DIARIO DI MOSCA di Giulietto Chiesa

r r DIÀRIO DI MOSCA Boris colleziona deputati in vendita MOSCA IKOLAI Rjabov uno, Nikolai Rjabov due, Nikolai Rjabov tre. Aggiudicato! Venduto e impacchettato. Era vicepresidente del Soviet Supremo e ora, come un bel soprammobile, ornerà la sala Caterina del Cremlino in qualità di presidente della commissione elettorale. L'immaginario martelletto del tutt'altro che immaginario banditore si abbatte sul tavolo. Aleksandr Pocinòk uno, due e tre. Aggiudicato anche lui. Presiedeva la commissione bilancio del Soviet Supremo e si era distinto per il suo conservatorismo. Adesso, bella statuina, guida la commissione presidenziale che amministrerà i beni del Parlamento, appena sarà stato definitivamente chiuso, e siederà nel governo come viceministro delle finanze. Venduto e comprato anche il deputato Stepascin, che ha abbandonato il Soviet Supremo, ormai senza riscaldamento, per sedere al caldo come viceministro della Sicurezza Nazionale. Basta uscire dalla Casa Bianca e si riceve un posto al Cremlino. In pochi minuti. Naturalmente in nome dei più alti ideali. Non l'ha forse detto il presidente Clinton che in Russia stiamo assistendo allo sviluppo della democrazia? L'unico, di quelli che si sono dimessi, a non aver trovato ancora un posto è Evghenij Ambarzumov, ex presidente della Commissione Esteri del Soviet Supremo. Deve avere commesso qualche errore. Forse ha sbagliato la porta di uscita. O, forse, Eltsin proprio non si fida di lui. Poco male. Per i semplici deputati che si arrendono e escono con le mani in alto c'è già pronto un decreto di Eltsin: assegno equivalente a un anno di stipendio anticipato, appartamento assicurato, ospedale della nomenklatura fino alla fine del 1995. E al Cremlino si è aperto un «ufficio di collocamento» proprio così! - per deputati disoccupati. Ai convertiti sulla via di Damasco, par- don sulla ex prospettiva Kalinin, che porta dalla Casa Bianca agli uffici di Eltsin, si promette un posto di lavoro nell'Amministrazione presidenziale, nel governo, insomma dove capita. Eltsin, si sa, è un grande democratico. Talvolta gli manca lo stile. Ma è un peccato veniale. Sa comunque quanto vaie un uomo. E, spiegando il suo decreto ai giornalisti - già comprati (cosa succederebbe se «penne pulite» scoppiasse improvvisamente anche a Mosca?) ha sarcasticamente commentato: «Tra poco la dentro (intendesi l'aula sorda e grigia che meriterebbe senza dubbio di essere trasformata in bivacco per i cosacchi, ndr) resteranno soltanto Rutskoj e Khasbulatov». Forse, chissà, quando toccherà alla Storia (s'intende con la «s» maiuscola) decidere se e quali princìpi sono stati violati in tutta questa farsa moscovita, si scoprirà che Eltsin ha fatto involontariamente un complimento ai suoi due arcinemici: riconoscendo che non poteva comprarli. Ma tutti gli altri sì, pensa di poterli comprare e, forse, davvero ci riuscirà. Così, anche se non può vantare di aver istituito un precedente in Russia (perché Vladimir Ilic Lenin lo ha preceduto sciogliendo anche lui un parlamento pasticcione), almeno avrà mostrato alle nuove generazioni russe del post-comunismo la giusta via allo Stato di diritto. Ai tempi barbari di Niccolò Machiavelli i nemici si usava «spegnerli». Adesso - sempre valendo la regola che il fine giustifica i mezzi - perché non comprarli? Giulietto Chiesa ssa^J

Luoghi citati: Mosca, Russia