Un altro giudice indagato

Tangentopoli bresciana: nei guai presidente di corte d'appello Tangentopoli bresciana: nei guai presidente di corte d'appello Un altro giudice indagato Manlio Esposito, abuso in atti d'ufficio Nuovi avvisi a Curtò e a Palladino MILANO. E due. C'è un altro magistrato nei guai per la tangentopoli bresciana, quella che ha già portato in carcere Diego Curtò. Si tratta di Manlio Esposito, fino all'anno scorso presidente della sezione fallimentare del tribunale di Milano, oggi presidente della seconda sezione della corte d'appello. Contro il giudice Esposito la procura di Brescia ha inviato un avviso di garanzia. Concorso in abuso aggravato di atti d'ufficio, l'ipotesi di reato. «Non so nulla, cado dalle nuvole. Da Brescia non ho ricevuto nulla», spiega al telefono il magistrato. E' stato in ufficio fino alle 13: nulla. E a casa sua, alle 20, quella busta gialla da Brescia non è ancora arrivata. Lo stesso provvedimento sarà notificato al commercialista Giulio Castel.!, al giudice Diego Curtò (detenuto dal 3 settembre a Brescia), e all'avvocato Vincenzo Palladino, il custode giudiziario delle azioni Enimont. Ed è proprio il legale, anche in questo caso, ad aprire con le sue dichiarazioni questo nuovo fronte di indagine che ributta nella tempesta il palazzo di giustizia milanese. Al centro della vicenda su cui indagano i magistrati bresciani la società Mi^operi, un colosso nella fabbricazione di piattaforme petrolifere, entrata in crisi nell'88. L'acquisto da parte della Saipem (gruppo Eni) passò attraverso il Tribunale civile. Un'operazione ora al vaglio dei giudici bresciani. Di cosa si tratta? Vincenzo Palladino spiega tutto ai giudici il 14 settembre. E dai verbali, anticipati dall'«Espresso», spunta l'ennesima storia oscura di Tangentopoli. Racconta Palladino: «Mi interessai della vendita di quel pacchetto azionario alla Saipem. Trovammo un accordo negli uffici della Euromobiliare di Guido Boberto Vitale per concludere l'affare al prezzo di 10 miliardi». Manca solo il benestare dell'Eni. Ma questo non arriva. Palladino consulta Gabriele Cagliari, morto suicida a San Vittore, allora alla guida del Gruppo. Si decide di passare attraverso la procedura del concordato preventivo, tribunale civile, palazzo di giustizia. Comperando direttamente dal tribunale si sarebbero evitati diversi ostacoli. Ma la pratica ha bisogno di essere seguita. Spiega ancora Palladino: «Mi recai dal presidente vicario del Tribunale Diego Curtò. Lui chiamò immediatamente il presidente della sezione fallimentare Manlio Esposito. Lo aggiornai sul mio progetto, e a lui chiesi il nome di un commercialista di fiducia. Mi segnalò tale dottor Castelli (adesso nei guai pure lui, ndr), persona che conosceva bene». Ma non è ancora finita. Gravissimo il racconto che fa Palladino. Prosegue: «Il giudice Esposito disse di presentare la pratica di concordato preventivo che sarebbe stata poi valutata, per la sua ammissione, dal tribunale di cui egli stesso avrebbe fatto parte come presidente. In caso di ammissione avrebbe poi nominato un giudice di livello». E invece la pratica va nelle mani del giudice Biagio Meli. Magistrato preparato, ma poco incline a piegarsi ad altri voleri. Conferma Palladino: «Chiesi a Curtò di intervenire. Chiamò direttamente il dottor Meli per informarsi e solecitare la pratica, ma il dottor Meli ne rimase contrariato. Poco dopo il concordato finì in fallimento. Mi resi conto di quanto fosse stato controproducente l'intervento di Curtò». La Micoper entrerà in amministrazione straordinaria nel '91, con provvedimento del ministro Bodrato. Grave, gravissimo il ruolo del giudice Esposito. Si difende: «Non ho mai trattato direttamente quella pratica, so solo che poi è andata male». Conferma invece di conoscere gli avvocati Palladino e Castelli: «Sono a Milano da 35 anni, certo che li conosco», spiega. E Curtò? «Lo conosco dai tempi del concorso in magistratura», conclude il giudice Esposito. Due magistrati, altrettanti avvocati. Sullo sfondo i miliardi dell'affare Enimont, e adesso questa transazione. Ombra di tangenti pure lì? Si vedrà. Ma il dossier contro il giudice Curtò nelle mani dei magistrati di Brescia si fa pesante ogni giorno di più. Non ci sono solo le prove dei suoi conti in Svizzera, negati ancora oggi. Sul tavolo dei giudici Guglielmo Ascione e Francesco Madda- 10 c'è pure la relazione preparata da un collega milanese di Curtò, Roberto Sciacchitano, chiamato a condurre un'inchiesta interna su Enimont. Nel dossier, 15 pagine anticipate da «Panorama», viene raccontata la trattativa privata tra Curtò e l'avvocato Palladino sulla parcella miliardaria che ebbe 11 legale, e che poi girò 320 milioni al giudice. Ma c'è di più. Scrive il giudice Sciacchitano a proposito del blocco delle azioni Enimont deciso da Curtò: «Anche se è già stato adottato in passato, non è previsto da alcuna disposizione di legge». Fabio Potetti LE SUPER MAZZETTE DELL'EX MINISTRO GENNAIO-MARZO 1990 VENDITA ALBERGO "ROSA CAM UNA" ALL'IMPRENDITORE ANTONIO BALDI 3 MILIARDI INVERNO 1990-91 COLOMBIANE AUTOSTRADE LIGURI-TOSCANE 800 MILIONI FINE 1991 APPALTI CAN0SA, ANDRIA, FOGGIA, CERIGN0LA, BARI E SS 16 ADRIATICA 3 MILIARDI E 240 MILIONI ESTATE 1991 BALDI VERSA UN'ALTRA TANGENTE 1 MILIARDO E 500 MILIONI APPALTO LAVORI STRADA STATALE ANDRIESE-CORATINA 1 MILIARDO E 750 MILIONI MAGGIO '90-GENNAIO '91 RISTRUTTURAZIONE IDRAULICA TRONCO BARLETTA-CANOSA 1 MILIARDO E 280 MILIONI APRILE 1991-APRILE 1992 APPALTO STATALE 16 970 MILIONI L'aw. Palladino, custode giudiziario delle azioni Enimont L'ex presidente vicario del Tribunale di Milano Diego Curtò. E' accusato di essersi interessato della società Micoperi, colosso in crisi. Ma i suoi uffici non la salvarono dal fallimento