Norme-capestro per gli invalidi trombette felliniane per i cacciatori

il caso. Pamphlet controcorrente di De Marchi, ex campione degli psicologi libertari lette re AL GIORNALE Norme-capestro per gli invalidi, trombettefelliniane per i cacciatori Presunta innocenza per i disabili Oltre il danno, la beffa. La burocrazia torna a colpire i più deboli, anzi a perseguitarli. Oltre un milione e 800 mila invalidi in attesa di pensione saranno costretti - se passa la proposta governativa collegata alla Finanziaria - a presentare di nuovo, entro 90 giorni dall'entrata in vigore del disegno di legge, le loro domande già inviate agli uffici competenti. Una norma-capestro che è gravemente lesiva della dignità dei cittadini disabili perché riversa ancora su di loro, e non sullo Stato, il compito di dimostrare la loro «presunta innocenza», cioè a comprovare la veridicità delle dichiarazioni sullo stato di salute. Una situazione paradossale che allungherà a dismisura i già inaccettabili tempi di attesa di accertamento di invalidità (5-8 anni in media), vanificando il diritto alla pensione. Ma c'è di più: il blocco per 2 anni della perequazione automatica delle pensioni, annunciato come misura indispensabile al risanamento economico e che avrebbe riguardato tutti i pensionati, interesserà invece solo gli invalidi civili. L'Anmic non intende accettare sacrifici a senso unico. E' inutile tagliare le pensioni agli invalidi se poi non si pone mano a un'efficace riforma del collocamento obbligatorio che li aiuti a divenire economicamente autosufficienti. Rimane inoltre del tutto ignorato il problema della professionalità delle commissioni mediche che devono accertare l'invalidità. Una seria revisione delle nostre pensioni deve partire da accertamenti seri e tempestivi, nell'interesse degli invalidi e della stessa credibilità dello Stato. L'Anmic, infine, critica duramente la volontà della Finanziaria '94 di abolire i Comitati di assistenza e beneficenza pubblica. Al vide Lambrilli, Roma Presidente Associazione Nazionale mutilati ed invalidi civili La «mo ssa» dei Verdi davanti i siila tv Tutto seci Dndo copione. Anche quest'anno i Verdi si son destaui all'inizio della caccia, dopo che L'I nostro patrimonio faunistico e boschivo andava in fumo da i nesi! Si sono mascherati (la carnevalata alla vigilia della strage degli innocenti è d'uopo) ed 1 ìainno goliardicamente sventolat o 'Quattro cartelloni davanti alh; t.elecamere. Quindi, il «cotillon)' del primo giorno di caccia con suoni di trombette e piatti di :fe!lliniana memoria, per sfottere i. cacciatori in cerca di sangue, ma soprattutto per dire agli ingenui che hanno votato il sole che ;ride: «Vedano...!». E già, perché quei Verdi hanno pure i rjiornalini su cui dover pubblicare: «Anche noi c'eravamo!». Pc:rò, mentre l'Italia bruciava, se: ne stavano spensieratamente in vacanza: tanto, c'è la vigilia c'.ell'apertura della caccia per dare la polvere all'occhio. Nel frat.tempo gli animali arrostivano dentro i boschi e quelli che sono riusciti a salvarsi in qualche zona risparmiata dalle fiamme, dal 19 settembre riceveranno i I definitivo colpo di grazia. Ma che importa? 1 Verdi, invece di agire con tempestività, hanno fatto la «mossa» della scianto sa allo scatenarsi dell'inferno d elle doppiette: una maratonina, un travestimento da beccaccia, una deliziosa senatrice che rid .e tanto. E un giuramento da ope retta. Gli e mimali ringraziano. Liliana Rai, Roma Nes sima differenza tra s »ervi e coloni fissi Nell'c .rti'jolo di Alberto Papuzzi, il prò fessor Giuseppe Sergi, con tesi i nnovativa sul feudalesimo tutta dei verificare e provare, scrivi ì che «quelli che chiamiamo servi del la gleba erano al novanta pe r ce nto liberi e poveri coloni, clie chiedevano essi stessi di essere vincolati a una terra da lunghi contratti, in genere di 29 anni, scattando a 30 l'usucapione, per avere una sistemazione e un reddito sicuro». Ora, su quali documenti basa la sua interpretazione del feudalesimo Giuseppe Sergi, donde si ricava la storia dei lunghi contratti e dell'usucapione? Inoltre, essere «liberi e poveri» in epoca medievale (e non solo in quella) è una contraddizione: chi è povero non è mai libero se vuole mangiare per sopravvivere. Per cui il chiedere di «essere vincolati a una terra da lunghi contratti» e il diventarlo non fa alcuna differenza dall'essere «servo della gleba», schiavo del faticoso lavoro agricolo, servo del padrone. Questa interpretazione mi ricorda la decisione, di tempo fa, di chiamare «operaio agricolo» il «bracciante», termine che a detta di taluni aveva un che di offensivo, senza che la sostanza, ovvero la condizione, cambiasse. Quanto a «sistemazione e reddito sicuro» siamo d'accordo sulla sistemazione, ma per il reddi¬ to sicuro non esistono certezze: i nobili erano meno esigenti dei borghesi, poco si curavano del reddito (avevano guerra con bottino e caccia, altro a cui dedicarsi) purché i contadini, procurassero loro il sostentamento. Avere coloni fissi sui fondi era a loro vantaggio, ma dovevano lavorare e basta, senza accampare diritti, né cercare altri «padroni» perché ne andava di mezzo anche la vita. A questo punto che differenza esiste tra servi e contadini costretti a lavorare per un padrone, avendo come reddito la sopravvivenza e non certo il denaro per migliorare la posizione sociale? Nessuna. Non giochiamo quindi con le parole servi, gleba, coloni, libertà, marxismo. E' pur vero che qualcosa bisogna inventare per scrivere articoli o libri, ma le nuove teorie devono essere confortate da documenti, non da una semplice analisi basata su interpretazioni, diciamo, dialettiche. Teo Gioffredo da Novello Torino Con l'Erasmus una lezione di vita Sono uno studente di Economia e Commercio dell'Università di Torino, e scrivo per testimoniare la bellissima esperienza che ho vissuto neh"A A. 1992/93. Vincitore di una borsa di studio Erasmus, sovvenzionata dalla Comunità Europea, sono partito nell'ottobre 1992 alla volta di Dublino, dove vi sono rimasto per 9 mesi come studente alla University College Dublin. Ho avuto quindi l'opportunità non solo di seguire lezioni e dare esami, ma anche di assimilare un'altra cultura, per certi aspetti così diversa e lontana dalla nostra. Tutte le esperienze che ho vissuto mi hanno aperto gli occhi, e mi hanno insegnato a vedere un pochino al di là del mio naso. Dai miei amici irlandesi ho imparato che si può vivere in modo semplice dando importanza ai veri valori della vita, e dalla cultura gaelica che essere un'isola non vuol dire necessariamente essere isolati. Ai docenti dell'Università italiana vorrei consigliare di incentivare questi scambi con l'estero; agli studenti vorrei suggerire di maturare esperienze di studio di questo tipo, per aggiungere una stella non solo alla loro laurea, ma anche e soprattutto alla loro vita. Alberto Buffa di Perrero Torino Sigarette e dolci per il 38° fanteria Vorrei confutare la lettera del sig. Ranieri (21 settembre), che proponeva il rientro dei Savoia in Italia nonché la sepoltura sul nostro suolo delle salme di Vittorio Emanuele III, Umberto II e della Regina Elena. Quando i soldati italiani combattevano in Russia io frequentavo le scuole elementari a Tortona dove era di stanza il 38° reggimento fanteria. Noi scolari fummo portati in stazione a salutare il 38° fanteria che partiva verso le linee nemiche; con i nostri pochi soldi comprammo sigarette, dolci e fiori da gettare attraverso i finestrini a quei giovani che inconsapevoli andavano incontro ad una orribile morte. Quasi nessuno tornò, i più morirono nelle steppe sconfinate o in campi di prigionia. Cosa dovrebbero dire e chiedere le madri, le mogli, i figli di quei poveretti, che non hanno mai avuto una tomba su cui pregare e piangere? Quella, i Reali almeno l'hanno, e anche sontuosa! Come si può chiedere rispetto e onore per un re che invece di fuggire avrebbe dovuto l'8 settembre rimanere a dare direttive ai soldati rimasti senza ordini superiori e finiti in campi di sterminio tedeschi? Hanr^i avuto quei poveretti, sig. Ranieri, degna sepoltura? Gemma Re, Novi Ligure