«Avviso alla Pollastrini Choc nella sezione pds »

«Via politica? Tempi lunghi» «Avviso alla Pollastrini Choc nella sezione pds » LA QUERCIA E LE TANGENTI IMELANO L compagno venuto da Roma proprio non se l'aspettava. «E' sconcertante», soffia Davide Visani, il coordinatore della segreteria del Bottegone. E' sconcertante arrivare a Milano alle nove di sera, convocare gli iscritti nella federazione di via Volturno, adesso cari compagni vi spiego perché siamo «una forza dalla storia pulita al servizio della democrazia nell'Italia che cambia», e invece non fa a tempo a parlare e siamo già al fuori tema. Aspetta, compagno Visani: «Dobbiamo cambiare un po' il tema della serata, perché purtroppo la compagna Pollastrini ha ricevuto un avviso di garanzia». Sconcertante? Poco, troppo poco. Ed è troppo perbene questo Visani con il suo testone da Helenio Herrera e le sue parole da «taca la baia», «dobbiamo rispondere con grande orgoglio», «con questa montatura è cominciata la campagna elettorale al contrario, per non andare al voto», «ci vogliono piegare». La sala Gramsci di via Volturno ha 250 poltroncine rosse: è piena, o vuota, a metà. Ed è piena di orgoglio, sì. E di rabbia. Ma non c'è stupore, forse neppure sconcerto. Perché, come dice il compagno Minto, «in questi 15 anni qualcosa è successo a Milano, e vogliamo sapere, ci vuole chiarezza fino in fondo». Barbara Pollastrini, la compagna segretaria della federazione. E prima gli arresti di Roberto Cappellini, il segretario cittadino, e Massimo Ferlini, assessore. E' passato un anno e mezzo e siamo ancora qui... La compagna Rippoli, segretaria della sezione Amsa, parla a fatica. I tre erano i candidati della sua sezione. «Ma compagno Visani, con questi tre compagni abbiamo condiviso tutto e non abbiamo nulla di cui vergognarci. Va bene, aspettiamo la giustizia, ma cominciamo a chiedere questi processi!». Visani prende nota. Accanto a lui il segretario Marco Fumagalli è afflitto e spettinato, il segretario regionale Pierangelo Ferrari punta il soffitto. Ascoltano la rabbia: «Io sono stufo di stare sulla difensiva, è 50 anni che ci difendiamo! Quelli hanno rubato tutto, anche la nostra dignità, e noi stiamo qui a parlare di chi ha rubato un vasetto di marmellata?». E un altro: «Ma basta! E' da più di un anno che non si parla più di politica. Nessuno ci dice più una madonna! Che il partito tiri fuori qualche pallina! Parliamo di lavoro e di ristrutturazione: se mi licenziano che dico a mio figlio, parliamo di Tangentopoli?». Parlano in undici e sono undici voci ben diverse, tutte speranzose e tutte, come si diceva una volta, più critiche che autocritiche. Cicchetto, in quasi tre ore, mai nominato. Il tenero Fumagalli, alla fine, tenterà un bilancio: «E' l'imbarazzo dei compagni che dopo un anno e mezzo si ritrovano nella stessa situazione dei giorni dell'arresto di Ferlini, o del primo di Cappellini. Erano, eravamo convinti di esserne usciti... A sentire i compagni è come se ci fosse un bisogno di rimuovere». Né Fumagalli né Ferrari vanno al microfono: «Dell'avviso di garanzia avevamo discusso nel federale, e poi c'era Visani». Imbarazzo, rimuovere, e poi c'è Visani. Dal compagno Penco arriva il lamento della base delusa: «Mi spaventa la differenza che c'è tra il polso dei dirigenti e il polso di chi, come me, sta al lavoro o in sezione. Ma lo sai, compagno Visani, che nel partito c'è chi dice che dovremmo intestare le sezioni a Primo Greganti e ringraziarlo del silenzio? Parliamoci chiaro: c'è una verità politica e una verità giudiziaria, ma quando arriva un avviso di garanzia così per noi sono palettate di merda, ed è difficile respingerle». Meglio rimuovere, co- me propone il compagno Perosini? «Non lasciamoci più trascinare sul terreno di Tangentopoli». Dal compagno venuto da Roma, dicono tutti, si aspettavano qualcosa di più. E il compagno Poggio insiste: «Vedi, continuiamo a dire facciamo politica e poi non facciamo niente. Ad esempio: sui giudici di Napoli che lavorano in quelle condizioni, perché il partito non organizza qualcosa di eclatante? E' il modo migliore per far sapere che la questione morale ci sta a cuore». Ma il partito pensa troppo a Tangentopoli, è bloccato, assente. A Milano, in due anni è passato dal 30 per cento all'S delle ultime amministrative. «E' un partito confuso, ancora non si è capita la posizione sulla tassa sul medico». E allora Visani va a concludere come si conviene a chi è venuto da Roma: «I compagni chiedono di tornare all'attacco e condivido, ma...». Ma ci sono le inchieste, i compagni accusati, gli ex compagni «che mettono in atto provocazioni canagliesche», magistratura e giornali «che hanno imposto il personaggio Greganti, il compagno che non parla», «l'enorme montatura dei conti in Svizzera», ci sono «manovre neocentriste, una dura offensiva che ci ha colpito e continua a colpirci». No, non parliamo di complotto, però guardiamo i fatti: «E i fatti dicono che il pds è al centro di un'aggressione politica». Ma a questi cento della sala Gramsci, ai vogliosi di rimozione, arriva il contrario. «Non so che svolgimento avrà l'inchiesta, ma da quel che capisco verrà messo sotto accusa un pezzo della nostra storia. E a questo dobbiamo essere preparati». Preparati a tutto, catenaccio: «Scusate, è fuori luogo pensare allo zampino dei servizi?». E per Greganti contropiede: «Vorrei fosse chiaro che non abbiamo mai ammiccato a Greganti». Finale: «Quale che sia la verità, gioverà a noi, gioverà al pds». Giovanni Cerniti

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