Bossi: ecco il pugno forte della Lega

Il proclama di Curno: il popolo del Nord aspetterà fino ad aprile, poi farà il suo Parlamento Il proclama di Curno: il popolo del Nord aspetterà fino ad aprile, poi farà il suo Parlamento Bossi: ecco il pugno forte della lega «A novembre rivolta fiscale» CURNO DAL NOSTRO INVIATO Votate, giurate, firmate! I diecimila della Lega esultano, ma non sanno come votare, neppure come giurare e firmeranno su pezzi di carta qualunque. Però è fatta, è andata, Umberto Bossi dopo due ore l'ha finalmente detto: «Se non si vota prima, a maggio ritiro la nostra delegazione parlamentare. Non andremo sull'Aventino, ma nascerà il primo Parlamento della Repubblica del Nord! Spostati presidente Scalfaro! Il popolo ti dà tempo fino ad aprile e poi si alza il pugno gigantesco del Nord! Vi abbiamo mandato segnali e segnali e adesso basta! Non lasceremo sprofondare il Paese!». Rieccola la Repubblica del Nord. Riecco, nonostante la giacca color pisellino, Umberto Bossi nei panni del gran condottiero. Parla e parla e parla. Protesta fiscale subito. Plebiscito per il federalismo in aprile, «e metteremo le urne in tutte le piazze, e investiremo gli organismi internazionali come l'Onu». Poi il Parlamento della Repubblica del Nord. E riecco, soprattutto, Bossi Capo indiscusso e indiscutibile: tutti ai miei ordini, signori della Lega. In riga i dirigenti: «Basta con le interviste su di me». In riga deputati e senatori: «Sto aspettando le vostre lettere di dimissioni in bianco». Non più nel pratone di Pontida, ma qui a Curno, il paese accanto, perché piove: sotto un capannone che sa di panino e di sudori, dove i leghisti vendono ogni possibile gadget e quelli di Moena perfino il formaggio «Puzzone», che delizia, almeno tre svenuti per il caldo. «Ma questa giornata dell'acqua e del pantano passerà alla storia come l'inizio della morte di quella classe politica che non vuol votare. La legalità, ormai, è «fuori dal Palazzo». Curno, il paese del giudice Di Pietro: basta un accenno ed è un'ovazione. Non così per Scalfaro, basta il nome e son diecimila «buffone, buffone!». Quasi due ore per farsi benedire dal suo popolo, per ottenere il sacro consenso dell'Adunata all'ultima decisione: attacco duro e serrare le fila. «E' finito il tempo dei proclami, qui si prende una decisione dalla quale non si può tornare indietro». Gianfranco Miglio, con ponpon e papillon, l'aveva anticipato di mezz'ora: «Questi non vogliono mollare il mazzo perché sanno che dalle urne usciremmo formidabili! E allora si sappia che se non si va al voto nascerà il nostro Parlamento con deputati, senatori, sindaci e consiglieri nostri. Ce ne andremo!». In prima fila si agita un cartello: «Viva Calvino!». Tutto facile, troppo facile per il Bossi da comizio. Come dice il leghista napoletano «Chillo è 'nu ddio», e chi lo tocca, chi lo contesta qui? Sul palco racconta l'ultima «panzana dei giornalisti di regime», quella delle pallottole che non sono per i magistrati di Mani Pulite, «ma per gli amici informatori di D'Alema che vorrebbero coinvolgere la Lega in vicende dove la Lega non c'entra». Pesta su Margherita Boniver, ex ministro psi, che sospetta di una Lega impegnata ad armarsi, stavolta sul serio: «Cara Boniver, bonazza nostra, noi siamo sempre armati perché abbiamo sotto un gran manico!». Quando Bossi parte così all'attacco, passa il tempo e si scopre che aveva qualche robusta preoccupazione. E di timori ha parlato per dieci minuti buoni: «Sono in atto meccanismi contro di noi, manovre che cercano di colpire la parte razionale della Lega». Diffidate dei giornali, diffidate dei giornalisti che son tutti gentaglia da Palazzo. Diffidate voi, parlamentari che passate per il Transatlantico di Montecitorio, «e quando scendo dal mio ufficio vi voglio attorno, un quadrilatero di protezione. Da questo momento bisogna stare attentissimi: il giorno della Lega al governo è sempre più vicino». Ogni ora che passa, per Bossi, è «un pezzettino di colpo di Stato in più». Al golpe non crede, non ci ha mai creduto: «Lo mettono in giro loro, quelli del Palazzo, perché hanno bisogno di legittimare questa situazione. Ma tranquilli, se ci sono di mezzo i nostri generali, il golpe è già fallito, è un'operetta. E poi che bisogno hanno del golpe se hanno ancora tutto il potere in mano, se possono permettersi di rinviare le elezioni?». Tocca a Scalfaro, «buffone, buffone!»: «Caro Scalfaro, l'unica contrapposizione che esiste nel Paese è tra i cittadini e la classe politica, tra i cittadini e il governo!». E allora via, a tutta forza. Alla voce vengono nominati cinque saggi incaricati di preparare la protesta fiscale, presto, prestissimo, a novembre: Formentini, Maroni, Miglio, Rocchetta e Speroni. «Abbiamo l'obbligo morale di agire at-ti-va-men-te», scandisce Bossi. E intanto, vigilanza leghisti! Attenti a tutto, anche alla Rai, così ne fa le spese Daniela Tagliafico, Tgl, che non può iniziare la diretta delle 13,30: «Ladri, ladri! Buuh!». Bossi non se ne accorge, sta dicendo: «Vogliamo un'Italia sola, sì, ma fatta nella maniera giusta. E adesso basta con i moniti, d'ora in avanti non scherziamo!». Di corsa, a firmare il giuramento. Giovanni Cerniti Il leader della Lega Nord Umberto Bossi durante II discorso-fiume di ieri mattina a Curno in provincia di Bergamo

Luoghi citati: Bergamo, Curno, Italia, Moena, Pontida