«Prandini sotto processo» di Giovanni Bianconi

«Prendimi salto processo» «Prendimi salto processo» Ipm: incassò 20 miliardi di tangenti ROMA. A 53 anni compiuti Giovanni Prandini - dottore in Economia e commercio, deputato de per quattro legislature e senatore per due, 46.000 preferenze rastrellate tra Bergamo e Brescia alle ultime elezioni, forlaniano di provata fede - è il primo ex ministro della Repubblica per il quale si chiede il rinvio a giudizio davanti ad un tribunale ordinario. I quattro sostituti della Repubblica di Roma Armati, Martellino, Castellucci e Spinaci hanno chiesto che Prandini venga processato per il reato di concussione, pena prevista dal codice penale dai quattro ai dodici anni di carcere, chiudendo così il primo capitolo della Tangentopoli ministeriale. La richiesta dei quattro pub¬ blici ministeri, depositata ieri, è un'antologia delle tangenti Anas, oltre venti miliardi estorti agli imprenditori per costruire strade in tutta la penisola, dal Piemonte alla Basilicata, dalla Lombardia alla Puglia, dalla Sardegna alle Marche passando per Lazio, Emilia e Toscana. In dieci pagine i magistrati raccontano diciotto episodi nei quali l'ex ministro dei Lavori Pubblici Prandini, da solo o in concorso con altri, «abusando delle sue qualità e dei suoi poteri, costringeva o comunque induceva» ventidue imprenditori a pagare fior di miliardi per ottenere gli appalti. Il tutto fra il 1990 e il 1992, quando Prandini sedeva sulla poltrona di ministro nei governi guidati da Giulio Andreotti. La serie si apre con la concussione ai danni di «Baldi Antonio, amministratore della Carriero e Baldi Spa». Questo signore, secondo i magistrati, è stato costretto da Prandini ad acquistare l'albergo «Rosa Camuna» di Borno, provincia di Brescia, di cui era proprietario lo stesso ex ministro, al prezzo di oltre 7 miliardi, 3 in più del valore di mercato. Un acquisto ottenuto con la minaccia «di escludere la Carriero e Baldi da ogni affidamento dei lavori da parte dell'Anas». Non contento, Prandini avrebbe anche preteso e ottenuto da Antonio Baldi un miliardo e mezzo versato su un conto corrente di una banca svizzera che l'ex ministro si era premurato di indicare al costruttore. Se per Baldi la minaccia si riferiva genericamente agli appalti Anas, gli altri episodi indicati dai magistrati del pool «Mani pulite» di Roma fanno invece riferimento a tangenti ottenute per lavori specifici. Come il miliardo e 750 milioni pretesi da Prandini e dall'altro deputato de Francesco Cafarelli (ex segretario della commissione Antimafia) da Romualdo Dicorato per i lavori sulla statale 98 tra Canosa ed Andria, provincia di Bari, un appalto da oltre 35 miliardi. Oppure il miliardo e 280 milioni (il 5 per cento dell'appalto) «ricevuti dal Cafarelli in contanti, in più riprese, in nome e per conto del ministro Prandini» dall'imprenditore Gennaro Lalli, per l'adeguamento e la sistemazione idraulica della Barletta-Canosa, sulla statale 43. Sempre Prandini, stavolta in concorso con l'ex direttore generale dell'Anas Antonio Crespo, ha intascato 800 milioni dall'imprenditore Elio Delprato per i lavori da fare sull'autostrada ligure-toscana in occasione delle celebrazioni colombiane, «con la minaccia di bloccare atti amministrativi da emanare per il perfezionamento dei contratti in corso». La coppia Prandini-Crespo ha ottenuto tangenti per vari miliardi in altre sette occasioni, mentre quattro episodi di concussione sono contestati all'ex ministro in concorso con Lorenzo Cesa, ex consigliere comunale della de a Roma: ancora miliardi intascati con la minaccia di non firmare una carta, o bloccare lavori già appaltati. Adesso la parola sul rinvio a giudizio passa al giudice dell'udienza preliminare. Giovanni Bianconi