Cattolici più liberi nel voto

8 Conclusa la Settimana Sociale: «Importante è difendere i valori» Cattolici più liberi nel volo «Valuteremo poi i nuovi partiti» TORINO. Da ieri i cattolici in politica sono più liberi, almeno per il momento; e «l'unità politica», un termine che non è comparso praticamente mai nei documenti della «Settimana Sociale», sembra temporaneamente accantonata. Almeno secondo monsignor Pietro Giacomo Nonis, arcivescovo di Vicenza, presidente del Consiglio episcopale per la cultura e membro del Consiglio permanente della Cei, il «governo» dei vescovi italiani. Mons. Nonis ha chiuso, insieme a mons. Charrier, i lavori della «Settimana Sociale» al Valdocco, con una relazione in cui l'unità dei cattolici veniva richiesta solo sugli «obiettivi di fondo». Singolare, un accenno così delicato (e l'assenza di qualsiasi riferimento nella relazione di mons. Charrier), quando fino a ieri lo slogan veniva ripetuto con forza. «Ieri potevamo raccomandare, sempre con parole sfumate, un'unità politica su una realtà che c'era - ha chiarito ai giornalisti mons. Nonis -. Oggi dovremmo raccomandare un'unità politica della quale nessuno può dire se ci sia, che cosa sia, se ci sia ancora o se ci sia già». Niente più indicazione per la de? Mons. Nonis afferma che «una libertà di fondo» per i credenti che volevano operare «con consapevolezza e serietà di opzioni» c'è sempre stata. «Non ho nessun diritto di togliere la denominazione di cattolico al credente che riteneva più confacente alla sua coscienza militare in schieramenti o in file diverse da quello... ma non capisco perché non si possa anche nominarlo, non è mica innominabile, la democrazia cristiana». Ma oggi la situazione è comunque cambiata: «Penso che questo spazio di libertà stia per aliar- garsi, anche se non sono un fautore della diaspora, della dispersione, perché non ignoro che i cattolici della diaspora non avrebbero nessuna significanza là dove si fanno le leggi, dove si governano le strutture». La crisi di identità ha colpito tutti i partiti: «Che cosa vuol dire oggi essere comunista, socialista, democristiano o popolare è molto difficile da dire per tutti». E in questa situazione di fluidità, in un certo senso anche la Chiesa si adegua: «E' chiaro che un cattolico si trova davanti, certo, uno spazio di libertà personale, che non può però mai essere privo di scelta ponderata. Si trova in un certo senso più libero, diciamo che può disporre della propria capacità di contribuire al bene pubblico in direzioni anche diversificate». Ma è una situazione contingente: «Perché domani questa oggi ancora non qualificabile ipotesi potrebbe diventare realtà, e allora staremo a vedere di che cosa si tratta. Se di qualcosa si tratterà». Libertà vigilata, con alcuni paletti, puntualizza, quasi a sminuire la portata delle dichiarazioni precedenti, mons. Nonis: «Nessun cristiano, vescovo, prete o laico, può consigliare o consentire l'incremento di una forza politica che o non esprima chiaramente nel proprio programma o non si impegni almeno implicitamente a rifiutare l'esclusione di alcuni valori che la Chiesa considera fondamentali». Ma sia pure con quest'attenuazione, il concetto che emerge sembra chiaro: la Chiesa in questo momento sta ripensando e valutando le sue strategie, in attesa di vedere che cosa accade nell'area cattolica «allargata». E' sempre rischioso «personalizzare» le linee di tendenza politiche nella Chiesa, ma le dichiarazioni di mons. Nonis sembrano più in sintonia con i vescovi «perplessi» dell'assemblea del maggio che con le prese di posizione ufficiali ribadite dalla presidenza della Cei. A maggio fu annunciato, per la prima volta in un'assemblea della Cei, che alcuni vescovi avevano espresso dubbi e perplessità sull'unità politica dei cattolici. Ed evidentemente il dibattito, sotterraneo ma non per questo meno intenso, è proseguito. Certamente mons. Nonis non si sarebbe espresso in questo modo ieri, se la situazione interna alla Cei non fosse diventata meno granitica in tema di appoggio alla de. Ma anche la prossima tornata di elezioni comunali potrebbe segnare un momento di svolta nella posizione della Chiesa. «Mi sono sempre rifiutato - ha detto mons. Charrier, presidente della «Settimana Sociale» e vescovo di Alessandria - come vescovo, e non so se fanno così altri, di dare indicazioni su persone. Il vescovo è il vescovo di tutti, non di qualcuno, se cominciassi a fare delle scelte per conto mio vorrebbe dire che io privilegio». Si andrà alle urne per i sindaci, ma è probabile che «la gente sia del tutto impreparata, forse pensa ancora che si va ad eleggere schieramenti. Invece potrebbe diventare un momento altamente formativo e impegnativo. Nel senso che giudichi la persona, ma non perché ti piace o non ti piace, ma per il progetto che ha». Ieri la 42a «Settimana Sociale» si è chiusa con l'ultima tornata di interventi e relazioni. Applaudita soprattutto una donna di Ivrea, Giuliana Bonino, pensionata, metalmeccanica. «Ho sentito un certo disagio sulla mancanza di un linguaggio semplice e accessibile al popolo di Dio», ha detto, lamentando poi «la mancanza della presenza di donne tra i relatori: eppure le donne sono la metà del popolo di Dio». Marco Tosarti ■- ■ : . . :: :.:.;.:. '. , ....-.::■ , ■: ■■ Mons. Fernando Charrier, presidente della Settimana sociale dei cattolici italiani

Luoghi citati: Alessandria, Ivrea, Torino, Vicenza