A scuola fino a 16 anni presidi in rivolta

I capi di istituto criticano pesantemente la legge approvata dal Senato. E anche Prodi ha dei dubbi I capi di istituto criticano pesantemente la legge approvata dal Senato. E anche Prodi ha dei dubbi A scuola fino alò anni, presidi in rivolta «Sepassa la riforma sarà un disastro, mancano quattromila aule» ROMA. Questa riforma non s'ha da fare. Sono convinti i capi istituto della scuola secondaria superiore: dopo aver letto il testo licenziato da Palazzo Madama a larga maggioranza, i responsabili della Associazione nazionale presidi (Anp) bocciano senza mezzi termini le fatiche dei senatori. «Speriamo che la Camera sia così saggia da correggere almeno le parti che sono in contrasto con la legge Finanziaria e con il buon senso pedagogico», spiega il professor Giorgio Rembado, presidente. Pollice verso, dunque, nei confronti di una riforma attesa dal primo dopoguerra, che dovrebbe chiudere l'epopea gentiliana ed innalzare l'obbligo scolastico ai 16 anni. E che l'accoglienza praticamente «ecumenica» espressa a caldo da molte forze politiche e sociali faceva ritenere in dirittura d'arrivo. Sono drastici, invece, i presidi dell'Anp: «La comprensibile volontà di fare presto, dopo decenni di ignavia, rischia di creare confusioni e disastri irreparabili all'azione educativa e al prestigio già scosso della scuola italiana». Povera Rosa Russo Jervolino, ministro della Pubblica Istruzione, che pensava di raccogliere largo consenso nel Paese, dopo le polemiche sul ferragostano «decreto mangia-classi» e la conte "tazione veneziana! A turbarle il sonno non c'è solo il cattolico professor Giuseppe Bertagna, redattore capo di Nuova secondaria, la rivista più diffusa tra i docenti delle superiori. Ora, ci si mette anche Famiglia cristiana, settimanale dei Paolini, che titola: «A Sguola fino a 16 anni». Proprio così: scuola con la «q». «Dopo una lunga immobilità - scrive il settimanale - il Parlamento sta approvando a tempo di record la nuova riforma. Merito di un'intesa tra de e pds, che hanno molta fretta; come si vede dagli errori del testo». Ed elenca: «I bizantinismi sintattici nel testo sono numerosi, le ripetizioni si sprecano, alcuni articoli sono un corpo a corpo con la sintassi. Manca solo che sia scritta scuola con la "q"». Non è entusiasta nemmeno il pedagogista Giorgio Chiosso, che sul settimanale cattolico II nostro tempo, parlando di questa «piccola rivoluzione che rimane in parte generica», si chiede: «Ma è riforma?». In settimana, i deputati - chiamati ad esaminare la riforma licenziata dal Senato e a dire l'ultima parola - troveranno in buca un ampio dossier dell'Associazione presidi, con critiche severe al testo di Palazzo Madama ed una annotazione sconsolata del presidente: «Purtroppo - dice Rembado - il pessimismo è d'ob¬ bligo. Sembra che le forze politiche maggiori, dopo essersi specializzate per tanti anni nel settore del precariato, abbiano perso il contatto con la realtà e puntino a retribuire solo i propri gruppi di riferimento, senza una visione lungimirante degli interessi dei cittadini e del Paese». Ai presidi non piace nemmeno l'articolo clou della riforma, quello che prevede l'autonomia alle scuole secondarie superiori. «Una autonomia fantasma - sostengono -, di principio, ideologica e retorica, non di fatto». E auspicano «che venga tolto tutto l'articolo 3, rinviando la materia a quanto previsto nella Finanziaria». Con una legge modelloSenato, osservano, la scuola passerebbe «dalla proprietà statale al comdommio»: il ministero «promuove», le Sovrintendenze regionali «promuovono», le Regioni «legiferano», i Provveditorati «promuovono», i Consigli scolastici provinciali e di distretto formulano «proposte e pareri»... «E le scuole?», chiedono i capi istituto, delusi anche dai compiti che verrebbero loro riservati: «Al preside-fantasma non verrebbero riconosciuti né compiti di coordinamento, né di direzione. Sarebbe solo il guardiano dell'esecuzione di volontà altrui». Altri fulmini piovono sull'articolo 8 che allunga a 16 anni la scuola obbligatoria ed estende a dieci anni «il diritto a fruire gratuitamente del servizio scolastico». Che cosa significa questa nuova disposizione? Che chi rimane bocciato anche solo una volta, l'undicesimo anno di frequenza scolastica se lo dovrà pagare? «A farne le spese, saranno proprio i ragazzi che non riescono a concludere regolarmente gli studi; e oggi sono più del 20% nel solo primo anno delle superiori», osserva il professor Rosario Drago, responsabile del settore legislativo per l'Anp. Su questa «gaffe» dei senatori - che, in buona fede, di fatto, rischia di introdurre una «tassa sui ripetenti» - avanza critiche anche Emanuele Barbieri, leader della Cgil-scuola: «Il Parlamento dovrà trovare qualche escamotage per porvi rimedio». Aggiungono i presidi dell'Anp: «Innalzando l'obbligo ai 16 anni, saranno necessarie almeno 4 mila aule in più. Ma, per l'edilizia scolastica, la Finanziaria non stanzia una lira!». E concludono: «Ci vorranno altri cento anni per concretizzare questa riforma. La legge demanda a successivi provvedimenti la definizione di quasi tutte le materie. Dovranno essere emanati almeno 100 accordi di programma su 15 aree tematiche diverse; più di 20 convenzioni, alcuni regolamenti, un Dpr e dieci decreti ministeriali». Avranno i loro crucci, i deputati che si accingono all'esame della riforma. E sul loro lavoro non potrà non pesare il giudizio di Romano Prodi. «Temo che la riforma delle superiori sostiene il presidente Iri - tenda a "liceizzare" l'istruzione tecnica. E' una scelta culturale che danneggerà moltissimo il nostro Paese, perché tende a rinviare continuamente l'apprendimento di competenze ed abihtà conoscitive». Mario Tortello Gaffe del legislatore Peri bocciati forse la frequenza non è più gratuita Il ministro della Pubblica Istruzione Rosa Russo jervolino

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