E la Chiesa si scoprì interventista Per Roma un sindaco «credente»

E la Chiesa si scoprì interventista Per Roma un sindaco «credente» E la Chiesa si scoprì interventista Per Roma un sindaco «credente» LA SVOLTA VATICANA UROMA NA volta si diceva: un Papa non è Papa se non è il Papa di Roma. Erano i tempi dei Papi italiani, e naturalmente, inevitabilmente, democristiani. Papi avvezzi a convivere e perfino allenati all'intreccio di poteri e congiure che avviluppa la Città Eterna. Romani, appunto, in quel senso. E in quella che viene ricordata come un'età dell'oro (in cui pontefici come Paolo VI e leader come Aldo Moro si ricordavano di aver mosso insieme i primi passi della vita pubblica, nelle riunioni della Federazione degli universitari cattolici), a un segretario de, approdato con la faccia contrita e l'atteggiamento devoto tipico di queste circostanze oltre il portone di bronzo, non sarebbe mai successo quel che accadde a De Mita, al suo primo incontro con Wojtyla. Alla vigilia delle elezioni politiche del 1983: «Io sono solo il vescovo di Roma», disse subito Giovanni Paolo II, per ridimensionare il suo ruolo politico, e intuendo l'imbarazzo del suo interlocutore, che era andato a chiedere un aiuto per la de. Questo ed altri episodi famosi di un passato recente - come quando le due limousines di Forlani e De Mita s'incrociarono, una in uscita, l'altra in entrata, all'ingresso del Vaticano - vanno animando il grande pettegolezzo politico che accende la vigilia della corsa per il Campidoglio. Con un Papa che a sorpresa, dopo un apostolato condotto fin qui sul respiro del mondo, «scopre» l'Italia e la politica italiana. E sembra pure appassionarsi. No, non è più il tradizionale e accortissimo ondeggiare dei vescovi della Conferenza episcopale sui problemi e sulle scadenze della tormentata democrazia italiana. Ora è il Papa in persona a richiamare la Lega, dosando, nell'anatema, la condanna dei propositi secessionisti lanciati e poi ritirati da Bossi, con il giusto riconoscimento di più forti autonomie locali. E sulla scia wojtyliana, ecco i vescovi sciabolare, insieme, contro le «parole gravemente offensive» di Occhetto nei loro confronti e contro le minacce della mafia; ecco ^Osservatore», organo ufficioso del Vaticano, giudicare «sconcertante» la reazione del pds all'inchiesta milanese che lo riguarda. Per non dire dell'intervento - intuibile, presunto, smentito - sul riavvicinamento fra Segni e Martinazzoli; e della partecipazione - questa sì, rivendicata alla rifondazione democristiana, con il filosofo Rocco Buttigliene, uno dei pochissimi amici personali del Papa, chiamato a commissariare il rinato partito cattolico di Martinazzoli. Se non fosse che l'ultimo degli strali ha colpito Bossi, il nemico dichiarato dei partiti ro- mani, l'allarme per la «crociata» risuonerebbe a perdifiato. Invece, se ne parla sottovoce, nei corridoi di Montecitorio. E aspettando il prossimo intervento del Papa, sono in molti a chiedersi quale sarà l'effetto della svolta interventista della Chiesa sulle prossime elezioni, e fin dove potrà arrivare. Ma davvero la Curia, già sconfitta due volte nei referendum sul divorzio e sull'aborto, può cercare rivincite nell'incerta Italia di transizione fra Prima e Seconda Repubblica e nella corsa per i sindaci? Il cardinale a cui rivolgo la domanda è un principe della Chiesa - s'intende, di quella romana - assai esperto di uomini e cose della politica italiana. Ma a parlargli di Bossi, prima aggrotta le ciglia, come avesse negli occhi il gesto e la furia un po' sacrilega del leader leghista, poi si lascia andare a una confessione: «Noi questi qui della Lega non li conosciamo. Non sappiamo chi sono, non riusciamo a capire cosa vogliono veramente. Vengono i nostri parroci a dirci che è brava gente, lavoratori che vorrebbero uno Stato più efficiente, servizi più funzionali, maggiore equità fiscale. E fin qui, rispondiamo, è il quadro del buon governo com'è raffigurato nel dipinto appeso al palazzo comunale di Siena. Ma il resto...». Il resto, che non è poco guardato d'Oltretevere, è il fossato del razzismo, che fa capolino in tanti discorsi leghisti contro gli extracomunitari: «Gli immigrati sono nostri fratelli, la Chiesa spesso è la loro unica casa. E noi dovremmo accettare di discriminarli?». I leghisti dicano, spieghino, si facciano conoscere, invoca Sua Eminenza. «E per esempio, chiariscano se veramente intendono staccare il Sud, per lasciarlo in balia della violenza. Ma lo sanno, prima di parlare, dov'è nel mondo che la mafia ammazza un prete? In due posti soltanto, in Sudamerica e in Sicilia! E la Chiesa dovrebbe consentire che la Sicilia sia lasciata da sola?». Sua Eminenza si ferma, frena appena l'irruenza, poi piega verso l'amarezza: «Bossi al Nord, la mafia al Sud. E al centro? Una volta, con i vecchi comunisti c'era almeno un certo rapporto di rispetto. Si diceva, ricordo: le due Chiese si parlano. Ma oggi: cosa dovremmo dire a Occhetto che ci accusa di prender parte a manovre e a convegni democristiani? Cosa dovremmo rispondere a quel dirigente del suo partito che ha definito "infame" il cardinale Ruini?». Viene al dunque, il cardinale. Ma avviandosi verso l'uscita, dove due anziani si attardano a chiedergli udienza, forse ha ancora qualcosa da dire, o forse riflette a voce alta: «L'Italia è sempre stata considerata un Paese cattolico. Ma se in questo Paese per parlare, per esistere, la Chiesa deve chiedere il permesso, non si venga a dire che la nostra predicazione è una crociata». Come andrà a finire? E' difficile dirlo: oltre il portone di bronzo il timore sovrasta ogni previsione. Tutti si aspettano, tutti hanno capito che la vera battaglia si combatterà a Roma, e chi ci accompagna alla sponda del Tevere ammette che «questa volta non è indifferente che il sindaco non sia di fede cattolica». Ma d'altra parte, nessuno si nasconde le difficoltà: una macchina inossidabile come quella di Andreotti resa inagibile dai guai giudiziari del «divo Giulio»; la catena delle preferenze del tandem Sbardella-Cl in crisi per la malattia dello «Squalo». E sul fronte del «nuovo», il neonato partito popolare di Martinazzoli che a Roma non ha ancora imparato a parlare. Chi si prepara, al fronte e nelle retrovie, è sicuro che lo scontro sarà senza esclusione di colpi: vecchi e nuovi, politici e imprenditori, giornali e televisioni, tutti dovranno schierarsi. Così, quella che Buttigliene chiama «la Chiesa di battaglia» va alla gara per il Campidoglio come a una lotta di sopravvivenza. L'esperienza insegna, e il dubbio è sempre lo stesso«Tutte le volte che i cattolici si sono contati...». Marcello Sorgi Dall'Osservatore ai vescovi Un'escalation di interventi contro Lega e «malapolitica» «Che cosa replicare a chi nel pds ha definito infame il cardinale Ruini?» Nella foto grande papa Giovanni Paolo II con il cardin?.1'- Sodano Vittorio Sbardella (foto sopra) A destra Achille Occhetto A destra il cardinale Ugo Poletti In basso Ciriaco De Mita