La fisica' Te la insegneranno i videogiochi

APPRENDIMENTO APPRENDIMENTO La fisica? Te la insegneranno i videogiochi Potrebbero persino servire a spiegare la relatività di Einstein SU «Psicologia contemporanea» è recentemente apparso un articolo di Francesco Antinucci - «Piaget vive nei videogiochi» - che ha risvegliato il mio interesse. L'articolo conùncia con la frase «se siete genitori e avete un figlio di età tra i 6-7 e i 15-16 anni vi sarà certamente capitato di vederlo... davanti al rutilante schermo di un videogioco». I miei figli non si adattano più allo schema di Antinucci ma i miei nipotini vanno benissimo: da quando è arrivato in casa un lettore di cdrom mi hanno sfrattato dal computer. Secondo dati statistici (Ferraris) attendibili il 47 per cento dei bambini delle scuole elementari ha un computer in casa. Il fenomeno è dunque massiccio, probabilmente irreversibile e capace di produrre rivoluzioni sociali. Tangentopoli, non ancora videogioco, è in parte decollata grazie all'uso esteso di compu¬ ter da parte del pool di Mani pulite. La prima reazione dei benpensanti è quella di gridare allo scandalo. Ma l'articolo di Antonucci mi piace proprio perché va controcorrente, vede il fenomeno sotto un angolo più ottimista e costruttivo ed infine lo analizza professionalmene. Egli nota che ci sono tre e solo tre categorie di videogiochi così definite: 1) Videogiochi di abilità e destrezza: il piacere che suscitano consiste nel continuo miglioramento della prestazione; 2) Videogiochi di simulazione: il piacere qui è dato dalla buona esecuzione di un esercizio mentale complesso; 3) Videogiochi che propongono una articolata storia fantastica: il loro piacere deriva dal far vivere una avventura. Solitamente ma non sempre un videogioco appartiene a una sola categoria. La prima è appannaggio dei giovani: quando mi azzardo a guidare una Formula 1 o piloto un FI5 vado subito fuori strada e mi uccido. Le altre mi attirano per alcuni minuti ma poi mi annoio. Mi interessa invece la tesi di Antonucci che lega le tre categorie di giochi ai tre livelli cognitivi che gli psicologi dell'età evolutiva, seguendo Piaget, distinguono sia nella successione ontogenetica quanto nel funzionamento cognitivo dell'adulto. Non sono uno psicologo e non oso addentrarmi in una disciplina di cui so poco ma tuttavia il poco che capisco mi interessa. Esistono un livello sensomotorio, un livello simbolico e un livello operatorio, e questi livelli paiono adattarsi a meraviglia alle tre categorie di videogiochi. Se questo è vero, allora i videogiochi sono uno strumento diagnostico e di intervento potente, non soltanto nella psicologia infantile ma anche in quella adulta, e vanno esaminati con tutto il rispetto. Uno dei gravi problemi non solamente del Terzo Mondo ma anche della società affluente è la difficoltà di mandare avanti un sistema educativo che sembra diventare sempre più inefficiente e costoso. Da tempo sono convinto che l'epoca delle dispense e dei vari testi-manuali di apprendimento che popolano le nostre aule sta per finire e che il destino è del computer. Lo si può odiare ma non guardare dall'altra parte e far finta che non esista. Ignorarlo significa lasciarlo esclusivamente in mano a potentissimi interessi commerciali che sfruttano pulsioni innate con incredibile efficienza e spregiudicatezza. Le risorse impegnate nello sviluppo di videogiochi sono immense: negli Stati Uniti la Nintendo, una delle più grandi case produttrici di videogiochi ha già installato oltre 30 milioni di macchine presenti in quasi il 70

Persone citate: Antinucci, Antonucci, Einstein, Ferraris, Francesco Antinucci

Luoghi citati: Stati Uniti