Attrice e regista di se stessa di Oriana Fallaci

Attrice e regista di se stessa Attrice e regista di se stessa «Ilfiglio di carta diventa figlio di carne» L'idea No, no, la moda ame■ |È ricana e francese degli audiobooks non c'entra. Al libro parlato io incominciai a pensare quasi quindici anni fa, e decisi di farlo nel 1990. Cioè subito dopo la pubblicazione di hnriallah, quando di audiobooks non si parlava nemmeno. Perché non lo feci allora o negli anni seguenti? Lo dico subito. Scoppiò la guerra del Golfo, ci andai, e questo provocò il primo rinvio. Poi tornai dalla guerra, un po' malconcia perché mentre ero coi Marines nel deserto del Kuwait m'ero beccata la Nuvola Nera cioè la velenosa fuliggine dei pozzi in fiamme, e per qualche mese non potei combinare nulla. Mal di testa atroci, dolori al petto e ai polmoni, nausea, afonia... A Natale mi ripresi e fui pronta di nuovo. Ma scoprii che la traduzione francese di /»sciallah era stata fatta in modo indecente, e dovetti correre a Parigi: rifarmela da sola. Questo causò il secondo rinvio. Conclusa la traduzione francese, scoprii che la traduzione inglese era ancora peggio. E dovetti rientrare a New York per rifarmi da sola anche quella. Questo causò il terzo rinvio. Conclusa la traduzione inglese, venni subito operata di cancro. A ciò è seguto un anno di tregenda, e questo ha provocato il quarto rinvio. Mi son messa al lavoro appena ho potuto. Cioè quest'estate. Oh, che brutta estate! Non ho visto il sole, quest'estate. Dalle otto e mezzo di mattina alle dieci di sera sono sempre stata chiusa in una sala di registrazione. Cioè al buio. E interrompendomi soltanto per mangiare la fetta di pane con la mortadella". La scelta «Perché ho scelto Lettera a un bambino mai nato e non Un uomo o Insciallah? Oh, mi sarebbe piaciuto incidere Insciallah. E' il libro che amo di più, quello nel quale mi riconosco di più, e - forse - prima o poi lo inciderò. Ma è lungo quasi ottocento pagine, contiene ben cento personaggi nella stragrande maggioranza maschili, che almeno teoricamente devono parlare con voce maschile, ed è pieno di dialoghi. Anche limitata a una dozzina di capitoli e basta, l'impresa si annuncia infernale. Un uomo sarebbe più facile perché è il racconto che una donna fa a un uomo morto, perché i dialoghi sono quasi inesistenti, e perché la voce femminile è di rigore. Ma è anch'esso assai lungo, circa cinquecento pagine fitte, e anche in questo caso dovrei limitarmi ad alcuni capitoli. Per un mio audiobook invece Lettera a un bambino mai nato era ed è il libro ideale. Anzitutto perché è il monologo di una donna e non contiene dialoghi, poi perché ha pochissimi personaggi, infine perché è corto. Neanche cento pagine". La musica f f 11 commento musicale fa era indispensabile. Pensai subito di inserire nel mio libro parlato un commento musicale, e il primo motivo che mi venne in mente, già quindici anni fa, fu Greenslee¬ ves. C'è un rapporto particolare tra me e Greensleeves... La sua dolcezza, la sua nostalgica malinconia, mi hanno sempre ossessionato. Grieg, Silbelius, Smetana, Dvorak, sono venuti dopo. Per quale motivo ho scelto tutti autori nordici? Me lo chiedono tutti, e la domanda mi lascia smarrita perché dietro quella scelta non c'è un calcolo o un ragionamento. L'ho fatta d'istinto. Forse perché Peer Gynt e Sigurd lorsalfar di Grieg, la Sinfonia Numero Uno e la Sinfonia Numero Due e Karelia Suite di Sibelius, La moldava di Smetana, la Sinfonia numero 9 in mi minore di Dvorak, hanno sempre accompagnato la mia vita. Sono musiche che amo svisceratamente, insomma, e nelle quali mi riconosco, per esempio, io non mi riconosco nell'opera. Con le dovute eccezioni, perfino la grandezza di Verdi e la modernità di Puccini e la genialità di Rossini mi lasciano generalmente freddina. E' peccato mortale, dirlo, delitto di lesa maestà? Se lo è, posso replicare soltanto che al cuore e all'orecchio non si comanda. Non è colpa mia se la Canzone di Solveig e il Sogno di Borghild mi commuovono di più di "Amami Alfredo". Non è colpa mia se // cigno di Tuonela e Valzer Triste di Sibelius mi trascinano più di "Che gelida manina". Non è colpa mia se il Mondo Nuovo di Dvorak mi seduce quanto "Figaro qui, figaro là" non mi sedurrà mai. Comunque sia le musiche che ho scelto si adattano perfettamente al testo di Lettera a un bambino mai nato. Corrispondono perfettamente al dramma del libro, al suo tipo di tensione, alla sua tragedia". La fatica f f Dio che fatica! Legge9m i a re un libro ad alta vo™ ™ ce, interpretarlo vocalmente, recitarlo, è una gran fatica. Fisica ed emotiva. Emoti¬ va perché, come qualsiasi attore ben sa, in certi casi è sconvolgente entrare nei panni d'un personaggio: viverne i sentimenti, i dubbi, gli strazi. Fisica perché è difficile controllare il respiro, amministrare il fiato, regolare la voce. Senza contare il rischio delle papere, il problema delle parole che si pronunciano con difficoltà. La parola "prepotente" ad esempio. Nella fiaba della guerra me la trovavo tra i piedi ogni due secondi, magari accanto ad un altro vocabolo che conteneva la "r" e la "p", e combinavo un mucchio di pasticci. L'ho dovuta sostituire con la parola "tiranni" alla fine. Il che spiega perchè la trentasettesima edizione che accompagna le audio-cassette porta tante piccole modifiche... No, non avevo un maestro di dizione. Non l'ho voluto. Non c'eravamo che il tecnico ed io, in quello studio. E il tecnico non mi insegnava nulla. Non mi correggeva nemmeno quando sbagliavo. Protestava per la mia voce roca e basta. Io ho la voce piuttosto bassa, una voce di gola, e al mattino ero sempre roca. Così arrivavo allo studio con la voce roca e lui protestava. "Non si può! Così non si può! Deve scaldarla!" Per scaldarla leggevo un'ora o due senza registrare. Quando veniva il momento di registrare ero già stanca, la stanchezza mi faceva arrabbiare e... Quante parolacce ho detto! Nessuno immagina quante pa¬ rolacce e autoinsulti vi siano nei nastri scartati. In italiano, in inglese, in francese... "Shit, Merda, shit!, Stupida, idiota, cretina!!!". La voce f f II personaggio più fa fa difficile è stato quello del bambino, che entra in scena al momento del Processo. Lo è stato perché il testo dice: "Non era la voce di un bambino. Era la voce di un adulto, di un uomo". Bisognava quindi fare la voce di un uomo. Quel che è peggio, la voce di un uomo che non è nato. Un uomo che esiste solo come pensiero anzi come ipotesi, e che parla dal Nulla. Mioddio! L'avrò rifatte cento volte, le tre pagine in cui parla il bambino. Bè, cento no. Ma venti sì. Pur avendo questa voce bassa, non riuscivo a tenere la voce da uomo. Sul più bello mi si rompeva e tornava ad essere la voce di una donna. Poi ho avuto un'idea: stringere il ventre, chiudere lo stomaco e il naso, usare la gola e basta. E ho ottenuto ciò che volevo. Però, riascoltando, m'è parso che mancasse qualcosa: il tono misterioso, remoto, d'una voce che parla dal Nulla. Così ho pensato che ci volesse un effetto speciale, una specie di riverbero dentro il quale la voce rimbombasse come dentro un'immensa caverna. E mi son messa a cercarlo. L'ho trovato, l'ho sovrapposto, e il risultato mi sembra abbastanza impressionante". // figlio di carne f f Tutto sommato, mi ■ ■ sono divertita. Io, a ■ — scrivere, non mi diverto mai. Neanche quando racconto cose divertenti, cose che mi fanno ridere mentre le scrivo. Scrivere è una gran pena, un gran sacrificio. Un masochismo, come diceva Colette e come in Insciallah faccio dire al Professore. Leggere ad alta voce, recitare, può essere invece un divertimento. Anche se costa la fatica che ho detto, sì, mi è piaciuto "fare l'attrice". Ed anche fare il regista di me stessa. Era una cosa nuova, una cosa di cui non sapevo nulla, e che di conseguenza dovevo inventare di volta in volta: facendo scoperte interessantissime. In certo senso, stavo mettendo in piedi uno spettacolo: mi spiego? Ma, soprattutto, mi è piaciuto e mi piace l'idea di lasciar la mia voce incisa su nastro. Perché a lasciarla mi sembra di morire un po' meno quando morirò. Proprio come succede quando si lascia un figlio e si continua a vivere attraverso di lui. Io di figli veri, figli di carne, non ne ho. Li ho persi tutti. Come ho ripetuto mille volte, tutti i miei bambini sono bambini di carta. Libri. Questo bambino fatto di voce, la mia voce, ha dunque una fisicità che gli altri non hanno. E poiché sono malata d'un male che difficilmente risparmia, poiché inevitabilmente convivo con l'idea della morte e l'aspetto, a lasciare questo bambino di voce mi sembra davvero di lasciare una parte fìsica di me. Quasi un figlio di carne. Forse è una magra consolazione, ma a me basta". Oriana Fallaci «Farò anche Insciallah ma sarà un'impresa infernale» va percben sa,te entrnaggiodubbi,difficilammin La copertina dell'audiocassetta che Oriana Fallaci ha appena finito di registrare

Luoghi citati: Kuwait, New York, Parigi