«Rutzkoi è il nuovo capo» e i nostalgici esultano
«Rutzkoi è il nuovo capo» e i nostalgici esultano «Rutzkoi è il nuovo capo» e i nostalgici esultano E' MOSCA l'una e un quarto quando Ilja Konstantinov, presidente del Fronte di Salvezza nazionale, esce sul grande terrazzo della Casa Bianca, alza il pugno destro, prende il microfono con la sinistra e annuncia che Boris Eltsin è stato destituito: «Amici e compagni, Aleksander Vladimirovich Rutzkoi è il nuovo presidente della Russia. Pochi minuti fa ha giurato sulla costituzione». La gente applaude, grida, muove le bandiere, soffia nella notte nera di Mosca. Sul terrazzo, ridenti e contenti come se fosse una festa, gli uomini e le donne dello stato maggiore della Russia che dice di no a Boris Eltsin si congratulano tra loro. Il Soviet supremo ha appena finito la sua seduta, Ruslan Khasbulatov, giacca nera, camicia nera, cravatta marrone, volto pallidissimo, ha annunciato l'intervallo di una riunione che è durata poco meno di un'ora: il tempo di respingere l'ukaz di Eltsin, proclamare destituito il presidente, prendere atto che al suo posto c'è ora l'ex vicepresidente Rutzkoi, alleato del Soviet Supremo da almeno sei mesi. Fuori c'è un popolo povero che aspetta. Quanti? A mezzanotte, quando ancora non si sapeva se sarebbero arrivati deputati sufficienti a cominciare la seduta, c'erano 6-700 persone. All'una e un quarto quando Konstantinov dà l'annuncio dal balcone, ne erano rimasti 3-400. Intorno alla Casa Bianca, due anni fa simbolo della resistenza ai golpisti che volevano far sopravvivere il comunismo, oggi simbolo dell'opposizione a Boris Eltsin, c'è il vuoto. E' la solita Mosca di notte, con le volga chiare dei tassì che corrono veloci, le lampadine fioche, gli ultimi chioschi con le luci accese. Pochissima polizia, intorno al parlamento russo. Crescono, invece, le barricate di questi pochi resistenti. Sono piccole e modeste barricate formate da assi di legno, cassonetti dei rifiuti, rottami, vecchi termosifoni, bidoni vuoti, qualche gioco di bambini trasportato dai cortili delle case vicine. Non c'è niente di bellico- so: sembrano mucchi di immondizia più che cavalli di frisia di una rivolta popolare. Là dietro la gente è quella solita delle manifestazioni. Ci sono le bandiere rosse dei comunisti, lo striscione del Kpss, il defunto partito comunista dell'Unione Sovietica, le bandiere bianco-giallo-nere del Fronte di Salvezza nazionale, l'innaturale partito che tiene insieme neocomunisti, nazionalisti, zaristi, antisemiti, etc. Ci sono le vecchie signore con le icone dei santi sul petto, i vecchi signori con le foto di Stalin e di Lenin, i giovani cosacchi con la divisa militare e la spada con l'impugnatura che luccica. Ci sono parecchi giovani in tuta mimetica e il distintivo rosso del ruskij nazionalnij sobor, un altro movimento ipernazionalista. Thermos di the caldo e fumante girano tra la gente. Non si può dire che ci sia tensione. Le truppe della divisione Dzerzhinskij evocate dagli anti Eltsin non si vedono. Il generale Graciov, ministro della Difesa che, secondo la testimonianza di un anonimo deputato sarebbe stato contrario alla decisione di Eltsin, ha appena dichiarato che l'esercito resterà neutrale. Ci sono i soliti poliziotti di guardia alle porte, due hanno il giubbotto anti proiettile e il kalashnikov, ma niente di più. Un deputato dice che tutte le auto dei parlamentari sono state bloccate nei garage, un altro ci dice che i telefoni della Casa Bianca sono stati isolati. Può darsi: però dalla sala stampa si può tranquillamente telefonare. L'impressione è che Eltsin abbia fatto il vuoto intorno al parlamento nemico. Li ha dichiarati decaduti, i loro atti non sono validi. Khasbulatov ha convocato il Congresso (che è il parlamento allargato, composto da più di mille deputati) per oggi. Si farà la riunione? Vedremo. Qui alla Casa Bianca, davanti ai loro trecento supporter, i leader dell'opposizione ridono e scherzano come se fosse una festa. Arriva Zhouganov, neosegretario dei neocomunisti; ecco Mikhail Chelnokov, il deputato che propose l'impeachment di Eltsin all'ultimo Congresso. Arriva anche la biondissima Sazni Umalatova che si guadagna il microfono e grida: «Eltsin è destituito, spero che da oggi ci sia pace nel nostro povero paese distrutto da Gorbaciov. Viva l'Unione Sovietica». Viva, grida la gente e canta: «Vittoria, vittoria». Ecco Astafiev, quello che annunciò il golpe all'ultimo Congresso: «Stanno ancora nel santo Cremlino, ma li cacceremo via. Compagni, amici stiamo qui, insieme, tutta la notte». [c. m.] «Alla Casa Bianca tagliate le linee Siamo pronti alla guerra civile» Ruslan Khasbulatov, presidente del Parlamento russo e grande avversario di Eltsin
Luoghi citati: Mosca, Russia, Unione Sovietica
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