Satira in tv? Dàgli al politico di Donata Gianeri

Il comico genovese sostiene che, coi partiti in crisi, bisogna cambiare bersaglio Il comico genovese sostiene che, coi partiti in crisi, bisogna cambiare bersaglio Satira in tv? Dagli al politico Tre campioni nel genere rispondono a Grillo MILANO. Che ne è della satira politica, in televisione e in teatro? Spiazzata dalla scomparsa della nomenklatura è forse destinata ad affondare insieme a quelli che, per anni, ne sono stati gli indiscussi protagonisti? Sono in molti a pensarlo. E sono in molti a compiangere i poveri comici ormai privi di quel repertorio tradizionale fatto di nani, gobbi e ladroni, su cui hanno prosperato per lustri. Tutta roba da macero, ormai? Beppe Grillo, per esempio, già da due anni ha cambiato obiettivo, abbandonando Craxi per Coccolino, secondo lui centro di una corruzione molto più pericolosa. Giusto, sbagliato? Chissà. Per Dario Fo, Paolo Rossi, Antonio Ricci non è finito nulla, anzi, tutto deve ancora iniziare. O, magari, ripetersi. E se c'è un momento in cui bisogna stare con le antenne tese per captare, denunciare, abbattere, è questo. Non tutti sono d'accordo sul tono che la satira televisiva abbia lo stesso valore, la stessa libertà, la stessa incisività della satira fatta sul palcoscenico. Dice Dario Fo: «Noi facciamo comicità sulla tragedia, sulla disperazione della gente, sulla fame, sul massacro dell'ingiustizia. Quando ci abbiamo provato, in tivù ci hanno mandati via. La satira televisiva dice che Andreotti ha la gobba, la nostra satira dice quanti capi di imputazione ha Andreotti. La satira politica dev'essere una cosa seria: mentre quella televisiva è soltanto uno sfottò grottesco, un rutto liberatorio». Comunque, è importante una cosa: il dagli al politico. Donata Gianeri Dandini-Guzzanti-Reggiani in «Avanzi», un altro esempio di satira tv