la Dolce vita perde la sua musa di Liliana Madeo

Lo studio di via Margutta era il «ritrovo» di attori e artisti Lo studio di via Margutta era il «ritrovo» di attori e artisti la Dolce vita perde la sua musa Morta a Roma la pittrice Parigini ROMA. Persino adesso che aveva più di settant'anni e il suo corpo era diventato grosso e goffo, infagottato in informi camicioni bianchi, Novella Parigini si considerava una divina delle arti e della mondanità. Vendeva ormai solo in provincia i ritratti di gatti e donnegatto che non si stancava di fare e rifare. Partecipava ogni anno alla rassegna dei pittori di via Margutta, e stava tutto il giorno su un panchetto, in strada, circondata dalle sue ultime tele. Ma non si appannava il concetto smagliante che aveva di sé. «Grazie a Dio ho un successo pazzesco nell'arte» diceva nell'aprile scorso a Carlo Conversi, che l'intervistava per il programma di Anna Amendola «Storie vere», in onda questa sera su Raitre. Sedeva su una poltrona che era una specie di trono, al centro del suo studio dove si ammassavano collane, oggetti, gatti, ninnoli e foto, tutti i segni di quella vita «straordinaria» che da quando era ragazza costruiva, viveva, inventava, offriva ai giornalisti e fotografi come un mito e una favola bellissima. La morte l'ha colta in ospedale, dove era stata ricoverata il giorno prima. La sua malattia durava da tredici anni. Si muoveva a fatica, aveva il viso gonfio e segnato. Ma ancora si truccava «come una pazza», con gli occhi pesantemente bistrati e le palpebre coloratissime, le gote accese o bianchissime, inseguendo quell'eccentricità che era stato per lei il canto della sirena e che aveva inseguito fin da quando era andata alla conquista di Parigi nell'immediato dopoguerra. «Ho avuto Parigi ai miei piedi, e poi New York impazzita per me» raccontava. «Uscivo solo con duchi, principi, re, grandi attori» ripeteva. Rivisitate alla luce di quello che succede oggi, le sue eccentricità - l'andare in giro a piedi nudi, gli abiti rigorosamente maschili, i flirt multipli, la figlia concepita senza un marito, l'orrore per il matrimonio, i bikini provocatori, i bottoni fatti schizzare via sotto gli occhi del poliziotto indignato e puritano, gli amori esibiti, i fidanzati rubati alle amiche, le bellissime come codazzo, un leoncino al guinzaglio per passeggiare per Capri, il nudo in casa per lavorare - appaiono giochi innocenti, peccati veniali meritevoli di una forte indulgenza. Ma lo scandalo che Novella Parigini riusciva a sollevare con i suoi gesti e le sue parole, negli Anni Cinquanta, fu intenso. E' stata una regina della mondanità. Il suo studio a via Margutta era sempre aperto. Vi approdavano personaggi come Erroll Flynn e Tyrone Power. Il primo la voleva sposare, ha sempre raccontato lei. Il secondo glielo soffiò Linda Christian, di cui però è rimasta amica. In casa sua e alla sua corte rimanevano per lungo tempo le belle che approdavano a Roma in cerca di successo. Cinecittà era una sorta di Hollywood sul Tevere. Sesso e mondanità mescolavano aristocrazia, gente del cinema e della cultura. Brigitte Bardot che era un'aspirante diva e faceva qualche particina nei film di Steno e Monicelli, fu una sua fedelissima. Ursula Andress, che al momento del decesso era al suo capezzale, abitò da lei per anni. «Senza il mio aiuto, molte ragazze che poi sono diventate famose, sarebbero finite sul marciapiede» diceva la pittrice, ripercorrendo compiaciuta l'avventura delle sue scandalose trasgressioni. La sua epoca d'oro si concluse presto. Nel '61 nacque Benedetta, la figlia tanto amata, figlia di un padre misterioso e che - di volta il volta - la Parigini diceva essere stato un lord inglese, un finanziere americano, un grande attore... Nel '60 Fellini aveva girato «La dolce vita», il racconto fantastico e struggente di una società in disfacimento. Liliana Madeo La pittrice Novella Parigini

Luoghi citati: Capri, Hollywood, New York, Parigi, Roma