«Lega ecco la vera sinistra»

18 il caso. Pamphlet controcorrente di De Marchi, ex campione degli psicologi libertari «Lega, ecco la vera sinistra» «E persino favorevole alla droga libera» AROMA LTRO che «nuova destra». Se c'è invece qualcosa che rappresenta quanto di più progressista, moderno, liberatorio e avanzato esista in Italia, questo è proprio la Lega condotta da un «timido e spavaldo radiotecnico di Cassano Magnago» di nome Umberto Bossi, un uomo che ha «dovuto imparare presto a nuotare nel mercato del lavoro, confidando solo nelle proprie capacità». Un «tipico figlio» di quel «popolo dei produttori» protagonista del nuovo, «grande rivolgimento politico-sociale dell'Occidente» che ha generato la Lega: cuore e anima del progressismo contemporaneo, espressione della nuova «sinistra» che prenderà il posto di quella vecchia, ancora paralizzata dai dogmi e dai fantasmi dello «statalismo». Tesi sorprendente, e controcorrente, esposta in un pamphlet che Mondadori manderà in libreria la prossima settimana con il titolo Perché la Lega. Autore: Luigi De Marchi, lo psicologo che negli Anni Sessanta scandalizzava l'Italia benpensante e clericale con le sue campagne a favore dei contraccettivi, il fondatore dell'Aied, quel consultorio ante litteram che fece conoscere la pillola a migliaia di donne italiane negli anni ruggenti della rivoluzione sessuale. Un campione della sinistra libertaria che ora non nasconde le sue simpatie per i «barbari» leghisti che ripugnano a Giampaolo Pansa. In questo libro spiega che non è lui ad avere abbandonato gli ideali della sinistra per approdare nel regno di Bossi, ma che al contrario, seconda sorpresa, è la Lega ad aver impugnato le bandiere della sinistra libertaria. Se le cose non appaiono così come dice De Marchi è perché, spiega l'autore, la sinistra «storica» ha venduto la sua anima al Moloch burocratico, alla piovra statalista, al mostro del pa- rassitismo moderno. E ha creato come una specie di cortina fumogena, attorno alla verità espressa da Franz Kafka all'amico Max ]3rod nel 1919, mentre sfilava nio per le vie di Praga i cortei deifjli operai: «Poveretti! Non hanno capito che oggigiorno le catene dei popoli son fatte con la carta dei ministeri». Ignoran do questa verità, demonizza™ io il mercato, mortificando i «produttori», la sinistra, scriv e De Marchi, ha identificato il «progressismo» con tutto ciò che è «statale» e ha colpevolm ente scambiato la difesa dei doboli con l'estensione abnorme eli un ceto di burocrati parassit i. Di conseguenza ha identificat o «con impermeabile ottusità» coine sussulto di una «destra conservatrice» la rivolta contro lo Stato scatenata prima in Aimerica e in Inghil¬ terra, poi nell'Europa continentale, dai «ceti produttivi». Sì, perché per De Marchi (sorpresa numero tre) anche il reaganismo e il thatcherismo sono stati fenomeni di sinistra. Il motto di Reagan, «abbiamo capito che è proprio lo Stato il nostro peggiore problema», potrebbe campeggiare come parola d'ordine sui vessilli della sinistra libertaria assieme a quello formulato dalla lady di ferro: «Meno Stato, meno tasse, meno inflazione, maggiori salari grazie agli sgravi fiscali». Solo che nessuno se ne è accorto per colpa, dice De Marchi, del «sistematico stravolgimento dei contenuti progressisti» operato dall'establishment «misogino, sessuofobico e oscurantista» dei partiti conservatori. Liberista fervente, sostenitore a oltranza della «rivolta dei produttori» che hanno ingaggiato una battaglia senza tregua contro «quel vero nemico di ogni progresso» che sono «gli interessi politico-burocratici» avvinghiati alla malapianta dello «statalismo», De Marchi non smette il suo abito di psicologo libertario e antiautoritario attento ai diritti civili. E chi sono secondo l'autore i portabandiera dei diritti civili? Sorpresa numero quattro: i «ceti produttivi». I quali coltivano un'inclinazione per il «progressismo» tanto quanto i «burocrati» sono psicologicamente portati al «conservatorismo». Per il «produttore» non ci sono «padrini e santuari» e la propria sopravvivenza è legata al «coraggio di rischiare, d'innovare, di assumersi la responsabilità dei risultati». Per il «gregario» che si avvia alla «carriera burocratica» i tratti psicologici dominanti sono la «docilità» e lo «spirito di sottomissione», il richiamo dell'«autorità» e il bisogno malsano di sentirsi investito da quest'ultima «di un potere qualsiasi nei confronti della "gente comune"». Già, ma la Lega? Liberista il movimento di Bossi lo è senz'altro. Ma libertario? Bene, quinta sorpresa: secondo i risultati delle sue analisi demoscopiche, De Marchi rivela che la maggioranza dei leghisti è favorevole alla liberalizzazione della droga. Naturalmente in odio allo statalismo. Come Milton Friedmann, il teorico del reaganismo che da oggi dovremo imparare a considerare coma la punta di diamante del pensiero di «sinistra». Sesta e ultima sorpresa. Pierluigi Battista «Bossiprogressista incompreso, comeReagan e la signora Thatcher; un tipico figlio di quel popolo dei produttori che si rivolta» r y v Luigi De Marchi, ai tempi in cui lottava a favore dei contraccettivi «Ma ha contro misogini e sessuofobh Da sinistra Milton Friedmann e Franz Kafka. Sopra Umberto Bossi

Luoghi citati: Cassano Magnago, Europa, Italia