La Casa Bianca ribadisce il suo appoggio «al leader democraticamente eletto dai russi» di Paolo Passarini

Il capo del Cremlino aveva promesso di non usare la forza, a meno di una «provocazione dei ribelli» La Casa Bianca ribadisce il suo appoggio «al leader democraticamente eletto dai russi» Clinton: bravo Eltsin, siamo con te «E' triste perdere delle vite umane ma il Presidente non aveva scelta» WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Nemmeno le drammatiche immagini dei carri armati di Boris Eltsin che dirigevano i loro cannoni sul Parlamento russo in fiamme hanno spinto Bill Clinton a cambiare atteggiamento. «Gli Stati Uniti continuano a stare fermi nel loro sostegno al presidente Eltsin perché lui è il leader democraticamente eletto della Russia», ha affermato Clinton da San Francisco, mentre parlava a un convegno sindacale. Per il governo degli Stati Uniti Eltsin ha fatto quello che doveva fare. «Noi rimpiangiamo moltissimo - ha detto Bill Clinton - la perdita di vite umane, ma è chiaro che le forze dell'opposizione hanno innescato il conflitto e il presidente Eltsin non aveva altra alternativa che cercare di restaurare l'ordine, ed è quello che è stato fatto». «I governi democratici devono difendersi contro la forza» ha detto la sua portavoce Dee Dee Myers. In fondo, già con la dichiarazione di domenica, pronunciata appena avuta notizia dei primi gravi disordini di Mosca, Clinton aveva dato a Eltsin disco verde per un'azione di forza. Non a caso aveva accollato tutta la responsabilità del deterioramento della situazione ai tradizionalisti di Rutzkoi e Khasbulatov e aveva posto a Eltsin una sola condizione: rispettare l'impegno a garantire libere e democratiche elezioni nei prossimi mesi. A Clinton Eltsin aveva promesso che non avrebbe mai fatto ricorso alla forza «se non provocato». Que- sto era stato il messaggio portato alla Casa Bianca la settimana scorsa dal ministro degli Esteri russo Andrei Kozyrev. Adesso il capo del Cremlino era stato provocato e a Clinton questo bastava per riassicurargli il suo sostegno. Nella notte tra domenica e lunedì il Presidente degli Stati Uniti ha seguito gli sviluppi della situazione a Mosca attraverso la «Cnn» fino alle quattro del mattino ora americana, quando nella capitale russa il sole splendeva già da ore e i carri armati stringevano d'assedio il Parlamento, aggiustando il tiro per i primi colpi. Ma aveva già saputo prima che sarebbe stata compiuta un'azione di forza. Non ci sono mai state, in questi drammatici giorni, telefonate dirette tra Eltsin e Clinton, ma, da Mosca, l'ambasciatore Thomas Picke- ring era in stretto contatto con gli uomini del Cremlino. A Washington l'esperto speciale del Presidente per la Russia, l'attento Strobe Talbott, era a sua volta in continuo collegamento con l'ambasciatore russo Vladimir Lukin. «Ci hanno anticipato che faranno quello che è necessario per porre fine a questa violenza - ha informato Talbott con alcune ore di anticipo - ma useranno il minimo della forza indispensabile». Alzatosi come al solito molto presto, Clinton ha chiesto di essere mantenuto aggiornato sugli sviluppi della situazione «ogni ora», come lui stesso ha raccontato. Quanto sangue sarebbe stato necessario versare? Questo era il primo interrogativo che angosciava l'amministrazione americana. Ma ce n'era un altro ancora più so¬ stanziale: l'azione di forza sarebbe riuscita? Domenica Clinton aveva espresso un marcato ottimismo sulla tenuta di Eltsin, ma avrebbe potuto sbagliarsi, nonostante le assicurazioni di Talbott, che, intervistato dalla «Cnn» domenica notte, ha affermato senza titubanza: «Boris Eltsin sembra avere un solido controllo della situazione». Tuttavia questo era un interrogativo che avrebbe potuto essere risolto solo dagli avvenimenti. «Fin dall'inizio - ha dichiarato Talbott - la ragione per cui abbiamo appoggiato Boris Eltsin contro i suoi oppositori tradizionalisti in Parlamento è stata la considerazione di ciò per cui si batte lui e di ciò per cui si battono loro. Il loro ricorso non provocato alla violenza ha mostrato defi¬ nitivamente i loro veri colori e i loro valori». Stabilito questo principio, oscillare sarebbe stato per Clinton solo concorrere a un esito infausto per Eltsin e per la sua stessa politica. «Ha di fronte a sé dei giorni duri», ha però riconosciuto Clinton riferendosi a Eltsin, mentre una grossa parte dell'opinione pubblica americana, perfino il repubblicano Bob Dole, si comincia a domandare se sia stato saggio spingere la Russia a tutta velocità verso il mercato, la bancarotta e l'inflazione. La grande paura di questa caricatura fallita dell'Ottobre Rosso ha lasciato un segno. E il Dipartimento di Stato ha invitato i cittadini americani a evitare, se possibile, di partire per Mosca. Paolo Passarini Il capo del Cremlino aveva promesso di non usare la forza, a meno di una «provocazione dei ribelli» Eltsin e, a sinistra, Clinton. Il Presidente americano ha ribadito il suo appoggio totale al leader russo anche nei momenti più critici per il Cremlino