tare ai palestinesi l'ingresso nel Paese: sono ormai la metà della popolazione, si teme che diventino maggioranza. Nabil non sembra intenzionato a stabilirsi in zona: vorrebbe semplicemente salire sulla corriera per Baghdad e andare al Festival. Ma i giordani sospettano l'inghippo, e non c'è verso: Nabil viene rispedito in Italia dopo due giorni e due notti d'attesa. Ha gli occhi tristi dei senza patria. Gabriele Ferraris Il regime imbarazzato dagli appelli per la libertà di parola fatti davanti a 4000 persone Un'immagine di Baghdad; capolinea dei gruppi italiani che hanno partecipato al Festival di Babilonia

Persone citate: Adel Ibrahim, Del Bono, Fabio Barovero, Francesco Caudullo, Hammadi, Luca Morino, Marilena Masuello, Papa Rico, Saddam Hussein