Publio l'etrusco tra i cinghiali della Maremma di Sabatino Moscati

Publio l'etrusco tra i cinghiali della Maremma Decine di stanze, sauna e splendidi affreschi: era una delle residenze più lussuose dell'antichità Publio l'etrusco tra i cinghiali della Maremma Scoperta una villa romana tra i boschi: per gli archeologi è un enigma il NA splendida villa romana risalente a circa duemila anni or sono è stata scoperta nella maremma toscana, in posizione panoramica su un'altura che domina la valle del fiume Albenia, presso l'attuale paese di Scansano. Per l'ampiezza, per l'eleganza dei pavimenti marmorei e delle pitture parietali, per la raffinatezza del sistema di riscaldamento, si tratta di una delle residenze fuori città più lussuose che si conoscano di quel tempo. La villa sta riemergendo a seguito degli scavi effettuati dall'Università di Santa Barbara in California, d'intesa con altre istituzioni scientifiche dell'America e del Giappone. A questo punto il lettore comune (e siamo tutti lettori comuni, salvo per un piccolo settore di specializzazione) si chiederà se c'era proprio bisogno di un tale spiegamento internazionale di forze e se un'area archeologica così interessante non potevano, più semplicemente, scavarla gli archeologi italiani. Non si tratta di nazionalismo, ma di logica elementare. La risposta è complessa. L'Italia ha una tradizione di grande liberalità nel campo dell'archeologia: le porte sono aperte per tutti gli stranieri che vogliano lavorare da noi, fatta salva l'ovvia verifica della competenza e del rispetto delle norme di tutela. Nel caso specifico, inoltre, l'archeologo personalmente impegnato nella ricerca si chiama Mario Del Chiaro, sicché l'origine italiana è evidente. Tutto sommato, dunque, facciamo bene a tenere le porte aperte; forse con l'aggiunta di non dimenticare che gli altri debbono fare lo stesso con noi. Ma torniamo alla villa. Gli scavi in corso ne hanno messa in luce circa la metà, il che già basta a individuarne la pianta e le strutture: eccezionali, come dicevamo, perché solo al piano terreno v'era una ventina di stanze intorno al cortile, mentre ulteriori stanze dovevano trovarsi al piano superiore, di cui poco resta ma la cui esistenza è dimostrata da una scala. Verosimilmente, la funzione primaria del piano superiore era di offrire una vista panoramica sulla valle, sul fiume, sulla distesa dei boschi dove già allora s'annidava, come ancora s'annida, il cinghiale. Al piano terreno v'era nel mezzo un cortile colonnato, il cui pa¬ vimento constava di grandi lastre di travertino. Le lastre erano solcate da sottili canalette, destinate a far defluire l'acqua piovana verso un'apertura centrale, che consentiva il passaggio in una cisterna sotterranea. Intorno al cortile si disponevano le stanze, nelle quali va segnalata anzitutto un'elegante sauna circolare, realizzata mediante il passaggio sotto il pavimento, in un'apposita intercapedine, dell'aria calda prodotta da una vicina fornace. Vengono così anticipati i più moderni sistemi di riscaldamento! Le stanze del piano terreno costituivano la residenza vera e propria. Qui un salone principale, che misurava ben 9 per 12 metri, si distingue per il magnifico pavimento in tessere di marmo multicolori. Le pareti, che si conservano solo nella parte inferiore, erano decorate con pitture ad affresco, che gli scopritori paragonano per bellezza a quelle di Pompei ed Ercolano. Oggi le pitture stesse giacciono a terra in frammenti; ma v'è da sperare che, alla conclusione dello scavo, sarà possibile ricomporle in tutto o in parte. Nelle rimanenti stanze del piano terreno i pavimenti sono costituiti da un variopinto cocciopesto, cioè da frammenti di terracotta congiunti in un letto di malta; e in tale cocciopesto s'inseriscono, arricchendolo, frammenti marmorei sia regolari sia irregolari, che contribuiscono alla vivace policromia. Inoltre, alcuni locali di servizio sono realizzati in mattoncini, distinguendosi per ciò stesso dall'area padronale. Infine, v'è un settore separato per la lavorazione del vino e dell'olio, che costituiva parte integrante della vita della villa. Numerosi reperti «mobili» sono stati recuperati nel complesso archeologico: lucerne, vari tipi di ceramica e infine un bollo su mattone che ha consentito l'identificazione del proprietario. Il bollo, infatti, reca lo stemma familiare raffigurante un'aquila ad ali spiegate che tiene un serpente tra gli artigli; e con lo stemma c'è il nome «Publio, figlio di Publio Anilio», che subito rimanda a una famiglia romana, quella degli Anilii, nota in specie per la statua dedicata a un suo componente, Marco Anilio Rustico, nel foro di Ostia. Un'ultima riflessione merita la località scelta per la villa, davvero inusuale rispetto alle abitudini prevalenti dei romani, che sceglievano di solito località più vicine, soprattutto verso la costa tirrenica e la Campania. Perché gli Anilii fecero diversamente? A parte l'originalità e la bellezza della sede, si suppone che la famiglia fosse di origine etnisca; e allora l'enigma si spiegherebbe, almeno per questa parte. Sabatino Moscati Mosaici, marmi e getti di aria calda nei pavimenti per riscaldarsi Particolare della villa romana scoperta a Scansano tra i boschi della Maremma: risale a circa duemila anni fa e domina la valle del fiume Albenia

Persone citate: Publio Anilio

Luoghi citati: America, California, Campania, Ercolano, Giappone, Italia, Pompei, Scansano