Padre Pio 25 anni tra fede e misteri

10., La gente ha già eletto santo il frate morto nel 1968, ma la causa di beatificazione resta bloccata Padre Pio, 25 anni tra fede e misteri Le persone aspettavano settimane per poterlo incontrare Ma ai cronisti non parlava: «Dite che faccio miracoli» L'INCONTRO e©l FRATE IN CONVENTO IMPROVVISAMENTE, a padre Pellegrino che gli teneva la mano per aiutarlo a morire, padre Pio, uscendo dal torpore chiese: «Guagliò, ti si ditt'a messa? Vabbuò, oggi dilla tu per me e domanda perdono a tutti pei fastidi che io ho cagionato. Kyrie, eléison Christe, eléison ...». Così disse e subito spirò a ore 2,31 del 23 di settembre del 1968. Lui, padre Pio, frate cappuccino del convento di San Giovanni Rotondo, al secolo Forgione Francesco, nato a Pietrelcina (Benevento) il 25 di maggio del 1887. Si vuole che nel rivestirlo per l'ultimo viaggio, i frati accertassero, increduli, la scomparsa delle cinque stigmate dal corpo di padre Pio. Santo o stregone? Straziato, come Francesco d'Assisi, dalle cinque piaghe di Gesù di Nazareth ovvero isterico mistificatore vanitoso? Uomo di carità oppure faccendiere col saio? A venticinque anni dalla sua morte, codesti, e altri, interrogativi continuano a combattersi mentre il processo di beatificazione, introdotto undici anni fa dall'attuale pontefice, sembra essersi incagliato nel porto delle nebbie di antichi dissapori, di risorgenti diffidenze di palazzo (apostolico). Sia come sia, la gente, la brava gggente con tre g, lo ha già fatto santo. La cronaca dell'incontro ch'ebbi con padre Pio, il 10 di febbraio del 1949, e della messa che gli vidi celebrare il mattino dopo, nella cinquecentesca, minuscola chiesa di Santa Maria delle Grazie, non può certamente sciogliere gli opposti interrogativi che più sopra ho riassunto. Tuttavia può, forse, valere da testimonianza. Nevicava leggero quando il pullman «Foggia-San Giovanni R.» si arrestò sulla piazza del paese. «Si compri una coppola», mi disse un vecchio al quale avevo chiesto la strada pel convento. «Fra poco sarà tormenta». Comprai la coppola in un negozio che odorava di legno tarlato, e mi avviai. Il vento mulinava la neve e vaste lenzuola di nubi grigioviola coprivano veloci il cielo che, in breve, fu tutto del colore della seppia; vicinissimo alla terra, sembrava, e minaccioso. Non avevo percorso neanche duecento metri di salita che di schianto arrivò la tormenta. Lungo la via sono icone in cemento, montate su piedistalli, con le figurazioni della via Crucis. Scomparvero. La neve mi entrava negli occhi, nel collo, m'invadeva le scarpe, dovevo lottare col vento per non cadere ma infine il cielo si squarciò e dall'azzurro piovve il sole a incendiar la neve sul sagrato della chiesa attaccata al convento. Padre Pio usciva dal confessionale facendosi strada a fatica tra le divote che lo stringevano da presso afferrandolo per il saio, stampandogli baci convulsi sulle mani coperte da mezzi guanti di lana a maglia. Quella divozione furiosa lo disturbava e fu con vi- sibile sollievo ch'egli guadagnò la sagrestia dove le donne non erano ammesse. Sennonché, lì dentro, fu letteralmente assalito da un plotone di individui: uomini di tutte le età e di tutte le condizioni. «Statevi quieti, statevi quieti, figliuoli», sorrideva tra l'impacciato e il compiaciuto (ma anche divertito) padre Pio. Nel vecchio taccuino stinto di giovine cronista del Tempo (il giornale per il quale allora lavoravo) trovo le annotazioni seguenti: «Uomo solido - mezza altezza - dimostra appena i 65 anni. Bella bocca, fronte alta, quasi senza rughe. Barba castana spolverata di bianco. Incornicia viso d'antico contadino. Dalle tempie sino alla mascella barba tutta bianca. Cammina trascinando i piedi. Spalle eccessivamente curve». Vengo da Roma e vado lontano, padre, può concedermi cinque minuti? Mi guardò sorridendo ironico, senza rispondere, mentre saliva irato un coro improvviso di proteste. Molta di quella gente aspettava d'essere ricevuta, «a tu per tu», da quindici giorni, un oste veneto addirittura da undici anni. Ad un certo momento, il solito siciliano disse: «Padre, mio fratello è morto in Russia. Non era cresimato. Sarà andato in Paradiso? Posso far dire messe per lui anche se non cresimato?». Il cappuccino fu colto da inopinato furore: «Ma che vi pare - gridò paonazzo -, che per andare in Paradiso c'è bisogno di documenti e di bolli? Ma che idea avete della bontà divina. L'avete presa per hi municipiul». Siccome quello chinava il capo, umiliato, padre Pio dandogli un'affettuosa manata, proseguì: «Tuo fratello ha avuto la cresima del sangue. E' morto facendo il dovere suo. Fa dire per lui tutte le messe che vuoi ma soprattutto prega, la misericordia di Dio è infinita». Dal taccuino: «Cava da una profonda tasca misteriosa del saio una tabacchiera e un fazzolettone rosso a puntini bianchi. Dispiega il fazzoletto sul tavolo. Neanche il tempo d'una tiratina di tabacco e il fazzoletto straripa di biglietti da mille. Sono offerte per la "casa sollievo dalla sofferenza", l'ospedale che padre Pio vuol costruire a un passo dal convento. Il frate annoda il fazzoletto, lo consegna a un omuncolo, forse uno scaccino, un tipo dickensiano (Uria?) che si dilegua». Padre Pio motteggiò con questo e con quello, benedisse, interrogò, scherzò - rudemente -, con l'oste veneto, poi, rapido fece due passi verso di me e, presomi per un braccio: «Vieni», disse, tirandomi dentro la clausura. Non appena l'uscio si richiuse dietro le nostre spalle, vidi padre Pio mutare espressione: «Ma tu ;he vuoi da me? Ecch'è 'stu luntanu che vai?», disse. Vado vicino ma è lontano: nel lebbrosario di Acquaviva delle Fonti, risposi. «Tu si 'nu giornalista, fiewerò?». Sì. «Io coi giornalisti è meglio che non ci parlo. I giornalisti a me mi inguaiano perché scrivono che faccio miracoli. Su questa terra miracoli non ne fa nessuno, capito? Il tempo dei miracoli passò». E poiché, confuso, tacevo: «Tu che vuoi da me?» ripetè ma questa volta con dolcezza. Non lo so, padre, avevo preparato tante domande per l'intervista, adesso non ne ricordo nemmeno una, dissi. Pausa. Poi maldestramente: padre, e le ferite? Le fanno male?, domandai. «Figlio mio, perché mi chiedi questo?». Pressoché disperato: mi dia un messaggio, padre, implorai, un messaggio per gli uomini di buona volontà. Questa volta iisponde. «Chi dubita è sempre in peccato. Non parlo solo del dubbio riferito alla parola di Dio. E' d'uopo non dubitare di nessuno, neanche del proprio nemico». E siccome lo guardo perplesso: «Lo so - sospira -, è molto difficile. Il demonio è ovunque, con forme diverse. Ma bisogna aver fede. Certum est quia impossibile est: questo è il segreto per credere, per non dubitare mai». Adesso parla in fretta, agitato, candidamente preso da quanto dice: «Ecco, vedi, figliuolo, sarebbe bello se tutti, nel mondo, decidessero d'esser buoni diciamo soltanto per mezz'ora, in un giorno prestabilito di comune accordo. Mezz'ora soltanto di bontà, per vedere com'è bello vivere in grazia di Dio, senza guerre né violenza, senza delitti, senza peccato. Soltanto mezz'ora. Chi sa se, trascorso questo tempo, l'umanità, conquisa da tanto bene, non decida d'esser buona sino al redde rationeml». La sua mano carezza la mia spalla. La stringo piano. «Dio ti benedica, guagliò, e buon proseguimento di vita», mi congeda. Sulla sua cella, che porta il numero 5 ed è saccheggiata da lettere di tutto il mondo -, è scritto: «La gloria terrena ha per compagna la tristezza». All'alba del mattino appresso, dopo una notte trascorsa a fumare nella stanzetta d'una pensione ràmicia, assistetti alla messa di padre Pio. Non andavo quasi mai in chiesa, allora. Ero troppo giovine, allora, per avere la forza dell'umiltà. Fu, quello, un «momento» che non si scorda. Fu come rivivere la mia vita di quando ero buono e sereno poiché fanciullo; di quando le mie giornate non erano avare di sole e il sorriso di mia madre mi accoglieva sulla soglia di casa. Durante un'ora e tre quarti - tanto durava la messa del cappuccino dalle mani segnate -, mi vidi, com'ero, negli occhi dei peccatori ammuc¬ chiati nella piccola chiesa; mi vidi quale ero stato in una stagione felice, e come mai più sarei stato nella vita. Così come quando, a primavera, il vento carezza i campi di grano curvando il capo alle spighe verdi, e le spighe ondeggiano quasi si sussurrassero misteri, le teste dei fedeli si mossero di colpo in un sussulto; e un mormorio corse la navata. Padre Pio s'apprestava all'altare. Camminava adagio, con quell'andatura stenta che gli faceva trascinare i piedi; le sue spalle curve sembrava le premesse un carico oscuro. Le mani che reggevano calice e patena non erano più ricoperte dai mezzi guanti di lana a maglia sicché le stigmate, impietosamente rosse, spiccavano sui bianchi pizzi del rocchetto. (Dal taccuino: «La vista di quel sangue è una rivelazione - quasi. Ti lascia un attimo col fiato mozzo»). Padre Pio ascende lentamente l'altare. Si inginocchia con pena, quasi che un peso enorme lo piegasse, premendogli lento sul capo. Si rialza a fatica, pallido. Si segna con quelle mani che sembrano di cera, così belle e martoriate. Un ex voto. Ora ha intrecciato le dita, chiude gli occhi, le palpebre si serrano come se una luce cieca gli battesse sul viso. Sembra più magro e più vecchio; stanco e lontano. Terribilmente lontano, stretto in una morsa di ineffabile dolore. Si volge lentissimamente verso i fedeli e con quell'aspra sua pronuncia sannita strascica il «Dominus vobiscum»; dominussewobiscu, dice fioco. Et cum spiritu tuo, preghiamo. Come per miracolo, dai precordi affiorano alle labbra le parole gravi della preghiera che nostra madre ci insegnò quand'eravamo innocenti. Le stesse parole d'allora, dimenticate, perdute negli anni, cancellate dalla miseria di tanti giorni mutili. E' come non le avessimo mai scordate e hanno un sapore nuovo. Improvvisamente abbiamo tutti mille anni in questa piccola chiesa a cavaliere del Gargano, battuta dal vento dell'Adriatico: ma è come se fossimo nati adesso. E' lui che ha fermato il tempo, questo cappuccino ruvido, pio. Dalle mani sanguinanti. Le parole antiche con le quali padre Pio ricorda il sacrificio di Gesù Cristo restano a mezz'aria, bloccate dal respiro rotto degli uomini in attesa del sacrificio. Con le mani che tremano, padre Pio fa per spezzare l'ostia, ha un attimo di esitazione, gocce di sudore gli incoronano la fronte, il suo corpo contadino è scosso da una impercettibile vibrazione. Contagiosa. Poi le sue mani compiono il rito, e il frate leva il calice e le stigmate s'incendiano alla fiamma delle candele: uno, due secondi. Porta il calice alle labbra, beve smarrito. Nell'aria spessa striscia una lama di inedita paura. (Chi è che piange e invoca, laggiù, in fondo alla chiesa?). Sul vecchio taccuino stinto leggo: «Quando parla dell'ultima cena P.P. dice qualcosa sulle mani di Gesù - controllare. Si ha l'impressione ch'egli sia talmente immerso nel rito da non accorgersi del fedeli. Assente - quasi in trance». Ho controllato. Quarantaquattro anni dopo. Padre Pio parlava delle mani di Gesù che spezzano il pane. Accépit panem in sanctas ac veneràbiles manus suas, recitava padre Pio: prese il pane nelle sue sante e adorabili mani. ; Un riferimento tenero, scomparso dalla messa, oggi. Quando gli imposero di lasciare il latino per la messa in italiano, padre Pio pianse. Lui, «il dolce Santo nevrastenico del sud, lui che pure parlava, confessava, miracolava in vernacolo», ha scritto Francobaldo Chiocci. Pianse perché togliendogli il latino troncavano quella «comunicazione diretta» ch'egli, pregando, giustappunto in latino, stabiliva col Signore suo Dio ogniqualvolta diceva messa. Padre Pio non poteva accorgersi dei fedeli perché, pregando, parlava a Lui, con Lui, calandosi nella passione di suo figlio. Non penso che padre Pio peccasse di superbia spirituale; solo che l'ascesi, divorandolo, lo isolava dal mondo. Dolorosamente. E quella sublimazione, condita di pena fisica, era un fatto intimo, un accadimento che non si poteva, non si doveva spartire con gli altri. Era il suo miracolo. Pianse padre Pio, ma obbedì. Come sempre ebbe a fare nella sua taumaturgica vita controversa. Igor Man «All'uscita del confessionale c'era chi lo afferrava per il saio e chi cercava di baciargli le mani coi mezzi guanti che coprivano le stigmate. Lui mi prese per un braccio e mi portò nella sua cella» % ti F% Padre Pio: quando morì, i frati dissero che le stigmate erano scomparse dalle sue mani

Luoghi citati: Acquaviva Delle Fonti, Assisi, Benevento, Foggia, Pietrelcina, Roma, Russia, San Giovanni Rotondo