Tra Eltsin e Khasbulatov duello finale in convento di Cesare Martinetti

Gli Usa a Boris: ti appoggeremo soltanto se rispetti i deputati Media il patriarca Aleksei. Le province si ribellano al Cremlino, scontri e blindati davanti al Parlamento Tra Eltsin © Khasbulatov duello finale in convento MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Boris Eltsin fa il primo passo verso la trattativa con i ribelli del Parlamento, mentre la situazione a Mosca diventa sempre più tesa intorno alla Casa Bianca assediata da migliaia di poliziotti e di soldati. Ogni sera c'è qualche scontro. Mercoledì ci sono state dimostrazioni in vari punti della città; ieri gli omon con manganelli e scudi hanno caricato un migliaio di persone che volevano forzare il blocco e dirigersi verso il Parlamento: due feriti e una decina di arrestati. Ma da questa mattina si tratta in terra neutra, al monastero Danilovskij, sede del patriarcato di Mosca. Di fronte al patriarca Alexij II, che ieri si è recato al Cremlino per offrirsi come mediatore, si troveranno per la prima volta di fronte i rappresentanti dei due schieramenti in lotta: da parte del Parlamento Ramazan Abdulatipov, presidente della Camera delle nazionalità, e Veniamin Sokolov, presidente della Camera della Repubblica russa; dall'altra Serghei Filatov, capo dell'amministrazione presidenziale, Oleg Soskovetz, vicepremier del governo. Che cosa possano trattare gli uomini di Eltsin non è chiaro, dal momento che il Presidente ancora ieri in un incontro con i democratici (l'unico partito che lo sostiene apertamente) ha sostenuto la sua indisponibilità a recedere dal decreto del 21 settembre con cui ha sciolto il Parlamento e convocato elezioni anticipate. Ma la pressione su Eltsin per elezioni simultanee (Parlamento e Presidente) è sempre più forte. Ieri i rappresentanti di 62 «soggetti» della federazione (repubbliche, regioni e territori) hanno inviato al Cremlino un ultimatum chiedendo al Presidente di ripristinare entro la mezzanotte di giovedì luce, acqua e comunicazioni alla Casa Bianca dove da sei giorni Rutzkoi e Khasbulatov resistono insieme ad alcune centinaia di deputati al buio e al freddo senza la possibilità di comunicare con l'esterno. Mercoledì sera era stato invece il governo a lanciare il suo ultimatum ai «resistenti»: entro il 4 ottobre devono sgomberare. «La disobbedienza a quest'ordine - si legge nel comunicato del governo - potrebbe provocare conseguenze gravissime e in questo caso la responsabilità ricadrà su Khasbulatov e Rutzkoi». Eltsin, al patriai ca che gli ha espresso la preoccupazione per «spargimenti di sangue», ha ripetuto che non vi sarà un attacco armato contro la Casa Bianca. Il ministro degli Esteri Kozyrev, in visita a Washington, ha ribadito la stessa assicurazione al presidente Clinton che, a sua volta, ha garantito appoggio a Eltsin. Ma il segretario dì Stato Warren Christopher ha ammonito il capo del Cremlino: rispetta i diritti civili dei parlamentari, altrimenti il sostegno americano potrebbe venire meno. La pressione militare sull'area del Parlamento è sempre più forte. Decine di autobotti e bulldozer messi per traverso bloccano le strade nel raggio di un chilometro intorno; matasse di filo spinato e poliziotti con giubbotto antiproiettile e kalashnikov danno all'assedio un aspetto sinistro. Ieri sono scomparse le truppe a cavallo, ma in compenso si sono visti mezzi blindati con le mitragliatrici sulle torrette nelle vie di accesso al Parlamento. Rutzkoi attraverso il suo portavoce ha fatto arrivare al patriarca Alexij la disponibilità a depone le anni e a far entrare «osservatori» dentro il Parlamento. Khasbulatov invia messaggi con l'obbiettivo di trasformare la sua resistenza in un'epopea eroica: «Qui dentro c'è gente malata, eppure resistiamo». Ai posti di blocco dei miliziani è stato impedito l'ingresso anche ad un'ambulanza della Croce Rossa che portava medicinali. «Ma Eltsin - ha detto ancora Khasbulatov - comanda solo a Mosca». I fatti, finora, sembrano dargli ragione. Dalle varie e vaste repubbliche della federazione sono arrivati solo dei no a Eltsin. Ieri si sono autoconvocati nella sede della Corte Costituzionale i rappresentanti di 62 soviet locali e 18 amministrazioni. Se scontata era l'adesione dei soviet alla linea del Parlamento, sorprendente è quella di 18 amministrazioni, i cui rappresentanti sono di nomina presidenziale. Ne mancano molte all'appello (il Cremlino fa notare che l'assem¬ blea autoconvocata non è rappresentativa della maggioranza dei poteri locali), ma gli altri tacciono, ed anche questo è significativo. I più determinati sono i siberiani, che pensano di costituirsi in repubblica autonoma: dopo la minaccia di sospendere l'invio a Mosca di gas e petrolio, ieri hanno deciso di bloccare per tre ore la transiberiana per protesta. E sette repubbliche (su 21 ) hanno proclamato la superiorità della loro costituzione su quella federale. Nonostante la dimostrazione di forza e l'indifferenza della stragrande maggioranza dei moscoviti, la vittoria di Eltsin non è così chiara come sembrava nei primi giorni dopo il colpo di mano. Il Cremlino, rispondendo alle critiche di aver chiuso tutti gli spazi televisivi per l'opposizione, ha detto ieri che i giornali d'opposizione continuano ad uscire, nonostante gli «abusi» che si fa della libertà di stampa. Ma intanto s'è deciso di rinviare l'aumento del prezzo del pane (da 130 a 220 rubli il filone) che doveva scattare il primo ottobre. Meglio aspettare la fine della battaglia. Cesare Martinetti Gli Usa a Boris: ti appoggeremo soltanto se rispetti i deputati Sostenitori di Khasbulatov rovesciano un'autobotte e Rutzkoi (in alto) si arma

Luoghi citati: Mosca, Usa, Washington