Quando sbaglia il Presidente
Quando sbaglia il Presidente PERSONE Quando sbaglia il Presidente OMENICA scorsa, in piazza San Marco a Venezia, è successo in sostanza questo: il Presidente della Repubblica ha insultato, dandogli dei cretini e dei villanzoni, alcuni insegnanti precari che protestavano perché perdono il lavoro e manifestavano fischiando, sostenuti da alcuni studenti, contro il ministro della Pubblica Istruzione ritenuto responsabile della neodisoccupazione nella scuola. Di simili e più gravi proteste se ne son viste e se ne vedranno molte, in questo periodo bruttissimo. Ma l'episodio di Venezia fa riflettere non soltanto su quella assoluta tragedia che è restare senza lavoro, senza stipendio per sopravvivere, senza alternative; fa riflettere pure sul comportamento del Presidente della Repubblica. Sull'episodio i media hanno invece discusso in termini strani, si sono posti curiose domande: l'intervento del Presidente, magari inteso a «salvare» dalla contestazione il ministro Rosa Russo Jervolino, magari sentito da lui come gesto cavalleresco a difesa di una donna nei guai, non avrà finito per mortificare la presidente del partito democristiano, per rivelare la tenace mentalità maschilista di un settantacinquenne? Perché Russo Jervolino avrebbe dovuto aspettarsi un trattamento diverso da quello subito in passato dallo stesso Scalfaro, da Franca Falcucci e da altri ministri della Pubblica Istruzione, perché non avrebbe dovuto essere in grado di fronteggiare da sola la situazione? E, per chi vuol protestare, fischiare non risulterà un rito fintamente liberatorio, un esercizio gratuito, poco impegnativo? Tacere non sarebbe più dignitoso che far chiasso? Ah, quanto era diversa la contestazione del 1968 da questa contestazione debole, pronta a spegnersi... Sono interrogativi fatui o seri, discorsi scemi o intelligenti. Comunque marginali, evasivi. La questione posta dall'episodio veneziano è piuttosto: come mai il Presidente della Repubblica se comportato così? Protestare, contestare, fischiare, sono forme d'espressione legittime, legali, democratiche: può la massima autorità dello Stato non saperlo, reagirvi con stizza autoritaria, tuonare al microfono «No. Ho detto no»? La protesta diventa persino più legittima quando viene da gente che perde il lavo¬ ^^iene ro: può il Presidente della Repubblica rispondervi con gli insulti («cranio pieno d'aria», «mancanza di intelligenza e di educazione», «incapacità di civiltà»), con la messa al bando («sono pregati di andarsene»)? Chissà cosa c'è all'origine d'un modo di fare tanto poco consono al ruolo istituzionale, tanto stonato per un uomo che ha saputo manifestare solidarietà agli operai calabresi in lotta e che ha saputo condividere gli sdegni dei contribuenti per il 740. Chissà se a Venezia se risvegliato l'ex ministro della Pubblica Istruzione contro il quale all'inizio dei Settanta i cortei dei liceali romani scandivano «Scalfaro somaro»; o se si è risvegliato l'ex ministro degli Interni, come molti ministri degli Interni diffidente o ostile verso studenti, professori e intellettuali piantagrane in genere. Chissà se s'è svegliata la suscettibilità personale di chi ritiene inammissibile ogni protesta alla propria augusta presenza. Chissà se i fischi hanno acuito le paure per il futuro, inducendo a pensare che fosse necessaria una reazione «forte» per far capire che la protesta pubblica non è gradita nell'Italia delle élites ladre, dei cittadini spogliati dalle tasse, del disastro economico dovuto pure al malgoverno. L'intervento del Presidente ha ottenuto un risultato. Ha azzittito i fischiatori di Venezia: il che dimostra che non si trattava di gruppi «organizzati» (come Scalfaro ha detto in tono accusatorio, quasi che organizzare una protesta non fosse un diritto democratico ma un reato, un complotto sovversivo) di contestatori ideologici o partitici, che agli insulti avrebbero raddoppiato la protesta. Come tanti altri italiani in questi giorni, magari i fischiatori erano mossi da quella disperazione che fa presto ad avvilirsi nel silenzio: tanto meno meritavano d'essere trattati così dal loro Presidente. Lietta Torna buoni on^J
Persone citate: Franca Falcucci, Lietta, Rosa Russo Jervolino, Russo Jervolino, Scalfaro
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