Il futuro, sette milioni di anni

Il futuro, sette milioni di anni Il futuro, sette milioni di anni Ipotesi sul destino della specie umana Dall'antropocentrismo più orgoglioso, Copernico ci ha portati al massimo della modestia. Se il principio copernicano vale per l'universo fisico, perché non pensare che valga anche per la specie umana? Questo è anche il suggerimento della teoria di Darwin: la nostra specie non sembra per nulla privilegiata, dal punto di vista evolutivo, rispetto alle altre, ne rappresenta solo la componente oggi più avanzata avendo raggiunto l'autocoscienza. Ecco dunque un possibile principio metodologico su cui basarsi per estrapolare il nostro futuro. Alcuni futurologi, come Freeman Dyson e Richard Gott di Princeton, hanno provato ad applicarlo con risultati piuttosto sconcertanti. Si può partire notando che il fatto stesso che abbiamo tempo per parlare della nostra civiltà indica che siamo in mia fase TRA UN MILIARDO DI ANNI tranquilla e di lunga durata della nostra evoluzione: per contro le fasi di cambiamento sono necessariamente rapide. Ebbene, accettare che viviamo in un «momento non-speciale» della nostra evoluzione comporta che la durata del nostro passato non può essere molto diversa da quella del nostro futuro. Più precisamente: applicando i metodi della matematica statistica e ammettendo di essere «osservatori non-speciali», si calcola che la durata del nostro futuro ha una probabilità del 95 per cento di essere compresa tra 1/39° e 39 volte la durata del nostro passato. Poiché l'Homo sapiens è sulla Terra da circa 200 mila anni, si ricava che potrà sopravvivervi per una durata compresa tra i 5 mila e i 7 milioni di anni. Molte altre specie, oggi scomparse, hanno avuto durate complessive comprese in questo interval¬ lo: quindi forse la nostra considerazione non è così azzardata. In ogni caso, non saremo sulla Terra per un tempo infinito: non c'è modo di sfuggire a tale conclusione, se si adotta il metodo copernicano statistico. Per allungare la nostra durata avremmo dovuto avere un passato più lungo rispetto all'età dell'universo. L'argomento statistico permette anche di calcolare quanti esseri umani potranno ancora nascere nel futuro. Stimando che fino ad oggi siano nati 70 miliardi di uomini, nel futuro ne nasceranno ancora un numero compreso tra 2 miliardi e 3 trilioni. Poiché al ritmo attuale nascono circa 2 miliardi di esseri umani ogni 15 anni, è probabile che il numero sia prossimo ai trilioni, altrimenti la civiltà finirebbe nei prossimi 15 anni. Vari scenari sono stati immaginati dai futurologi, assumen¬ do che la Terra non possa sostenere una popolazione di molto superiore ai 20 miliardi: 1) le nascite continueranno al ritmo attuale, raggiungendo una popolazione di una decina di miliardi entro il prossimo secolo, e poi crolleranno riducendo la durata della nostra specie a un periodo brevissimo; 2) le nascite avranno un ritmo elevato per un secolo fino a raggiungere i 10 miliardi e poi le condizioni di vita decadranno fino a ridurci a poche centinaia di migliaia di essere umani che sopravviveranno alla beli'e meglio per qualche milione di anni; 3) la popolazione umana si manterrà sul livello del miliardo per i prossimi 4 milioni di anni. Di queste tre possibilità, solo le prime due rientrano nei limiti statistici; infatti, per una lunghezza media della vita intorno ai 100 anni, la terza porterebbe a un totale di nascite di oltre 40 trilioni, al di fuori del nostro li- mite statistico. Non solo la nostra civiltà non sarà infinita, ma il suo periodo fiorente non potrà durare più di qualche secolo. L'alternativa è rinunciare al principio copernicano; ma è veramente produttiva? Due strade sono possibili, in linea di principio: 1 ) ammettere che noi viviamo in una fase «speciale» e perciò improbabile della nostra evoluzione (il 5 per cento rimanente oltre il 95 per cento) per cui il futuro può essere enormemente più lungo del passato, oppure 2) ammettere che la nostra specie possa nel futuro estendere la durata della vita enormemente oltre i 100 anni così da rallentare il proprio declino. Ho usato la parola «enormemente» di proposito: vuol dire aumentare quei valori di miliardi di volte. Il primo caso è sperimentabile: se siamo veramente in una fase speciale dell'evoluzione, ce Isaac Asimov nei suoi ultimi libri esplorò le possibilità della futurologia ternità. Una guerra nucleare o lo scontro con un asteroide possono sembrarci scenari molto più realistici per l'estinzione della nostra specie. Qualcuno però non mancherà di notare qualcosa. Che la finestra di opportunità offerta dal Sole per l'evoluzione di un organismo intelligente nell'unico caso che ci è dato di conoscere - è così stretta che sembra quasi fatta apposta. E ci vedrà una nuova conferma del «principio antropico», la convinzione espressa dall'astronomo inglese Barrow, secondo il quale l'universo è troppo ben congegnato in funzione dell'Homo sapiens perché la nostra esistenza sia puro frutto del caso. dride carbonica provocato dall'uomo, che tanto ci preoccupa oggi, non è che un incidente trascurabile nella storia del pianeta. In futuro la Terra si riscalderà sempre più rapidamente, poi perderà l'acqua per fotodissociazione, e l'idrogeno così formato sfuggirà nello spazio. Sarà la fine di tutto. Un miliardo di anni fa non esistevano neppure gli organismi pluricellulari, e tra un miliardo di anni, chissà che strade avrà preso l'evoluzione. Per noi uomini, che sulla Terra siamo gli ultimi arrivati, è un'e- Giovanni Carrada

Persone citate: Barrow, Copernico, Freeman Dyson, Isaac Asimov, Richard Gott