Shevardnadze prigioniero della guerra
Shevardnadze prigioniero della guerra Shevardnadze prigioniero della guerra Battaglia a Sukhumi, abbattuto un jet civile: 27 morti LA GEORGIA IN FIAMME MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Cade un Tupolev russo civile abbattuto da un missile terra-aria di fabbricazione russa ma di incerta provenienza: morte 27 persone, 21 passeggeri, almeno sette giornalisti stranieri. Nel cielo di Sukhumi, capitale sotto assedio della piccola Abkhazia, la guerra georgiana si infiamma in un conflitto da cui la Russia non può più chiamarsi fuori. Ai margini dell'ex impero si spara e si muore. Al sesto giorno, la guerra d'Abkhazia ha superato il conto di 300 morti. La capitale Sukhumi, assediata dagli indipendentisti e difesa dalle truppe georgiane è sul bordo dell'apocalisse. Si spara nei quartieri periferici, arrivano tiri d'artiglieria anche in centro, si vedono automobili in fuga che portano sul tetto le bare con i morti: «Non vogliono lasciare qui neanche i cadaveri». Eduard Shevardnadze, presidente georgiano, sta sulle barri- cate: «La caduta di Sukhumi significherà la distruzione dello Stato georgiano. Resteremo qui fino all'ultima goccia di sangue». L'ex ambasciatore di Gorbaciov sta giocando in prima linea un ruolo difficile. Ha decretato lo stato di emergenza nel Paese, introdotto la censura, vietato gli scioperi, sospeso il Parlamento. Lunedì i russi lo hanno accusato di aver provocato il ritorno della guerra dopo che il «cessate il fuoco» aveva resistito per quasi due mesi. Il presidente americano Clinton gli ha inviato un messaggio di appoggio e lo invitato a riprendere i colloqui di pace con i separatisti abkhazi. E' già sfuggito per caso a due attentati. Si dice che un membro della delegazione georgiana alle trattative abbia proposto di sornministrargli del sonnifero e riportarlo a Tbilisi. Gli abkhazi sostengono che l'uomo che si muove sulle barricate di Sukhumi non è Shevardnadze ma un suo sosia. Nella leggendaria repubblica caucasica anche le tragedie si colorano di fantasie. La drammatica realtà di ieri è l'abbattimento del Tupolev 134 avvenuto poco dopo mezzogiorno mentre l'aereo, proveniente da Soci, stava atterrando all'aeroporto di Sukhumi. In un primo tempo sembrava che vi fosse a bordo la delegazione georgiana alle trattative che si stanno svol¬ gendo nella piccole città russa sul Mar Nero. Poi la notizia è stata smentita, anche perché misteriosamente i georgiani sono ieri mancati all'appuntamento di Soci. A bordo dell'apparecchio vi erano invece civili, tra cui i giornalisti. Del fatto sono stati subito accusati i separatisti abkhazi, che più tardi hanno smentito «categoricamente». Di certo quel missile terra-aria di fabbricazione russa con testata a ricerca di fonti di calore tira dentro il conflitto la Russia che a tutti i costi cercava di svolgere soltanto un ruolo di garante del cessate il fuoco. Ieri, a Tbilisi, sono anche stati rapiti due ufficiali delle truppe russe tuttora presenti con quindicimila uomini nell'ex repubblica sovietica. Mosca deve ora decidere che fare. Domenica il governo di Chernomyrdin aveva deciso sanzioni economiche molto dure nei confronti degli abkhazi. Interrotti gli approvvigionamenti di carburante e di energia. Ma non è servito. La preoccupazio¬ ne per quanto stava accadendo laggiù era stata comunicata lunedì dal ministro della Difesa Graciov anche al nostro ministro Fabbri, in visita a Mosca. E Graciov con parole dure ha accusato Shevardnadze di aver complicato le cose con atteggiamenti presidenziali. Tornato in Georgia un anno fa, l'ex ambasciatore della perestrqjka ha provato a sciogliere il groviglio che si è rivelato più difficile delle trattative per la fine della guerra fredda. L'Abkhazia (500 mila abitanti, parte ortodossi, parte musulmani, su un piccolo territorio ai bordi del Mar Nero), una delle due repubbliche della Georgia, vuole l'autonomia da Tbilisi. L'ha cercata con una guerra fermata a luglio con un fragile accordo che aspettava la conclusione dei negoziati di Soci. Pressato anche dalle truppe irregolari dell'ex presidente georgiano Gamsakurdia, Shevardnadze ha scelto la via più coerente, ma più caffi cile. [c.m.] Il Presidente nel capoluogo dell'Abkhazia, ma per i ribelli si è fatto sostituire da un sosia Dimostrazione contro Shevardnadze davanti al ministero degli Esteri a Mosca. Il leader è prigioniero a Sukhumi dove piovono bombe e si combatte per strada
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