Ricossa: nuovi egoisti? No, è impazzita la cicala

Ricossa: nuovi egoisti? No, è impazzita la cicala Ricossa: nuovi egoisti? No, è impazzita la cicala IL LEADER DELLE MARCE ANTI-FISCO PTORINO ROFESSOR Ricossa, i medici e i giornalisti hanno detto «no» ai prelievi forzosi di Ciampi. Sono loro i «nuovi egoisti?». «Ma quali egoisti! Hanno soltanto protestato per non essere derubati dei risparmi, per difendere il denaro che avevano accantonato in anni di lavoro. Vogliamo chiamare egoista chi difende il proprio risparmio? Chi rivendica il suo ruolo di formica davanti agli assalti della cicala impazzita? E come definiremo, allora, lo Stato? Come chiameremo questo Stato che essendo incapace di limitare le spese, proibire i furti e bloccare gli sprechi si riduce a usurpare il frutto del lavoro altrui?». Un furto. Per Sergio Ricossa, economista, professore universitario e leader dei liberisti italiani, i medici e giornalisti che sfidano il governo hanno tutta la sua comprensione. Fu lui, con i professori universitari Gianni Marongiu e Antonio Martino a organizzare sette anni fa a Torino la prima «marcia anti-fisco». Era il novembre '86. Corteo con cartelli e striscioni, il comizio in un cinema del centro. Contro «lo Stato rapinatore», «i politici spreconi», «gli artigli implacabili dell'assistenzialismo». Professore, allora siete stati voi i primi «egoisti»? «Veramente allora, nella seconda metà degli Anni Ottanta, non ci chiamarono "egoisti". Ci definirono con un'altra parola: "evasori". I sindacati ci apostrofarono così, gli industriali non ci appoggiarono, i partiti rimasero freddi. E pensare che la nostra protesta era pacifica e democratica. Anche se ebbe un torto. Un torto imperdonabile». Quale? «Di essere scoppiata in anticipo». E lei che cosa rispondeva ai sindacati? «Che grazie al sistema fiscale italiano un operaio che guadagna un milione al mese ne costa tre all'azienda e che una volta o l'altra l'azienda non ce la farà più a pagargli lo stipendio. Ma i sindacati erano miopi. E ci accusavano di non voler pagare le tasse». Ma non c'erano anche evasori fiscali nelle vostre file? «C'era gente che lavorava, che rischiava il suo denaro e chiedeva di non essere derubata dallo Stato. E poi gli evasori, quelli veri, non hanno bisogno di protestare. Restano acquattati e in silenzio, non vanno in piazza». Ma in un momento di crisi come questo, non c'è bisogno di solidarietà? Non è giusto che le categorie più «forti» aiutino i deboli? «Chiacchiere. Fanno buona impressione, lo so, ma sono aria fritta». Perché? «Perché il problema è uno solo: colpire le spese inutili, gli sprechi, i furti. Di che cosa abbiamo bisogno? Di un minimo di giustizia tributaria. In che modo? Primo: riducendo gli sprechi, tagliando enti inutili e investimenti improduttivi, e dicendo chiaro e tondo che se lo Stato continua a calare le brache davanti a ogni Crotone che si presenta, qui non si salva più nessuno. Secondo: arrestando i ladri. Terzo: costringendoli a restituire la refurtiva. Quarto: facendo le privatizzazioni». E lei crede che si faranno? «Sì, ma al contrario. Non si sta forse parlando di trasformare TelePiù 3 in una rete culturale pubblica?». Mauro Anselmo «Lo Stato deve limitare gli sprechi e proibire i furti, anziché depredare il risparmio altrui» Qui a sinistra Sergio Ricossa A destra: corteo anti-fisco

Persone citate: Antonio Martino, Ciampi, Gianni Marongiu, Mauro Anselmo, Ricossa, Sergio Ricossa

Luoghi citati: Crotone, Quarto, Torino