All'Ilva una fragile pace
All'Uva una fragile pace All'Uva una fragile pace La Cee apre uno spiraglio per Taranto TARANTO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Accordo siglato. L'Ilva rimette in moto i suoi impianti dopo che la protesta di 160 lavoratori cassintegrati e in mobilità di tre aziende dell'indotto l'avevano bloccato per cinque giorni. Lunedì era stata raggiunta la tregua. Ieri sera alle 23,15, dopo una lunga giornata di trattative che hanno rischiato più volte la rottura, Uva e sindacati dei metalmeccanici Firn, Fiom e Uilm sono riusciti a raggiungere un'intesa con la mediazione della prefettura. Verrà costituita una commissione mista di cui faranno parte rappresentanti dell'Uva, dell'Associazione degli industriali, delle aziende interessate e ovviamente dei sindacati, che dovrà occuparsi di mettere a punto, entro il 29 settembre, un piano che prevede il rientro in produzione di tutti i lavoratori. Sarà il prefetto di Taran¬ to, Alfonso Noce, ad avere il ruolo di garante. Entro il 15 ottobre, poi, Uva e sindacati ridiscuteranno il sistema degli appalti. Già da ieri, con la ripresa dell'attività in fabbrica, è cominciato il rientro dei mille dipendenti che l'Uva aveva deciso di mettere in libertà. Non si sa invece quando i 160 operai dell'indotto potranno tornare al lavoro. Saranno loro, adesso, a dire l'ultima parola sull'accordo. Potrebbero accettarlo, e dunque rinunciare a qualunque forma di protesta, o rigettarlo, riprendendo l'occupazione dello stabilimento. Nelle prossime ore sono in programma delle assemblee. Il negoziato era cominciato ieri mattina, dopo l'arrivo della notizia che Gianfranco Borghini, il presidente della task force sull'occupazione sarà a Taranto venerdì per incontrare una delegazione di sindacati, industriali e amministratori; e dopo le parole del ministro dell'industria Paolo Savona il quale, incontrato a Bruxelles il commissario Cee alla concorrenza Karel Van Miert cui ha illustrato il piano di ristrutturazione Uva, ha detto che lo stabilimento tarantino non subirà tagli. La capacità produttiva di Taranto verrà ridotta, ma in modo non sostanziale. Nonostante queste notizie, gli animi non erano sereni. Firn, Fiom e Uilm avevano chiesto per i lavoratori l'assunzione da parte dell'Uva, o quanto meno la garanzia, che alle aziende dell'indotto venisse assicurato un minimo di appalti per dare lavoro ai di- pendenti. Secca replica dell'Uva: questo potrà avvenire, ma non derogando al principio della concorrenzialità. Insomma, nessuna agevolazione alle aziende locali: avranno spazio solo se, a parità di prestazioni, offriranno costi più bassi. «Non possiamo rinunciare al mercato, sarebbe una follia», afferma il direttore dello stabilimento, Nicola Munì. «Siamo disposti a valutare tutte le possibilità esistenti per inserire questi lavoratori nel ciclo produttivo. Ci auguriamo che non vi sia un altro blocco degli impianti. La fabbrica non potrebbe sopportarlo, si metterebbe in pericolo la vita dell'Uva», dice ancora Munì. I dipendenti delle aziende dell'indotto interessati alla vertenza sono in tutto 820. L'Uva - accusano i sindacati - ha pratica una politica di risparmio a costo di ricorrere all'«acquisto» di mano d'opera con sistemi poco ortodossi alimentan¬ do il «caporalato dell'industria». «Ogni giorno - spiega un dirigente della Belleli che vuole rimanere anonimo - ci sono padroncini che accompagnano lavoratori alle porte della fabbrica. L'Uva paga per ogni addetto 25 mila lire l'ora, mentre a noi, che abbiamo una struttura industriale, dovrebbe pagarne 40 mila. Ora siamo pronti a offrire un ribasso del 30 per cento. Scendiamo quindi a 28 nula, ma rischiamo ugualmente di essere perdenti se ci basiamo sul principio della concorrenzialità sostenuta dall'Uva». Negli ultimi tre mesi - ancora dati sindacali - l'Uva avrebbe appaltato all'esterno con la formula definita «in-out» 500 mila ore. Si calcola che i lavoratori utilizzati siano all'incirca 1.500. Ma adesso, l'accordo. E la parola passa agli operai. Tonio Atti no
Persone citate: Alfonso Noce, Belleli, Gianfranco Borghini, Karel Van Miert, Munì, Nicola Munì, Paolo Savona
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