Demjanjuk un ritorno da incubo di Foto Reuter

Picchetti davanti alla sua casa a Cleveland, è condannato a vivere sotto scorta Picchetti davanti alla sua casa a Cleveland, è condannato a vivere sotto scorta Demjqnjuk, un ritorno da incubo Minacce e insulti all'arrivo in America NEW YORK NOSTRO SERVIZIO John Demjanjuk è tornato in America ieri. E' stato duro il viaggio (sull'aereo che aveva lasciato Israele martedì sera alcuni viaggiatori gli hanno gridato «assassino!», anche se una signora poi gli ha augurato buona fortuna), ed è stato duro l'arrivo all'aeroporto Kennedy di New York, dove ad attenderlo, oltre a un centinaio fra giornalisti e fotografi e un consistente schieramento di polizia, c'era anche un gruppo di ebrei del movimento «Kahane Chai» che lo ha accolto con una veemente manifestazione di ostilità. La rabbia di quel gruppo per la liberazione di Demjanjuk ha finito per mescolarsi all'altra rabbia per l'accordo fra il governo israeliano e l'Olp e la stretta di mano fra Rabin e Arafat, e infatti i dimostranti hanno bruciato un'effige del premier israeliano. C'è stato anche qualche tafferuglio e la polizia ha arrestato due persone. Dopo sette anni di detenzione, Demjanjuk ha vinto la sua battaglia processuale. Il tribunale di Tel Aviv ha riconosciuto che «Ivan il terribile», il guardiano del campo di Treblinka, non è lui ma un altro ufficiale nazista, Ivan Marchenko, del quale si sono perse le tracce. Fra i due, è stato stabilito, c'è solo una vaga somiglianza. Ma quello di Demjanjuk in America non è stato il ritorno di un trionfatore. Ora lo aspetta un'esistenza fatta di paura che qualcuna delle minacce di morte lanciategli venga messa in pratica, e di nuove battaglie legali per riottenere la cittadinanza americana, annullata nel 1981 perché dopo la guerra, al momento di entrare negli Usa proveniente dall'Ucraina, non aveva dichiarato tutta la verità. -• Un primo assaggio- della vita che lo aspetta lo ha avuto ieri, attraverso, la manifestazione degli estremisti e la notifica, da parte delle autorità americane, che il suo caso è tutt'altro che chiuso, che la sua richiesta di riottenere la cittadinanza sarà duramente contrastata e che l'obiettivo finale dell'Ufficio immigrazione è quello di espellerlo, non in Israele, stavolta, ma in Ucraina. E a Seven Hill, il sobborgo di Cleveland, nell'Ohio, dove Demjanjuk ha vissuto per decenni svolgendo il lavoro di meccanico, si stanno preparando a rendergli la vita difficile con picchetti davanti alla sua casa. Le autorità della cittadina, quando hanno saputo che Demjanjuk stava per tornare, hanno varato un'ordinanza che proibisce di tenere manifestazioni davanti alle abitazioni private, ma la sezione locale dell'Aclu, l'associazione che veglia sul rispetto dei diritti costituzionali, ha già impugnato quell'ordinanza. La presenza di Demjanjuk quindi è destinata a sollevare anche altri problemi.. «In pratica non sarà mai un uomo libero», ha detto ieri suo figlio John jr., che è andato apposta in Israele, assieme al cognato Ed Nishnic e James Traficant, un deputato democratico dell'Ohio, per accompagnarlo nel viaggio. «Non, perlomeno, nel senso di poter andare dove vuole, senza essere accompagnato da nessuno». Almeno per il primo periodo, infatti, Demjanjuk disporrà di una scorta. Alcuni poliziotti privati veglieranno sulla sua incolumità. «Non saranno giorni facili, e per di più dovrà riabituarsi alla vita fuori della prigione», diceva il figlio. «Per un uomo di 73 anni sarà una cosa dura». Se sia andato direttamente a Cleveland non è chiaro, ed anche questa è una prova della vita semi-clandestina che dovrà fare. Il piccolo aereo noleggiato per lui a New York aveva presentato un piano di volo per la città dell'Ohio, ma sia il figlio sia il genero hanno detto che quella era la sua destinazione finale, non quella immediata, sulla quale si è preferito mantenere il segreto. La moglie, a Seven Hills, ha detto di non avere previsto nessuna celebrazione per il suo ritorno. «Sarà di nuovo a casa - ha risposto a chi la interpellava - e questa sarà già una celebrazione». Perché tutto questo odio nei suoi confronti, nonostante il ri-conoscimento che «Ivan il-terribile» non è lui? Perché in Israele, subito dopo la sentenza che lo scagionava, ci sono state richieste di processarlo per altre possibili colpe. Se non era a Treblinka, dicevano alcune associazioni di sopravvissuti all'Olocausto, era in qualche altro campo, forse So bibor. Ma il governo israeliano non se l'è sentita di formulare una nuova accusa, considerando che il «pubblico interesse» fosse quello di evitare la probabile sconfitta in tribunale. Franco Patitarelli Demjanjuk trasportato all'aeroporto Ben Gurion e, a destra, sul volo per New York [FOTO REUTER]