Il furore dei sacerdoti nel «tempio» violato
Il furore dei sacerdoti nel «tempio» violato Il furore dei sacerdoti nel «tempio» violato IL «DAY AFTER» AL SOTTESONE AROMA Botteghe Oscure, il giorno dopo, non c'è volto che non tradisca preoccupazione e rabbia. Lo si legge negli occhi degli uomini del servizio d'ordine che maledicono quella foto che mostra i carabinieri in divisa davanti al portone del palazzo rosso. «Quelli che sono venuti a perquisire - se la prende un vecchio compagno - non erano in divisa. No, quelli li ha chiamati apposta qualcuno per fare le foto. Solo gli sciacalli speculano su chi finisce in galera». E la stessa rabbia la scorgi nei comportamenti, nelle parole dei dirigenti. Al primo approccio riescono a trattenersi, a misurarsi, ma poi parlando e riparlando con loro, vien fuori, incontenibile, il sacro furore dei sacerdoti del tempio violato. Così presi dalla foga pazza che pervade chiunque si sente assediato o minacciato, gli uomini di Botteghe Oscure fanno di tutto e dicono di tutto. E' più forte di loro. Seduto al tavolo della saletta che dà su via dei Polacchi, quella attrezzata per le conferenze stampa, Cesare Salvi avverte, giudica e maledice l'universo mondo. Per lui il giudice Di Pietro è un mezzo ingrato. «Se le indagini - spiega - perdono rigore e credibilità, potrebbe venir meno il consenso. E questo non perchè siamo noi a chiederlo alla nostra gente, ma perchè molte persone in Italia possono perdere la fiducia nei giudici. Eppoi i giudici non si devono dimenticare che molte cose sono riuscite a farle anche per le battaglie che abbiamo condotto in loro favore. Se non ci fossimo stati noi, ad esempio, all'indomani dell'interrogatorio di Mario Chiesa il giudice Di Pietro sarebbe stato trasferito chissà dove. Mica c'erano i Ciampi e i Conso allora... Adesso, invece, Di Pietro è stato mandato a dare una mano alla Parenti, forse perchè quest'ultima in un anno non è riuscita a trovare elementi probatori contro di noi». Passa qualche minuto e arriva a dargli manforte Gavino Angius. Lui ce l'ha con quegli «sciacalli» e quegli «ipocriti» di Martinazzoli e di Del Turco che hanno strumentalizzato i guai del pds. Certo sono le stesse offese che Bettino Craxi rivolge da un anno ai suoi accusatori, ma non fa nien¬ te. Quando ci si sente in pericolo, quando ci sente attaccati non si sta certo attenti a queste sottigliezze. E alla fine i due esponenti del pds fanno quasi a gara nella ricerca dell'accusa più grossa da rivolgere agli odiati avversari. «Martinazzoli dentro il suo partito - dice Angius - ha gente che è accusata di crimini ben più efferati delle ruberie». «Il vecchio Mino - rilancia sarcastico Salvi dovrebbe andare a vedere quello che ha fatto quando presiedeva la commissione inquirente, quando dirigeva quel porto delle nebbie. Sì, proprio quell'organismo che lasciò per entrare nel governo Andreotti, il noto moralizzatore». Parlano Salvi e Angius e tirano fuori tutta la rabbia che hanno in corpo. Sono appena scesi dalla riunione del secondo piano, quella con Achille Occhetto, Massimo D'Alema e gli altri dirigenti. Anche lì, volti preoccupati, sguardi depressi e tanta, tanta ira. Il segretario non perdona ai magistrati quella strana scelta di tempo che li ha fatti emettere i mandati di cattura proprio nel giorno del comizio finale della festa dell'Unità. «Che strana coincidenza» ripete ogni tanto rifugiandosi nell'ironia. Nella sala vengono espressi giudizi negativi contro i giudici ingrati e contro le speculazioni dei giornali. Si parla di complotti, di poteri occulti e di strane coincidenze. Volano parole grosse contro i «neocentristi» Martinazzoli, Segni, Amato senza dimenticare il ma¬ ledetto Craxi. Sorte peggiore tocca al leghista Speroni e al missino Fini, quei due che hanno avuto l'impudenza di chiedere la testa di Achille Occhetto. E qualcuno non risparmia neppure la Chiesa per via di un articolo sul pds e le tangenti pubblicato dall'Osservatore Romano. Tutte le accuse e le offese, comunque, sono il compendio di un'unica tesi: vogliono colpire il pds perchè ne hanno paura e vogliono farlo cadere nel pentolone di Tangentopoli per costringerlo a dare il via libera al colpo di spugna. Alla fine viene redatto in linguaggio formale un comunicato della segreteria che riproduce, evitando le offese e contenendo la rabbia, tutti questi discorsi. Ma malgrado la prudenza e la diplomazia usata, nella nota alla fine risalta quel giudizio, «errore grave», espresso sulla decisione dei giudici di arrestare Marco Fredda, l'arnministratore degli immobili del partito. Quelle due parole sono il segnale che l'ira e la rabbia di Botteghe Oscure non risparmia neanche i magistrati di Milano. E forse non potrebbe essere altrimenti. Più passano le settimane, più si sentono assediati e più tra i dirigenti del pds la tensione sale. Sono ormai mesi che va avanti questo processo di accumulazione e da quando il tesoriere del partito, Marcello Stefanini, ha ricevuto il primo avviso di garanzia il nervosismo ha raggiunto il livello di guardia. E anche se i dirìgenti del partito preferiscono nasconderlo molti di loro sono stati contagiati dalla sindrome del «complotto». Se la prendono con tutti e sospettano di tutti. E ognuno reagisce alla sua maniera. Chi si cerca un avversario, chi si lascia andare ad uno sfogo. D'Alema, àd esempio,-preferisce prendersela col solito Craxi. Due settimane fa nel mezzo del transatlantico di Montecitorio il presidente dei deputati pidiessini ha tirato di nuovo in ballo il «Bokassa» italiano. «E' stato detto che io e Occhetto avevano preso i soldi dall'Urss - ha osservato - e so che Craxi cerca le carte per incastrarci. Alla fine non le troverà perchè i soldi dall'Urss li ha presi Cossutta e forse proprio grazie a Craxi». Fabio Mussi, invece, per difendere D partito dalle accuse di Binasco preferisce, come sempre, le battute plateale: «Ebbene sì - ha spiegato ieri ad un cronista incredulo - siamo evasori fiscali, ma il reato è stato amnistiato e non ha nulla a che vedere con le tangenti». Mentre il povero Salvi, ieri, è stato per tutto il giorno davanti alle agenzie per rispondere, eroicamente, ora a questo avversario del pds, ora a quello. Ha criticato i giudici, ha sparlato di Martinazzoli. Alla fine ci ha preso gusto a fare il Fieramosca e quando ha saputo che anche i vescovi avevano detto la loro contro il partito, si è precipato nelle stanze dell'ufficio stampa gridando: «E adesso che ha detto l'infame Ruini?». Augusto Minzolini Salvi: «Se le indagini perdono credibilità la gente non avrà più fiducia in Di Pietro» Angius: Martinazzoli e Benvenuto? Sciacalli ■■->v>>-::'v:-:- Il segretario del pds Achille Occhetto (a sinistra); Gavino Angius e Cesare Salvi a destra
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