Dopo 24 ore di trattativa croati-serbi-musulmani sulla portaerei inglese Independence «Bosnia, salta la firma della pace» di Paolo Passarini

Dopo 24 ore di trattativa croati-serbi-musulmani sulla portaerei inglese Independence EX JUGOSLAVIA Dopo 24 ore di trattativa croati-serbi-musulmani sulla portaerei inglese Independence Bosnia, salta la firma della pace E Ghali vuol cedere il comando dei Caschi blu alla Nato WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Se croati, serbi e musulmani firmeranno l'accordo di pace sulla Bosnia, sarà probabilmente una forza di pace della Nato e non più dell'Orni quella che avrà il compito di vigilare sul suo rispetto. Lo ha lasciato intendere il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Boutros Boutros-Ghali, che, in un'intervista, ha detto di non avere nessuna obiezione verso il passaggio di consegne. Che si tratti di qualcosa di più di un'ipotesi è confermato dal fatto che del passaggio di consegne si è esplicitamente parlato ieri in un incontro tra il Segretario di Stato americano, Warren Christopher, e lo stesso Boutros-Ghali. La gestione della crisi bosniaca diventerebbe quindi sostanzialmente americana e questa possibilità irrita la Francia, che, assieme alla Gran Bretagna, ha sostenuto finora il grosso della missione Unprofor e non fa parte della Nato. Nel definire «benvenuto» l'eventuale passaggio di consegne tra Onu e Nato, Boutros-Ghali ha tenuto tuttavia a precisare che «ogni costo di una simile operazione andrebbe sostenuto dalla Nato» e che «la bandiera delle Nazioni Unite non può diventare una bandiera di convenienza». Si parla, infatti di un'operazione di pace di 50 mila uomini, 20 mila dei quali dovrebbero essere messi a disposizione dagli Stati Uniti. Boutros-Ghali ha detto che le Na- zioni Unite non hanno né le strutture né l'esperienza per assumere il comando di una simile operazione. Non hanno, per la verità, neppure i soldi, dal momento che sono in credito presso i Paesi membri di circa 2 miliardi di dollari, 800 milioni dei quali dovuti dagli Stati Uniti. Nell'annunciare tempo fa la disponibilità americana a fornire il grosso delle forze per un'operazione di pace, Bill Clinton aveva obiettato alla possibilità che il contingente da lui fornito fosse posto sotto il comando di ufficiali di altri Paesi. La disponibilità manifestata da Boutros-Ghali elimina adesso questa possibile obiezione di Clinton e mette il presidente degli Stati Uniti nella condizione di dover onorare il suo impegno qualora l'accordo di pace venga firmato. Restano comunque le obiezioni della Gran Bretagna, che teme un incremento dei costi, qualora l'operazione passi sotto il controllo dell'Alleanza Atlantica, anche se Boutros-Ghali ha precisato che potrebbero esserci contributi del Giappone e di alcuni Paesi arabi. E restano le obiezioni francesi di cui si è detto. Prima è comunque necessario che l'accordo di pace venga raggiunto. Per tutta la giornata di ieri intense trattative si sono svolte a bordo della portaerei inglese Independence, che incrocia nell'Adriatico in acque extraterritoriali. I mediatori dell'Onu e della Comunità, David Owen e Thorvald Stoltemberg, hanno ricevuto a bordo i rappresentanti dei tre gruppi etnici, Alija Izetbegovic per i musulmani, Franjo Tudjman per i croati e Slobodan Milosevic per i serbi. L'obiettivo era quello di raggiungere un accordo completo per la costituzione dell'Unione Bosniaca, in modo che oggi a Sarajevo la firma sarebbe stata una pura formalità. Ma purtroppo in serata il portavoce di Lord Owen, John Mills, ha comunicato che oggi non ci sarebbe stata alcuna firma a Sarajevo «perché le parti non hanno mostrato sufficiente flessibilità». Troppe volte un accordo che sembrava già raggiunto è saltato all'ultimo momento. E anche questa volta i fatti hanno seguito questo copione. Inoltre, mentre si svolgevano le trattative, continuavano scontri a fuoco in parecchie parti della Bosnia, soprattutto a Mostar e Vitez tra musulmani e croati, nonostante le parti avessero concordato il cessate-il-fuoco. Intanto l'Istituto per la Difesa Europea e gli Studi Strategici di Londra ha avvertito che, in caso di un'estensione degli scontri in Macedonia e Kosovo, la Turchia sarebbe pronta a intervenire militarmente. Paolo Passarini