Così i torturatori del bosco strappavano occhi e membra di Giuseppe Zaccaria

20 Dagli archivi segreti della polizia: testimonianze, confessioni, filmati delle sevizie e delle stragi Così i torturatori del bosco strappavano occhi e membra BRUSNIK IStavonla) DAL NOSTRO INVIATO Nel bosco delle betulle, quel che adesso si riesce a intravedere è solo un'ampia spianata priva di verde. Qui, il 14 gennaio dell'anno scorso, è stata scoperta la prima fossa comune della guerra jugoslava. Conteneva i resti di diciotto poliziotti croati, seviziati a lungo prima di essere uccisi. Da allora sono state scoperte molte altre fosse, da molte parti: prove di infinite e agghiaccianti torture. Quel che segue, è soltanto un piccolo esempio del materiale su cui il tribunale per i crimini di guerra dovrà tentare una sentenza. Le prove giungono da rapporti di polizia, testimonianze firmate, altre registrate, e da un terribile «videotape» girato quando la fossa è stata aperta alla presenta di ufficiali delle Nazioni Unite. Rapporto della polizia di Pakrac: «L'8 settembre del '91, venti membri della polizia croata sono stati inviati in ricognizione verso il villaggio di Kusonje. All'entrata del villaggio l'unità è stata attaccata da truppe cetniche, l'automezzo sul quale viaggiava bloccato da una mina, che ha ucciso due soldati. Gli altri si sono asserragliati in una casa adiacente, di proprietà di Rajko Komlenac. Circondati, dopo quattro ore di combattimento si sono arresi. Testimonianze affermano che sono stati tutti liquidati e sepolti con un'escavatrice nel bosco di Brusnik, a 450 metri dalla strada». Testimonianza di Stevan Vukqjevic, 58 anni, abitante a Kusonje, via Koso Naselje 4: «La casa della sparatoria è non lontana dalla mia. Mi svegliò la mia donna: guarda cosa succede, mi disse. C'erano gruppetti di armati intorno alla casa, si sparava, si sparò per ore. Alla fine i croati volevano arrendersi. Li vidi portar fuòri uno ad uno. Li avevano spogliati dei pantaloni. Li fecero inginocchiare. Il primo fu preso per i capelli, in modo che tirasse indietro la testa, e gli aprirono la gola con un coltello». Videotape, 15 gennaio '92, recupero dei corpi. La benna cala nel terreno argilloso, aggancia un mucchietto di cartilagini avvolto da un'imbracatura, lo solleva. Il cadavere è seminudo, sul teschio i resti di una benda. Le mani sono legate sulla schiena. Il secondo corpo è anch'esso legato, anch'esso nudo dalla cintola in giù. La telecamera indugia sui dettagli: bocche spalancate in un urlo che sembra non finire mai, fratture, colpi che paiono inferti da accette. Confessione di Bosko Pavlovic, nato a Pakrac l'8 aprile del '57, residente a Spanovica, prima della guerra, operaio: «E' vero, come componente l'armata della "Srpska Autonomna Oblast" ho preso parte a quell'azione. Ma solo in quanto militare. Sono stato catturato dalle vostre forze tre mesi dopo. Ricordo bene la sparatoria, l'assedio alla casa, la resa dei croati. Avevo ucciso altre volte in azione, ma non me la sono mai presa contro un nemico disarmato. Per questo le sevizie a cui dovetti assistere mi disgustarono. Fra i miei compagni c'erano due fratelli, Milos e Obrad Andelic, che erano particolarmente feroci. Fecero inginocchiare quei croati, snudarono i pugnali, cominciarono a tagliar loro le orecchie. C'erano anche due donne, con noi, due persone in divisa, e sembravano le più feroci. Una si chiama Biljana Prodanovic: si divertiva a tagliuzzare le membra dei prigionieri con una specie di corda da pianoforte. L'altra, la più tenibile, era Jovanka...». Rapporto della polizia di Kusonje: «La persona in oggetto viene identificata per Jovanka Nenadovic, figlia di Gliso, nata a Kusonje il 19 giugno 1933, residente a Pakrac il via Gundulic 174, attualmente irreperibile». Videotape, 15 gennaio '92. La benna continua ad estrarre corpi, i resti dei poliziotti sono stesi su lenzuola che coprono il terreno gelato. La telecamera continua a scorrere: teste orrendamente piagate, mani immobilizzate da legacci, una morte oscena che rende ancora più oscena la mezza nudità dei coipi. Confessione di Bosko Pavlovic: «Tentavo di oppormi, ma quelli erano eccitati, completamente fuori di sé. Ormai il cortile della casa grondava sangue come un mattatoio. C'era un croato che urlava come non ho mai sentito fare, un altro steso a terra, con un occhio fuori dall'orbita e ancora attaccato al corpo da un filamento sottile. Jovanka si avvicinò, scoppiò in una risata e poi lo tagliò con un colpo secco». «Ricordo bene l'ultimo dei croati: dalle foto che mi mostrate lo riconosco in Zlatko Pavlovic. Lo tenevano in tre, costrinsero anche lui a mettersi in ginocchio. Jovanka teneva in mano un pezzo di fil di ferro. Glielo ha infilato in un orecchio, violentemente, come volesse passare la testa da parte a parte. Poi nel naso di quell'uomo già esanime. Infine si è gettata sul corpo disteso, ha preso il pene con due dita e l'ha mozzato con un colpo solo». Videotape, 15 gennaio'92. Un ispettore delle Nazioni Unite si preme un fazzoletto sulla bocca, mentre l'esumazione sta per terminare. Non ci sono più resti umani, lì sotto. L'occhio della telecamera è costretto a esplorare i più insopportabili dettagli. Ecco perché quei poveri corpi erano nudi dalla cintola in giù. Prima di morire, tutti quegli uomini erano stati castrati. Rapporto della polizia criminale di Zagabria: «Jovanka Nenadovic fino alla guerra ha svolto l'attività di casalinga e di operaia. Già componente la Gioventù comunista, sposata con una figlia, separatasi dal marito nel 1972, ha sposato la causa serba fino dalla metà di quel decennio. Fino al '90 risulta assolutamente incensurata. Da testimonianze raccolte sul luogo risulta che, interrogata dopo l'eccidio dagli stessi abitanti del villaggio, desiderosi di conoscere i motivi di tanta crudeltà, lei abbia risposto di odiare tutti i croati». Nel 1943 gli «ustascia» di Ante Pavelic erano passati dalla fattoria della sua famiglia: tre persone uccise e lei, dieci anni appena, gettata in un pozzo. Giuseppe Zaccaria BRUSNIK IStl Feriti di guerra. Il camposanto bombardato durante un funerale. Un bambino colpito

Persone citate: Ante Pavelic, Milos, Obrad Andelic, Pavlovic, Stevan Vukqjevic

Luoghi citati: Zagabria