Sos in banca, sta avanzando il «ciclone Tangentopoli» di Valeria Sacchi

Sos in banca, sta avanzando il «ciclone Tangentopoli» NOMI E GLI AFFARI Sos in banca, sta avanzando il «ciclone Tangentopoli» S.O.S. in banca. Avanza il ciclone Mani pulite. Accesosi in sordina, con il coinvolgimento nelle disgrazie di Florio Fiorini della Popolare di Novara, costato la testa a Piero Bongianino, il faro dei tribunali sul credito allarga in progressione geometrica il raggio di luce. Al primo impatto choc, l'arresto di Vincenzo Palladino, già vicepresidente socialista della Comit ora dimessosi, seguono azioni più mirate. Come quella sulla Cassa di Risparmio di Venezia, presieduta da Giuliano Segre, anche lui scuderia garofano. A Carive, il tribunale della laguna arriva da un'indagine sul vicepresidente Carlo Cupoli, per storie personali di mazzette politiche. A Milano, le tangenti Enimont Segre il veneto f Guido Carli l'ex governatore fanno scattare il mandato d'arresto per Enrico Braggiotti, ex presidente Comit, all'epoca dei fatti solo presidente della Banque Monegasque. I siluri, insomma, fioccano dalle direzioni più impensate. Nessuno è più al riparo. E non sono solo le toghe a portare scompiglio. Sotto la sferza dei tribunali, ecco le vigilanze farsi attivissime. Per chi ricordi le protezioni dell'allora governatore Guido Carli sulle attività di Michele Sindona, o la timidezza con la quale la Banca d'Italia gestì la vicenda Ambrosiano (il cui crack, ampiamente preahnunciato dagli ispettori dello stesso istituto centrale, arrivò solo con la morte di Roberto Calvi), il dossier Banco di Sicilia all'esame di via Nazionale può sembrare prassi normale. Non è così. Rispetto al passato, è prassi assolutamente rivoluzionaria. Il neogovernatore Antonio Fazio non è evidentemente immune dal virus «voltar pagina». E sembra deciso a commissariare l'istituto guidato da Guido Savagnone, se non riesce a convincere altre banche al salvataggio. Ipotesi difficile da realizzare, con questi chiari di luna. E bisogna fare in fretta. Altrimenti finisce che qualche giudice arriva per primo, come è accaduto a Venezia. Dove l'ispettore di Bankitalia Giuseppe Eray è stato chiamato come testimone dal pubblico ministero Carlo Nordio. Per riferire sui risultati di una ispezione alla Cassa iniziata nell'ottobre del 1992, conclusa nel marzo 1993, e da Antonio Fazio allora oggetto il vigilantes Romano Prodi vende tutto di amletici dilemmi nelle ovattate stanze dell'istituto di emissione. Intendiamoci. Non è sicuro che Nordio abbia ragione, né che la differenza nei conteggi sia proprio mille miliardi. Stimare le sofferenze è materia delicata, in certo senso opinabile. Ma sulla via delle «sofferenze» non c'è scampo per nessuno. Quale banca non ha in casa un amministratore imposto per via della tessera? Al Monte dei Paschi di Siena, ad esempio, dove i conti di alcune controllate presentano problemi di «sofferenze» imbarazzanti, il presidente Giovanni GrottareUi De Santi e il neo provveditore Vincenzo Pennarola studiano una ristrutturazione dell'alta direzione e del gruppo, che consenta di tagliare con un passato non perfettissimo. L'allarme rosso è suonato. Si salvi chi può. Per le sue due banche, il presidente dell'Iri, Romano Prodi, ha scelto la soluzione definitiva: venderle, uscirne in fretta. Un'operazione che presuppone, ai fini della valutazione, un esatto conteggio dei crediti andati per sempre in aceto. E quindi la definizione, in tempi brevi, del piano di salvataggio dell'ex impero ravennate, fondato da Serafino Ferruzzi. Ma non è solo la vigilanza di Bankitalia ad aver accelerato i ritmi. Anche in Consob, da parecchi mesi, parola di Enzo Berlanda, l'attività è frenetica. E non guarda in faccia a nessuno. Già una decina di Sim sono state commissariate, e non Enzo Berlanda tutte di secon- in piena corsa da fila. Nell'ultima, la Mediogest, è arrivato da due giorni il commissario Cesare Coltro Campi. Una storia di titoli distribuiti, che davano garanzie non ritenute sufficienti. Tanto frenetica questa attività, che qualcuno insinua addirittura che la bufera che impazza sulla commissione, dopo le dimissioni del commissario Roberto Artoni, possa proprio scaturire da questa svolta, che tocca interessi fino a poco tempo fa intoccabili. Basti pensare alle indagini sull'insider trading. Artoni spiegherà nei prossimi giorni le sue ragioni. Intanto, l'i- ra dell'accusatore Numero 1 di via Isonzo, il senatore pidiessino Vincenzo Visco, sembra essersi un po' quietata. Nell'elencare le cinque «lezioni» del crack Ferruzzi, Visco mette la riforma della Consob al quinto posto, l'ultimo. E approfitta per difendere la prima quotazione Enimont, a suo tempo opera dell'ufficio retto da Giuseppe Zadra, area pds, ora direttore generale dell'Assobancaria. I commissari, figure ormai mitiche quanto i giudici, non imperversano soltanto nelle principali città d'Italia, o neUe Sim. Paolo Savona, ministro dell'Industria, ha appena commissariato la Maa. Una compagnia nella quale, guarda caso, l'immobiliarista Renato Della Valle, azionista di riferimento, sperava di poter coinvolgere la Banca Popolare di Novara. Ma, ancora una volta, il «cavaliere bianco» non ce l'ha fatta. Valeria Sacchi Artoni Consob addio Segre il veneto Guido Carli l'ex governatore Antonio Fazio il vigilantes Romano Prodi vende tutto Enzo Berlanda in piena corsa Braggiotti sotto inchiesta Artoni Consob addio

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