«Noi ragazzi dello Zen con i mafiosi come maestri»

«Noi ragazzi dello Zen con i mafiosi come maestri» «Noi ragazzi dello Zen con i mafiosi come maestri» DEB DBSPERATI SE si dovesse immaginare la foto di Palermo, non potrebbe essere che il ritratto di una sterminata folla in bianco e nero. No, a colori no. Perché la tonalità che può dare il senso di Palermo sta in mezzo, tra il bianco e nero: una nebbia grigia che avvolge tutto il bene e tutto il male. Cos'è il Malaspina, carcere minorile, se non la logica conseguenza della contraddizione che alberga nelle esistenze di piccoli criminali, capaci delle più inaudite atrocità, e - nello stesso tempo - vittime di violenze che vengono dall'alto? Chi ha avuto modo di occuparsi dell'uccisione di don Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio, sa cosa nascondano i quartieri e le borgate palermitane. Tocca con mano l'inferno del mondo giovanile di Palermo. E' un mondo che abbiamo imparato a conoscere dai giornali, dalle piccole storie che ogni tanto finiscono in copertina. Ora, questa materia incandescente è finita in un libro: «Ragazzi di Palermo», scritto da Rosellina Salemi, giornalista siciliana in prestito al Nord, edito dalla Rizzoli. Il Malaspina e la sua disperazione, il Cep con i suoi orrori, la storia di Santina Renda, dei suoi carnefici-vittime, il corso dei Mille con la camera della morte, i bambini-adulti, la mafia dei «grandi» e quella dei ragazzi, gli indifferenti, gli arrabbiati, i cosiddetti «quartieri alti», dove si trova di tutto: la violenza metropoli¬ tana, il volontariato cattolico e le scuole per privilegiati come le «Ancelle» e il «Gonzaga», che «formano la classe dirigente». Lo Zen, che ha poco da spartire con la filosofia orientale, e significa semplicemente Zona Espansione Nord, cioè quartiere-dormitorio. La droga, le mamme spacciatrici, padre Gallizzi. E la storia atroce di Claudio Domino, piccola vittima innocente di un killer, anch'egli giovanissimo eppure senz'anima, capace di sparare in fronte a un bambino. Poi la speranza: la nuova coscienza antimafia, i giovani in piazza, il futuro sognato senza violenza. E' un viaggio nel ventre di Palermo, il racconto di Rosellina Salemi in libreria per l'inizio di ottobre. Con un grande pregio: quello dell'assoluta assenza di moralismo, sentimento sostituito dall'amore che - tuttavia - non assolve nessuno. Il viaggio si conclude coi risultati di un sondaggio nelle scuole. E' triste dover ammettere che i giovani di Palermo, riguardo al problema della mafia, ostentano maggiore scetticismo dello stesso Tommaso Buscetta. Ma c'è un dato confortante: l'84,62 per cento degli intervistati ha risposto che l'arma migliore contro la mafia è l'onestà. Più della repressione, più degli interventi governativi. PubbUchiamo alcune delle testimonianze raccolte nel libro. [f. 1.1.] Voci dal Malaspina «E' la prima volta che sono arrestato. Mi sono messo su un motorino per gioco, però sono un bravo ragazzo. Una volta mentre pregavo in chiesa, una suora mi chiese di tenerle la borsa mentre lei parlava al microfono, poi le mancarono le chiavi e lei incolpò subito me, io mi sono molto infuriato e litigammo molto forte, io persi il controllo e ho usato le mani, lei poi ritrovò le chiavi nella borsa (non le aveva viste) e mi chiese scusa perché aveva pensato male. Mia madre è in carcere perché coinvolta in spaccio di droga e mio padre lo stesso in Olanda». (Fedele F., 15 anni) «Sono qui al Malaspina per un furto di un'auto. Abbiamo rubato l'auto per fare [rapinare, n.d.r.] un tabacchino. Io sono sceso dalla macchina e se l'è presa l'amico mio, si voleva sentire più scaltro degli altri e andava a senso unico ed è andato a sbattere in un'altra macchina. Siamo scappati perché già arrivava una "volante", tempo che scappiamo ci hanno presi. Per me qui è una vacanza, è la prima volta che sono entrato, non so quante volte devo entrare, perché devo andare a rubare di nuovo, perché mi servono i soldi, spero che non mi prendono così mi compro una 125 per andare a rapine. Se mi riesce porto tutti gli amici in discoteca, trattoria e ci divertiamo e con i pochi soldi che rimangono mi compro dei vestiti per farmi notare dalla polizia, per fargli vedere che io non mi spavento della galera». (Carlo S., 17 anni) «Questa è la terza volta che en- tro, due volte per furto e una per spaccio e non intendo entrare mai più, anche perché la prossima volta mi porterebbero all'Ucciardone. Quando esco vorrei intraprendere la carriera di cantautore. Mi piacciono molto le canzoni napoletane (in particolare Nino D'Angelo e Gigi Finizio), vorrei diventare un giorno come loro e spero che ci riesco». (Girolamo N., 17 anni) «Ho quasi 18 anni, è già la quarta volta che entro, la prima perché ho preso una macchina per fare un giro, poi mi sono trovato in mezzo a una rapina e poi ho combinato un guaio con un coltello e devo stare attento perché la prossima volta mi portano all'Ucciardone e allora addio tutto. Vorrei andare a lavorare perché questa qui è strada che non spunta, ma non posso lavorare dalla mattina alla sera per pochi soldi, poi finisce che faccio le rapine e spero che non mi prendono». (Alessandro R., 17 anni) «Sono la mamma di un ladro. All'uomo che ha ammazzato Stefano auguro di fare la stessa fine di mio figlio. Al cuore gli hanno sparato, come un cane. Quando l'ho visto era morto da poco. Aveva il petto spaccato, ma le mani erano ancora calde. Non posso avere pace: che bisogno c'era di ammazzarlo così? Aveva solo spaccato il finestrino di una macchina, non aveva neanche jreso l'autoradio. Era scappato perché aveva paura, non aveva neanche una pistola. Il carabiniere poteva sparargli a un piede, riempirlo di legnate: perché me l'ha ammazzato? Destino infelice di questo figlio che non voleva studiare e si era messo a rubare, e aveva amici di Borgo Vecchio che rubavano come lui. Il suo amico Richetto Consiglio 10 ammazzò un poliziotto nell'89 e lui e gli altri ragazzi della strada fecero una rapina per comprare una lapide. Diceva: non mi prendono, vedrai. Ma poi i carabinieri vennero a prenderlo e lo portarono al Malaspina. Ci restò sette mesi, gli fecero fare un corso di pelletteria, gli insegnarono 11 computer, mi pareva sulla buona strada. Invece no. Una sera mi telefonano e mi dicono che Stefano è in ospedale, allora vado come una pazza al pronto soccorso e nemmeno i medici hanno il coraggio di parlare, perché mio figlio è morto, steso su un tavolo e tra poco arriva il giudice. Era il 7 aprile del '91, Stefano aveva diciott'anni». (Eugenia Di Piazza, 45 anni) «Io al Malaspina non ci sono stato, ma tanti miei amici ci sono stati. Potrei raccontarti certe storie... Io vengo da un quartiere buono, ma da Palermo me ne sono andato perché lì non è vita. Adesso sto a Novara con mia moglie e lavoro tutto il giorno come carpentiere. Il mio desiderio è di fare l'attore, ho fatto Meryper sempre e mi è piaciuto molto. Sono stato un po' famoso e mi hanno detto che ero bravo. Avrei voluto continuare, ma è difficile, sai, tutto costa. Ti posso dire un sacco di cose, io non sono come gli altri che non li puoi neanche avvicinare, ma almeno cinquecentomila me le dai per l'intervista?». (Salvatore Termine, 26 anni) Un quartiere: il Cep «Nel nostro quartiere esiste la mafia e la vediamo negli atteggiamenti che assumono alcuni ragazzi simili a quelli degli adulti come i cosiddetti "muntati"e i "prepotenti". Imitano i "pezzi da novanta", fanno la voce grossa. Quando dicono "Cosa inutili", "Ti scannu se non mi vai accattali i sicarietti", "Tu arresti cumia", noi siamo costretti a ubbidire, altrimenti... Sappiamo che la mafia coinvolge anche le persone oneste e che arriva anche a uccidere. In famiglia si parla poco di questo, a volte non si parla neppure. Quasi tutti dicono che la mafia non finirà mai di esistere». (Inchiesta dei ragazzi della media «Cocchiara»). «Vademecum del perfetto citta- dino, punto 5: Non incendiare i cassettoni della nettezza urbana. Vademecum del perfetto tifoso, punto 2: Se hai delle divergenze con altri tifosi, non prendere il coltello a serramanico». (Dal giornalino scolastico «Comprendere e Proporre»). «Care compagne, vi scrivo perché ho molta nostalgia di voi. Mio marito è all'Ucciardone e non gli posso neanche portare il bambino perché non ho i permessi per i colloqui perché non siamo sposati. Lui ha fatto brutte cose, ma io non lo sapevo, perciò quasi quasi lo lascio». (Lettera di Marina alle compagne di terza media). «Chi conosce la terra dove tutto / d'indicibile mafia colora? / dove tranquillo il mar l'onda sfiora / i rifiuti del passato? Dove il pino e il cipresso / si spaventano di essere bruciati / dove i finocchi e i broccoli crescono avvelenati / dove i ragazzi con l'Honda / scippano le borse con professione / dove Schillaci giocò / Palermo, terra magica / di apparizioni e sparizioni». (Giuseppe, IID). «Io ho capito che la droga fa ma¬ le perché mia mamma mi dice di stare attenta alle siringhe quando cammino». (Maura, 12 anni). «Io non c'entro con la droga. Io portavo solo le bustine e mi davano diecimila lire». (A. S., 9 anni). «Hanno ucciso papà» «Mi chiamo Fabrizio, sono un bambino di 13 anni e mi trovo alla "Casa del Sorriso" perché la mafia ha ucciso mio padre e la mia famiglia si è disgregata. Io rivedo sempre ciò che è successo, poiché ero presente quando mio padre fu ucciso. Era il tramonto, io e mio padre tornavamo a casa dopo essere stati allo sfascio di "Tonnarella" dove lavorava. Viaggiavamo su un motore e io, abbracciato a lui, mi sentivo felice. Appena fermati, davanti a casa nostra, una macchina si accostò silenziosamente. Stavamo per entrare quando sentimmo gli spari. Mio padre si girò e venne colpito al viso e in altre parti. Io restai fermo a guardare, non mi mossi, ero paralizzato. Vidi solo mio padre cadere, nient'altro. Tutto si svolse velocemente, la macchina ri- partì e io rimasi a guardare mio padre a terra. So che è stata la mafia a uccidere mio padre, l'ho sentito dire agli altri e io la odio perché ha distrutto la mia famiglia. Ora io e mio fratello ci troviamo qui, lontani da tutti». (Lettera a Giovanna Terranova, presidente dell'Associazione donne contro la mafia) Cos'è la mafia? Alle domande d'un questionario distribuito nelle scuole, i ragazzi hanno spesso dato risposte libere. Eccole. Che cos'è la mafia? «La mafia è in ognuno di noi. Sconfiggerla? Meglio allearsi. Perchè non provate con Schwarzenegger? La mafia si respira nell'aria, puoi evitare di respirare? Ho deciso di non aver paura. Se i mafiosi fossero come al cinema sarebbe facile riconoscerli. La mafia ci sarà sempre. Lasciamo perdere». Può essere sconfitta? «Ci vuole la pena di morte. Mettete una taglia, come nei film west. Fate uno Stato nuovo. Mandate tutti i mafiosi sulla luna. Nessuno dà il buon esempio. Non è un problema mio. La mafia è come l'uva, viene sempre calpestata, ma purtroppo produce del succo». Perché continua a esistere? «Se la mafia mi assume io ci vado. Meglio disoccupato che mafioso. Chi ci capisce niente? Se ne sono fregati per anni e ora... Adesso scoprono che i politici sono ma- . fiosi, ma noi l'abbiamo sempre saputo. La colpa è tutta di Andreotti. La colpa è dello Stato che non funziona ed è ladro». Come si può dimostrare di essere contro la mafia? «Per essere antimafìosi bisogna: andare all'«albero Falcone», studiare mettere i lenzuoli alle finestre, arrabbiarsi, combattere, gridare. Non bisogna: comprare sigarette di contrabbando, elùdere raccomandazioni, fottersene, drogarsi, spacciare, avere paura». Come si comportano i tuoi amici e i tuoi genitori rispetto al problema mafia? «I miei amici sono molto impegnati... ad aiutare la mafia. I miei amici se ne fregano, tanto non cambia niente. I mafiosi hanno molti amici. Andare alle manifestazioni serve a perdere tempo. Io ho visto otto funerali: sono tutti uguali. Alle manifestazioni vanno anche i disonesti. Sentiamo una grande rabbia, ma non sappiamo cosa fare. Io a volte gioco a Totò Riina, ma mia mamma non vuole. I miei si lamentano e basta». In un libro lettere e testimonianze dei giovani del Cep e del Malaspina «La mafia è come l'uva, la calpesti ma esce sempre il succo» Un dormitorio all'interno del carcere minorile di Palermo, il Malaspina, dei cui detenuti il libro di Rosellina Salemi raccoglie molte testimonianze

Luoghi citati: Borgo Vecchio, Novara, Olanda, Palermo