Masino un castello che tornerà agli antichi splendori

Da diciotto anni il Fai acquista beni di grande valore storico per curare il recupero del nostro patrimonio culturale Da diciotto anni il Fai acquista beni di grande valore storico per curare il recupero del nostro patrimonio culturale Masino, un castello che tornerà agli antichi splendori // salone da ballo del '500 sarà restaurato con i proventi della manifestazione «Un regalo perfetto per festeggiare la maggiore età del Fondo per l'ambiente italiano». Il presidente della delegazione regionale piemontese del Fai, Lorenzo Vallarino Gancia, commenta così l'iniziativa di Romolo e Maurizio Battilossi, che con «Mille tappeti per un castello» contribuiscono alla raccolta dei fondi necessari per il restauro del salone da ballo del castello di Masino (nella foto a fianco), «uno straordinario complesso storico - spiega - in cui si radica un'epopea millenaria, che risale al regno di Arduino». Il Fondo per l'ambiente italiano - continua Vallarino Gancia - è nato nel 1975 «su iniziativa di pochi anticonformisti coraggiosi, preoccupati dallo stato di degrado in cui si trova l'immenso patrimonio culturale e ambientale del nostro Paese». Di qui la decisione di «collaborare concretamente e in prima persona con lo Stato italiano, cronicamente carente di strutture e finanziamenti idonei». Il compito di salvaguardare il maggior patrimonio artistico del mondo non è assolutamente facile. Il Fai si è ispirato all'istituzione del National Trust, che dal 1894 opera in Inghilterra, raggiungendo successi spesso clamorosi. «Alla base del nostro lavoro dice il presidente piemontese c'è una formula insieme semplice e carica di potenzialità: soltanto acquisendo per donazione, acquisto effettivo o comodato beni di altissimo valore storico (ville con parchi e giardini, castelli, dimore d'arte ed edifici religiosi, ma anche boschi e tratti costieri) è possibile garantire la loro salvezza. E soltanto la diretta proprietà è in grado di allontanare dn questo patrimonio unico al mondo, a favore delle generazioni che verranno, ogni pericolo di abbandono, incuria, speculazione edilizia e fondiaria». Sono ventitré i beni culturali e ambientali (fra cui vaste aree di valore naturalistico) che il Fai ha acquistato dalla sua nascita ad oggi. Otto le proprietà già aperte al pubblico, che nel 1992 hanno attirato quasi ventimila visitatori. Vallarino Gancia tra i «gioielli» del Fondo, ricorda il borgo, l'abbazia e 33 ettari di macchia mediterranea a San Fruttuoso, sulla Riviera ligure, la villa della Porta Bozzolo di Casalzigno e il monastero di Torba, entrambe nel varesotto, il castello di Avio in Trentino e la villa Balbianello sulle sponde del Lago di Como. Ma come funziona il Fai? «Abbiamo una struttura centrale con sede a Milano - continua il presidente piemontese e 54 delegazioni locali che hanno il compito di diffondere il messaggio del Fai sul territorio, segnalare possibili acquisizioni, promuovere iniziative culturali (da convegni e dibattiti a spettacoli), raccogliere fondi per le attività e i restauri». Sono già 18 mila gli italiani che hanno aderito alla Fondazione, versando una quota annuale spesso aumentata dalla generosità e dal senso civico del singolo. Inoltre, sottolinea Vallarino Gancia, molte società, enti privati e pubblici e istituti di credito contribuiscono a singole iniziative con finanziamenti di notevole entità. Un tipo di intervento che parte dal passato per proiettarsi direttamente nel futuro. «In base alla nostra prassi statutaria - dice Vallarino Gancia - i beni vengono restaurati, aperti al pubblico, adattati all'uso più confacente e gestiti con sistemi che consentono di tendere progressivamente all'autosufficienza economica di ciascuna opera d'arte, nulla togliendo alla dignità del luogo, del monumento e dei criteri scientifici di restauro». Il tutto con la trasparenza, lo spirito concreto, la rapidità di intervento e l'elasticità di decisione che troppo spesso mancano all'intervento pubblico. E in Piemonte, quali sono stati gli interventi più significativi del Fai? «La Fondazione ha acquisito due eccezionali testimonianze storico-artistiche - spiega il presidente -. Il castello della Manta, che sorge sulle colline vicino a Saluzzo ed è celebre per gli affreschi del primo Quattrocento, in stile gotico internazionale, che ornano il salone baronale. E proprio il castello di Masino, sull'alto di una collina morenica di fronte alla serra d'Ivrea, collegato al regno di Arduino del 1002 e legato alla storia della famiglia Valperga e dell'intero Piemonte: un documento unico, dove l'impronta dei secoli si inserisce in ambienti familiari abitati dai Valperga, generazione dopo generazione, fino a pochi anni fa». Il Fai ha acquistato il castello dalla famiglia proprietaria nel 1988. Da allora sono stati fatti molti consolidamenti e restauri, al fine di accogliere un pubblico particolarmente numeroso: quarantamila visitatori annuali, in continuo incremento. L'ultimo passo di questo lungo e affettuoso lavoro è proprio il ripristino del salone da ballo, realizzato nel Cinquecento con l'ampliamento di una torre medioevale. «Questo spazio affascinante dice Vallarino Gancia -, caratterizzato da una cupola decorata dai fratelli Galliari, necessita di restauri nelle superfici affrescate, nei paraventi, negli arredi e nei grandi serramenti di legno che, più di ogni altro elemento, hanno sofferto le ingiurie del tempo». Ed è proprio a queste ingiurie che la mostra del Lingotto cercherà di porre rimedio.

Luoghi citati: Avio, Como, Inghilterra, Ivrea, Milano, Piemonte, Saluzzo, Trentino