I «sette nani» scalano il Campidoglio di Fabio Martini

Per il sindaco di Roma candidature stravaganti o minori accanto a quelle già note CONCORRENTI A SORPRESA Per il sindaco di Roma candidature stravaganti o minori accanto a quelle già note I «sette nani» siglano il Campidoglio C'è la veggente e la pornostar, il duca e il carabiniere SROMA I chiama Gabriella Pasquali Carlizzi, dice di voler diventare sindaco di Roma e per questa titanica impresa si affiderà ad un'arma soprannaturale: i consigli che le manda dal cielo padre Gabriele Berardi, un prete romano morto nove anni fa. «Ho il dono della scrittura automatica - racconta Gabriella - riesco a trascrivere immediatamente i messaggi di padre Gabriele. Cinque giorni fa mi ha detto di denunciare alla Procura il cardinale Ruini e io l'ho fatto. Se il Signore mi dicesse: "Gabriella, vai e fatti ammazzare", io lo farei con gioia». Anna Moana Rosa Pozzi, in arte Moana, per lavoro è abituata ad un altro tipo di visioni. Più ravvicinate. Più carnose. Ma anche lei, come Gabriella, è stata fulminata sulla strada del Campidoglio: correrà da sindaco. Moana ha fatto uri voto, una promessa: «La mia campagna elettorale non sarà caratterizzata in senso hard». Ma qualche difficoltà ad abbandonare le durezze del suo lavoro deve averla e infatti l'altra sera - non era ancora mezzanotte - eccola sugli schermi di una tv romana: un abitino essenziale, Moana fa pubblicità ad un prodotto di nome Taurus: «Ciao, la maliziosa storia che sto per raccontarvi è successa qualche giorno fa». La voce si abbassa, diventa un sospiro: «Luca lavora presso un distributore di benzina. Era sera, stava per chiudere, quando arriva una donna bellissima, con un seno prosperoso. Luca era eccitato. La donna chiede (pausa di Moana)... il pieno. Luca afferra... l'erogatore, la benzina comincia ad affluire, la donna si slaccia la camicetta...». A Roma la campagna elettorale si farà anche così: Moana la pornostar e Gabriella la veggente sono infatti due fra le tante «comparse» che fra qualche giorno irromperanno sul palcoscenico delle elezioni romane del 21 novembre. Qualcosa di simile (ma in forma più soft) era già successo a Milano e Torino: l'elezione popolare del sindaco stuzzica l'appetito di personaggi senza speranze di successo, ma sicuri di guadagnarsi i riflettori per trenta lunghi giorni. E così a Roma oltre ai candidati della prima ora - Angioni, Caruso, Fini, Nicolini, Rutelli e Savelli - ci saranno anche sette «nani» alla conquista del Campidoglio. Ogni personaggio, un pezzo di Roma. Rosario Caccamo è la Roma brulicante e curiosona dei piccoli annunci, «vendo binocolo 10x40» e «attore stuntman per scene spericolate offresi». Settantaquattro primavere ben portate, Caccamo è da sedici anni il direttore-inventore di Porta Portese, bisettimanale di inserzioni gratuite letto da quasi mezzo milione di romani. In questi giorni Caccamo ha un diavolo per capello: è convinto che ai suoi danni ci sia «una congiura del silenzio», perché «una candidatura fortemente cattolica e popolare come la nostra disturba i giochi di chi vorrebbe ingabbiare i liberi consensi». Certo, nell'87 i liberi consensi per Caccamo non furono molti (ventunesimo dei non eletti nella lista de), ma il direttore non ha perso la speranza: ha spedito ai giornali una ricchissima storia della sua vita. Comincia come un mattinale dei carabinieri: «Curriculum vitae di Rosario Caccamo, fu Gennaro, nato a Palermo il 23 aprile 1919...». Antonio Pappalardo è la Roma delle caserme. Anche se lui, il tenente-colonnello dei carabinieri in aspettativa eletto nelle liste del psdi, protesta: «Ma no, sono stati i cittadini stanchi dei soprusi a dire: Pappalardo Antonio vai avanti». Lui li ha ascoltati e guai a dubitare delle sue chances di vittoria: «Io? Corro per vincere!». E questo carabiniere dalla testa dura e dall'ottimismo sconfinato, cala il suo asso: «A Pomezia la mia lista era data per spacciata e invece siamo risultati il primo partito». Roma non è Pomezia? Pappalardo è uno che non si ferma davanti a nessuno. Quando Ciampi lo ha rimosso da sottosegretario alle Finanze (condanna a 8 mesi per diffamazione aggravata), lui, Pappalardo Antonio, tuonò: «Ciampi è un ladro di verità, un grigio burocrate». Gabriella Pasquali in Carlizzi è, a suo modo, un personaggio straordinario: è la quintessenza di tante Rome. La Roma tradizionalista («l'aborto è un omicidio e il matrimonio è indissolubile»); la Roma dei ricchi che aiutano i poveri; ma soprattutto è la Roma dei predicatori televisivi, che lanciano i loro sermoni dagli schermi delle piccole emittenti romane. Gabriella, 44 anni, ha un viso dolce che inganna: è una piccola Torquemada dei corrotti. Negli studi di Teletevere, prima di regi- strare la sua predica quotidiana, la Gabriella - bracciale d'oro e collana di perle - si racconta così: «Sono nipote del cardinale Guerri, già tesoriere del Vaticano, e ne so di cose. Ho denunciato Casaroli per un'operazione immobiliare, ho denunciato Ruini, ho denunciato quel che sapevo dei rapporti tra Craxi e le Br, ho raccontato al giudice Morvillo quel che sapevo su Andreotti, ho raccontato a Di Pietro la storia di un traffico di opere d'arte che coinvolge un famoso critico, il 26 giugno avvisai Parisi che Borsellino sarebbe stato ucciso e infatti il 19 luglio...». La Gabriella promette altre sorprese («in campagna elettorale farò scoppiare certe bombe») e non teme gli avversari, «neanche Rutelli, che non è ancora indagato...». Non ancora? Ride la Gabriella: «Vedrete...». E racconta un'altra storia di questa Roma minore: «L'anno scorso una gran dama che organizza le campagne elettorali mi chiese cento milioni e il suo primo consiglio fu: racconta che sei stata violentata. Mi ripresi subito il primo acconto!». Donatella Pecci Blunt è la Ro¬ ma dei salotti chic. La contessa finora non ha fatto trapelare indiscrezioni, ma come fa sapere l'informatissima Chantal Dubois, la giornalista di Sorrisi e canzoni che tutto sa di notabili e salotti - «il 7 la Pecci Blunt si presenterà all'Atelier di Anna Maria Quattrini a piazza Navona». Ma dalla parte della bella contessa - cinque lingue, neanche un figlio - c'è soltanto il salotto di palazzo Pecci Blunt con i suoi stucchi dorati, i vasi d'alabastro, i busti di marmo, ma chissà chi tra i suoi ospiti - da Alberto Sordi a Peter Secchia, da Gianni Letta ad Angelo Guglielmi - sarà disposto a darle veramente un mano. E c'è un'altra bellissima donna che vorrebbe correre: è Roraima Gomez detta Rorò, una ex venezuelana tra i 30 e i 40 anni, ex miss Mondo, che in una trattoria di Trastevere una settimana fa si è presentata così: «Sono una socialista cristiana, la famiglia è la cosa più bella della mia vita, voglio unire la Roma dei borgatari e dei professionisti». L'asso a sorpresa: «Anni fa ho frequentato la casa del comunista Paolo Bufalini». E Chantal, che tutto sa, aggiunge: «Sì, ma credo che abbia frequentato anche l'hotel Raphael». Forse ci sarà anche il duca Amedeo d'Aosta: l'Unione Monarchica italiana vuole «al vertice del Campidoglio il Principe Sabaudo...». Lui, per ora non ha smentito, ma che la politica gli piaccia lo ha sempre detto. Un anno fa, senza modestie, disse: «Sarei un ottimo Presidente della Repubblica». Ma guai a sottovalutare i «nani»: possono arrivare dove nessun altro può, possono catturare umori e voti inaccessibili ai big. Moana, questa trentaduenne di buona famiglia che non ha mai smarrito una sua naturale eleganza, un anno fa si è presentata in sordina alle elezioni politiche. Il suo partito dell'amore ha preso pochi voti, ma lei ha racimolato un mare di preferenze: 12.393, millecinquecento in più del più votato dei verdi romani. L'onorevole Francesco Rutelli. Fabio Martini Dalle borgate o dai salotti chic in cerca di popolarità Moana Pozzi nel '92 ha superato Rutelli A lato Donatella Pecci Blunt. Sopra, l'ex colonnello Antonio Pappalardo, in alto Moana Pozzi L'Unione monarchica italiana vuole candidare a sindaco di Roma il duca Amedeo d'Aosta