Mezz'ora e Amleto è servito
Anche Shakespeare in videocassetta, a cartoni animati Anche Shakespeare in videocassetta, a cartoni animati Mezz'ora, e Amleto è servito Resta la favola, Vautore si nasconde JULES Laforgue, ammazzato il prence danese, constatava: «un Amleto in meno». Oggi ci troviamo con un Amleto e con qualche problema in più. E' arrivata in edicola una videocassetta di Amleto, la prima di una serie di sei opere di Shakespeare non filmate, non riprese dal teatro, bensì animate da cartoonist. Del resto se «multimedialità» è parola di oggi - e il cielo ci perdoni -, è anche antichissima cosa: almeno quanto è antico il teatro. Inoltre l'operazione nasce con tutti i crismi dell'ufficialità. Seguita passo passo da esimi esperti scespiriani (duole chiamarli così, ma occorre), prodotta dalla televisione inglese Channel Four, realizzata da famosi laboratori russi di animazione (Soyuzmultfilm di Mosca), importata in Italia dalla Fonit Cetra e da Repubblica. I migliori cartoni, doppiati dai migliori attori, eccetera. E naturalmente, il migliore autore, Shakespeare. Rispetto al sublime Dante radiofonico curato e letto da Vittorio Sermonti, questo Shakespeare pone la questione della riduzione testuale (la videocassetta dura trenta minuti) e della tecnica di animazione (nel caso di Amleto, disegni su vetro). Beniamino Placido, presentando l'iniziativa, ha ribadito che Shakespeare va bene sempre, perché in Shakespeare «c'è tutto. Ce n'è per tutti». Il che è sacrosanto. Ma se «ce n'è per tutti» spiega la divulgazione, «c'è tutto» non spiega la riduzione, anzi la contraddice. Pr ,ando la storia di Amleto a trenta minuti di durata si sacrificano grandi porzioni di testo: e lo si può verificare subito dato che la videocassetta è corredata da un libro che contiene l'Amleto integrale, tradotto da Eugenio Montale. Oggi il disneyano Fantasia l'hanno digerito anche gli apocalittici più irriducibili, e abbiamo avuto i Promessi Sposi in teleromanzo americaneggiante, il Carducci-rap, e chissà cos'altro ci aspetta. Uno Shakespeare-cartoons non Wdi aMuoasp scandalizza, anche perché l'animazione è splendida e le trovate «registiche» azzeccate (come per la morte di Ofelia: un tonfo nell'acqua, un gabbiano che s'invola, e basta). Qualche dubbio in più per quel che ci riserva il futuro: fra i «trailers» che introducono l'Amleto si intravede per esempio un Maebeth un po' truccato da Mazinga. Sulla legittimità della divulgazione si è d'accordo, e il livello di questa divulgazione è indubbiamente assai alto. Ma che cosa viene divulgato, in trenta minuti? La divulgazione di verità e metodi scientifici, di verità e metodi storici (anche di verità e metodi delle storie delle arti) implica una riduzione dei contenuti e un'esposizione comprensibile. Quando Piero Angela parla di dinosauri non ci aspettiamo da lui articolate scoperte paleontologiche, ma quel tanto che ce ne dia un'idea, e che lenisca la nostra fondamentale ignoranza. Ma per avere un'idea di Shake¬ ssi oro ano: nga speare e dell'Amleto non si può fare a meno dell'«Essere o non essere». E per avere un'idea di cosa significhi l'«Essere o non essere» non si può fare a meno delle sottili implicazioni precedenti. E così il testo di un'opera d'arte risulta fatto a strati, senza che la sua superficie basti a definirlo, e tantomeno a riassumerlo. Per questo, la divulgazione scientifica o storicoartistica ha poco a che fare con la divulgazione delle opere d'arte: il significato di queste non si lascia comprimere, una soluzione sarebbe mutilarlo. Ma, di fatto, i cartoons scespiriani non mutilano nulla. L'«essere o non essere» c'è: solo che è ridotto ai primi cinque versi del monologo. Quel che basta, a chi conosce l'Amleto di Shakespeare, per ricordargli il monologo; e, a chi non conosce l'opera, per accennare una romanza famosa, e mostrarne la funzione nel testo. Proprio qui sta la risposta, perché è in questa attività mnemonica (per chi ricorda il testo) o esplicativa (per chi ne ricorda un passo famoso) la divulgazione trova il suo oggetto. L'Amleto in cartoni divulga tutte le funzioni narrative, e nient'altro che quelle. Le scene si susseguono, senza esitazioni, e ciò è paradossa le per l'Amleto (tragedia delle indecisioni di Am leto, ma anche di quelle di Shakespeare, secondo un famoso saggio di Thomas S. Eliot). Così l'AmZeto si tramuta in una favola altissima, dove avvelenamenti, suicidi, invettive, duelli si ad dentellano come ingranaggi lu brificati, ma non troppo scorrevoli (e la stessa calcolata di scrasia si avverte nella tecnica di animazione, che muove ì personaggi senza simulare teatralità e naturalismo utopisti ci). Shakespeare è lì, negli in terstizi tra una vicenda straor dinaria e le sue profondità in sondate. Per piccini e meno piccini, il futuro salto a Shakespeare risulterà facilitato, e là scopriranno l'irriducibile, non rappresentabile. Quel re sto che, come si sa, è silenzio. Stefano Bartezzaghi Muore Ofelia, vola un gabbiano: aspettando Macbeth-Mazinga William Shakespeare. Famosi laboratori russi di animazione ripropongono il suo capolavoro
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