Le cure drastiche del Dottor Governo; il «mea culpa» di Barandino di Luciana Frassati

Dio creò il lavoro (e i poeti) LETTERE AL GIORNALE Le cure drastiche del Dottor Governo; il «mea culpa» di Bar abino Visite superficiali per il sig. Subalterno In passato erano i pazienti a recarsi dal dottor Governo per farsi prescrivere cure che li guarissero dai mali che li colpivano. Ora, sebbene fosse anch'egli stato colpito in tutti i suoi organi da varie malattie, e in particolare da un tumore maligno chiamato tangentopoli, era lui a recarsi dai pazienti. Le terapie a base di di riforme vitaminiche lo avevano rinforzato e questo gli permetteva di riprendersi e continuare ad essere l'esperto chirurgo che era. Convinto di dover in primo luogo risolvere i mali del re Capitale, della regina Economia e del loro amato figlio principe Profitto, trascurava i pazienti della famiglia del signor Subalterno. Nei confronti di questi ultimi, che erano numerosi e bisognosi di attente analisi, le visite non potevano che essere superficiali, drastiche le cure. Il dottor Governo usava il bisturi indiscriminatamente e lasciava che le ferite riportate negli interventi si rimarginassero spontaneamente. La conseguenza era che la famiglia del signor Subalterno veniva sempre più colpita da virus quali: sfruttamento, ingiustizia, disoccupazione, tasse, che generavano un bacillo chiamato criminalità nei cui confronti il dottor Polizia non sarebbe riuscito a trovare l'antidoto. E non sarebbe bastato che giornali e televisione dissertassero sugli argomenti con il dottor Industriale o con il dottor Sindacato e cosi via fino all'ultimo esperto nel diagnosticare mali e prescrivere cure. Bisognerebbe dare cure ricostituenti di libertà di pensiero-azione a familiari, parenti e amici del corpo Subalterno i quali conoscono bene le cause dei propri malanni. E se talvolta dissentono in modo poco garbato nei confronti di chi si erge a capo del coipo umano, è perché sono stanchi di essere curati malamente o non curati affatto, in balia di infide malattie privati di ossigeno e organi vitali.-All'èqui- pe del dottor Governo, non resta che fare il mea culpa per aver contribuito ad infettare persino ciò che prepone per il benessere dell'intero corpo umano. Se proseguirà con i metodi spicci e autoritari di dissanguamento della famiglia del signor Subalterno, ciascun organo, dai piedi alla testa, ne pagherà le conseguenze. Ogni male regredirebbe, forse fino a scomparire, se nelle vene di tutti si iniettassero i principi attivi di libertà eguaglianza fraternità, proteovitamine essenziali, che vengono tenute in casseforti super protette per tutelarne i segreti e le virtù. Janus, Torino Gorbaciov «gigante dell'umanità» Desidero scrivere una breve memoria di un avvenimento riguardante Gorbaciov. Il 10 dicembre 1990 egli doveva ricevere a Oslo il Premio Nobel per la Pace. Fui invitato a quella cerimonia dal direttore dell'Istituto Nobel quale autore de «La fiaba dell'incontro Gorbaciov-Wojtyla»: quel giorno Gorbaciov era assente a causa dei gravi problemi del suo Paese. Alla manifestazione furono dette parole meravigliose sull'opera di quel gigante dell'umanità che aveva dato libertà e speranza a milioni di uomini. Ma, leggendo la stampa internazionale, mi accorsi che i giornali liquidavano quell'avvenimento con pòche righe mettendo in evidenza l'assenza del protagonista. Quell'uomo così osannato mi sembrò umiliato e offeso. I mesi successivi dimostrarono, con gli scarsi aiuti reali ricevuti dall'Occidente, che era stata decretata la fine del personaggio e della sua politica. Gli avvenimenti attuali in Russia mettono di nuovo in evidenza la tragedia di una nazione e del suo popolo. La storia del mondo oggi avrebbe potuto essere diversa e migliore con Gorbaciov Presidente. Guido Liso, Torino Il ragioniere gioca con gli anagrammi Finalmente scoperto, confesso: ho barato, anzi Barabinato! L'acuto lavoro d'indagine de! sig. Rovetto {La Stampa del 15 settembre) è stato premiato: infatti il mio vero cognome è Barabino mentre Bonariba ne è l'anagramma. Ma passo immediatamente a discolpare anima e penna, iniziando da quest'ultima. Mi si chiede perché mi nascondo dietro un anagramma. No, non mi sono affatto nascosto e la prò ■ va la offre il sig. Rovetto, quando dice che nello stesso giorno (19 agosto), nella pagina delle lettere si leggono sia Bonariba che Barabino. Se avessi voluto gettare il sasso e nascondere la mano non avrei scritto anche il cognome vero. Per eventuali vili camuffamenti mi sarebbe stato assai facile firmare Mario Rossi o Salvatore Esposito. Il motivo è più semplice di quanto si possa pensare: squallido ragioniere (come mi ero autodefinito con vero cognome l'8 luglio), mi è sorto da qualche tempo l'hobby degli anagrammi. Incoraggiato dal fatto che ho avuto l'onore di essere nominato qualche volta da Stefano Bartezzaghi nella sua rubrica di anagrammi su «Tuttolibri», ho iniziato ad usare l'anagramma quasi per scherzo. Ma, sotto sotto «volevo» che prima o poi lo si scoprisse, perciò l'ho composto in modo che fosse facilmente spiegabile ad amici non pratici di queste cose: da qui il Lele e la medesima città. Solo in seguito ho pensato che con due cognomi avrei raddoppiato le possibilità di eventuale pubblicazione, giocando sul fatto che gli incolpevoli redattori addetti alla posta, sommersi ogni giorno da migliaia di lettere, non se ne sarebbero accorti. Vorrei dare una specie di giustificazione: penso di possedere una discreta versatilità (ad esempio il mio elogio ai glutei femminili e la poesiola ad Andreotti), ciò che non accade per taluni lettori che su quotidiani e settimanali insistono più volte a indignarsi, con Craxi o l'aumento del biglietto dell'autobus. Ed ora, passo alla parte religiosa. Sono stato liquidato come non credente dal sig. Rovetto: in realtà sono un credente disorientato e dubbioso; per quale motivo chi ha dubbi religiosi viene immediatamente condannato? Credo che queste persone dimentichino che la sublime frase di Pascal «Se mi cerchi - e chi ha dubbi cerca - mi hai già trovato» è stata scritta per chi la pensa come me e non per chi, beato lui, accetta e basta. Ma per la mia anima non ho perso tutte le speranze, in questo confortato dal fatto che anche parecchi spiriti eletti dovettero affrontare grandi travagli interiori prima di assurgere agli onori degli altari. Sul tema «dubbio», poi, vorrei dire che credo proprio che la capacità di porsi certi perché sia uno degli aspetti più nobili dell'intelletto, anche quando in materia religiosa avviene che il dubbio sia rivolto verso Dio. Ed ora, posso continuare a vestire i panni del Dottor Jekyll e di Mr. Hyde? Gabriele Barabino, Tortona I falsi rimpianti per De Lorenzo Desidererei sapere come si possano conciliare le dichiarazioni del ministro Gallo e del Presidente Ciampi sull'intenzione di non aumentare la già alta pressione fiscale, con l'autorizzazione data agli enti locali di applicare un ventaglio di balzelli. Non hanno capito che al contribuente poco interessa a chi sono destinati i soldi che sborsa, ma desidera solo non pagare più di quanto estorto in precedenza? Ma ci prendono proprio per deficienti? La circostanza che i balzelli applicabili dagli enti locali sia frutto di decisione di precedenti governi è una scusa ridicola. Tutti sappiamo che in Italia le leggi si fanno e si disfano ad ogni pie sospinto. Stesso discorso per le 85.000 lire per il medico di base; saranno abolite dal 1994 ma verrà aumentata l'aliquota della imposta sulla salute. Di questo passo la Garavaglia ci farà rimpiangere De Lorenzo! Giacomo Vincenzi, Vercelli Umberto II 18 marzo 1983 Re vilipeso e saggio Re di cent'albe sospese al tramonto del patrio suolo in sanguinanti piagne sul flusso della Storia non più ancorata al Pantheon vai all'offesa di quell'infame esilio. Da un gelido mare saturo d'ombre e di regali lacrime ora soltanto mormorando Oporto all'Eterno Sovrano torni vivente al tuo Racconigi Re per tanti anni condannato e pianto Luciana Frassati, Torino

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