I giapponesi d'Inghilterra

Visita alla Honda di Swindon Visita alla Honda di Swindon I giapponesi d'Inghilterra LONDRA DAL NOSTRO INVIATO «Per favore, indossate il vostro cappellino Honda durante tutta la visita in segno di rispetto e sostegno verso i nostri dipendenti». L'avviso, cortese ma perentorio, accoglie chi va a Swindon, due passi da Londra, per vedere l'impianto realizzato dalla Casa giapponese in Gran Bretagna per produrre motori e, dall'anno scorso, la berlina Accord. E' un piccolo segno della mentalità degli uomini del Sol Levante. Altri si colgono nello stabilimento: pulizia, ordine ed efficienza. Tanti cartelli, con i nomi dei dipendenti, riuniti in team di lavoro. Le foto, i nomi, le qualifiche, persino gli hobbies. Gli inglesi, rivestiti in tute bianche con il solito cappellino Honda in testa, trottano allegramente, anche se con ritmi meno esasperati di quelli che abbiamo colto in passato nella fabbrica Nissan di Sunderland o in quelle Toyota di Burnaston e Deeside (motori, nel Galles). Sono giovani (età media 28 anni, il 10% donne) e, forse, nemmeno hanno visto quel film famoso che si chiamava «Il ponte sul fiume Kwai». Altri tempi, quelli, anche se la guerra continua oggi nel mondo dell'auto con i costruttori americani, europei e nipponici impegnati in una sfida all'ultimo sangue, specie in questi tempi di crisi. Ma il Sol Levante ha un'arma in più: per dirla alla Calvet, presidente del Gruppo Psa, la portaerei britannica ancorata davanti al Vecchio Continente. E già, perché la vecchia e acciaccata Albione ospita impianti e centri vari di Nissan, Toyota e Honda che sfornano ogni anno migliaia di vetture. Il ritornello di tutte le Case giapponesi è uno solo: «Queste sono auto europee per l'Europa». Non fa eccezione la Honda, che si fa forte del concetto di costruttore mondiale o, se preferite, di multinazionale che produce vetture dovunque, studiate su misura per l'area cui sono destinate. Anche se poi - la notizia è di questi giorni - le linee della giapponesissima Civic sono destinate ad essere trasferite di punto in bianco negli Usa soltanto per ragioni economiche (il minor costo del lavoro). Ma le filosofie sono una cosa, la realtà un'altra. Ai principali costruttori europei il ritornello proprio non TOYOTA BIRImpianti giappones piace. E da anni la battaglia tra Cee e Tokyo per i transplants, come sono definiti questi impianti, è accesa. Il nodo della questione? C'è una regolamentazione sul numero delle auto importate nel Vecchio Continente dal Giappone, ma sulle fabbriche nippo-inglesi si discute ancora. Auto europee sul serio oppure cavalli di Troia da limitare? Anche perché i volumi di produzione dei transplants, oggi relativamente contenuti, sono destinati rapidamente a aumentare. Si parla, per il '95, di 290 mila Nissan (la Primera e la Micra), di 110 mila Toyota (la Carina) che arriveranno poi a 200.000 e di 109 mila Honda (la Accord e la Concerto). Senza contare che la Nissan ha uno stabilimento anche in Spagna e che presto la Mitsubishi disporrà in Belgio di un impianto realizzato in accordo con la Volvo (200 mila unità all'anno, metà Mitsubishi e metà Volvo). Si discute e, intanto, il Sol Levante porta avanti i suoi piani. Con cortese quanto forte determinazione, anche perché la situazione in casa non è più florida come un tempo e bisogna arrangiarsi. La Honda, ad esempio, è partita a Swindon producendo mo tori (luglio '89) per sé SUNDERLAND NISSAN MINGHAM 4/—v .... LONDRA i in Gran Bretagna per la Rover (cui è legata da accordi tecnici e finanziari), poi è passata alle auto (ottobre '92). E dai 5000 propulsori costruiti all'inizio arriverà nel '95 a quo ta 200 mila e dalle 50 mila Accord ora realizzate su un turno di lavoro salirà al doppio nel gi ro di un anno. Oggi i dipendenti di Swindon sono 1300, in futuro duemila La fabbrica, naturalmente, si ispira ai concetti che hanno fatto la fortuna delle Case giappo nesi: grande flessibilità e snellezza, massima efficienza, ricerca della qualità fondendo automazione ed elemento urna no, produzione just in time. Al riguardo, quelli della Honda ga rantiscono che qui si utilizza componentistica europea per il 60%, con l'intenzione di passa re all'80% nell'arco di 18 mesi E aggiungono: «Nel '95, quando l'impianto funzionerà a regime su due turni, spenderemo 500 milioni di sterline in compo nenti, anche made in Italy» E così il visitatore italiano con il suo cappellino in testa può tornarsene a casa contento Michele Fenu TOYOTA SUNDERLAND NISSAN BIRMINGHAM 4/—v .... LONDRA Impianti giapponesi in Gran Bretagna

Persone citate: Calvet, Michele Fenu, Sunderland