«Truppe italiane in Bosnia? Perché no»

Vicino il compromesso tra serbi e musulmani, Owen lancia un messaggio a Roma EX JUGOSLAVIA « Vicino il compromesso tra serbi e musulmani, Owen lancia un messaggio a Roma «Truppe italiane in Bosnia? Perché no» Un'Armata Nato di 50 mila uomini per la pace BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Mai come oggi gli spiragli per una possibile pace in Bosnia hanno fatto filtrare tanta luce. Se ne è detto convinto il leader dei serbi Radovan Karadzic, malgrado le esitazioni del rivale musulmano Izetbegovic. E i due mediatori, quello europeo David Owen e quello delle Nazioni Unite Thorvald Stoltenberg, sono venuti a dirlo ieri al quartier generale della Nato, chiedendo un impegno rapido ad inviare 50 mila uomini una volta firmato l'accordo. A sollevare tante speranze è stato il lungo atteso cedimento dei croati di Bosnia, che hanno finalmente accettato l'idea di un accesso al mare per la Repùbblica musulmana. Allo stesso tempo, secondo Karadzic, anche i serbi avrebbero ottenuto uno sbocco a mare nei pressi del confine con il Montenegro, uno «Stato amico». In cambio, i croati avrebbero ottenuto l'entroterra di Dubrovnik, evitando così futuri pericoli di nuovi bombardamenti. Sulla strada dell'accordo resta però l'esitazione di Izetbegovic. Il Parlamento bosniaco dovrebbe riunirsi lunedì in seduta straordinaria per esaminare l'accordo e, in caso di voto positivo, fonti concordanti riferiscono che la riunione per la firma definitiva potrebbe essere convocata a Ginevra già alla metà della settimana prossima. E' proprio tenendo presente questa ipotesi ottimistica che Owen e Stoltenberg si sono pre- sentati ieri a Bruxelles al quartier generale della Nato, dove hanno incontrato il segretario generale dell'Alleanza atlantica, Manfred Woerner. I due hanno chiesto il dispiegamento in tempi rapidi di 50 mila uomini Nato, insistendo sul fatto che il contingente, incaricato di assicurare il rispetto degli accordi, deve essere bene armato, poiché i rischi di essere invischiati in operazioni di combattimento sono altissimi. Woerner, ricordando che la Nato ha già espresso disponibilità, e sta attualmente mettendo a punto i piani di impegno, ha tuttavia posto ben precise condizioni: «Un mandato chiaro, non ambiguo (da parte delle Nazioni Unite, ndr); obiettivi precisi e regole di ingaggio per compiere il lavoro con efficienza». Woerner ha inoltre insistito sui limiti di tempo dell'intera operazione: «Se gli Stati manderanno truppe sarà solo per un periodo definito», ha detto. Owen e Stoltenberg, così, hanno assicurato che il piano di pace parla di una presenza di forze Onu per due anni. «Spero che il messaggio espresso da questo incontro alla Nato venga udito a Sarajevo da tutti quelli che hanno dubbi», ha detto Owen, ancora una volta insistendo sul fatto che l'Alleanza deve «entrare (in campo) rapidamente e con fermezza, con una forza seria e credibile». E' l'ipotesi preferita dagli Stati Uniti, che d'altra parte sono disposti ad assicurare la metà delle truppe necessarie all'operazione: 25 mila uomini, compresi i marines e la prima divisione corazzata. E' probabile che i musulmani, che cercano attualmente di guadagnare ancora qualche metro sul terreno, daranno il giusto peso ad un impegno Nato, che in ogni caso Woerner ha voluto condizionare ad una precisa richiesta del Segretario dell'Orni Boutros Ghali. Se tutto dovesse andar bene, tuttavia, per la Nato sorgerebbero due problemi non trascurabili. Quello del comando, che gli americani vorrebbero in mani Nato, e ciuindi sotto il proprio diretto controllo, e che francesi e inglesi vogliono invece lasciare in mani Onu. E quello del racimolare i 25 mila uomini ancora mancanti all'appello. A questo proposito, secondo indiscrezioni da noi raccolte, David Owen ha affrontato il problema di una eventuale partecipazione italiana al contingente di pace. «Mi rendo conto perfettamente dei problemi storici - avrebbe detto Owen al Consiglio atlantico - ma a mio avviso, ed anche secondo l'opinione Boutros Ghali, la presenza di truppe italiane non sarebbe malvista dalle parti belligeranti, serbi compresi». Gli impedimenti però non sono solo di ordine storico. L'Italia ha già settemila uomini impegnati nelle diverse operazioni Onu, e difficilmente potrebbe schierarne altri. C'è anche un problema di bilancio, ma il problema più grosso è il rischio di essere coinvolti in combattimenti con le bande o con le popolazioni locali: altissimo. Fabio Squillante