L'Ilva di Taranto «bomba a orologeria»

La siderurgia di Stato, unica fonte di lavoro, rischia di far esplodere una città con 70 mila disoccupati La siderurgia di Stato, unica fonte di lavoro, rischia di far esplodere una città con 70 mila disoccupati L'Uva di Taranto, «bomba a orologeria» Cento operai bloccano la fabbrica ormai da giorni Il ministro Savona domani porta il caso a Bruxelles TARANTO. Non chiamatela «la città del mare e della pesca», attività sconfitte dalle ciminiere. Ma anche il cartello «area industriale» sa di passato. «Crotone? Non scherziamo, qui ci sono 20 Crotone tutte insieme. E' una bomba». E Taranto, capitale industriale del Sud, patria della siderurgia di Stato, ha ormai 70 mila disoccupati, 7 mila lavoratori in cassa integrazione, 4 mila in mobilità. «Una bomba» la chiama Francesco De Ponzio, segretario provinciale dei metalmeccanici della Cisl. La dinamite sono per il momento 100 lavoratori che, senza il lavoro che dava loro un milione e 700 mila lire al mese, hanno deciso da giovedì di occupare lo stabilimento siderurgico più grande d'Europa e di bloccarne la produzione. La fabbrica dell'Uva, un gigante malato che con 11 mila dipendenti produce 8 milioni di tonnellate di acciaio l'anno, adesso funziona al 20 per cento delle sue capacità. Mille dipendenti dell'Uva sono già stati «messi in libertà», cioè mandati a casa senza stipendio dopo che è scoppiata la rivolta dell'indotto, la clamorosa protesta dei cassaintegrati di tre aziende che vivono sugli appalti dell'Uva. Appalti generosi vent'anni fa, quando l'allora Italsider creò dal nulla e arricchì gli imprenditori, gonfiò fino a scoppiare gli organici per l'assistenzialismo gradito anche ai sindacati. «Erano potentissimi, i sindacati» ricorda un vecchio militante. «I dirigenti dell'Italsider arrivavano a Taranto ed anziché andare in fabbrica venivano da noi ad inchinarsi: "Bisogno di qualcosa, ragazzi?"». Tempi andati. Dai quasi 30 mila dipendenti del 1980, il centro siderurgico è passato agli attuali 11 mila. E l'indotto è quasi completamente scomparso. La Smet è un'azienda metalmeccanica di uno dei più grossi industriali tarantini, Tommaso Quaranta. Si è alimentata al centro siderurgico, ma tra gualche settimana, quando il tribui '■le ne decreterà il fallimento, r .n esisterà più. A casa i 28 dipen 'enti Oui sono scoccate le prime scintille della ribellione operaia. Qui martedì scorso Vincenzo Palumbo, un metalmecca- nico, si è arrampicato su una torre dello stabilimento minacciando di gettarsi di sotto, seguito da altri due colleghi. Sembravano focherelli, poi 160 lavoratori cassintegrati di Belleli, Cantieri Siderurgici e Carpentumer sono passati al contrattacco. Giovedì hanno forzato le portinerie dell'Uva e, distribuendosi nella fabbrica, l'hanno bloccata. Prima un laminatoio, poi un'acciaieria, quindi uno, due altiforni, fino a paralizzarla quasi completamente. Pensare che questa fabbrica verrà privatizzata e che gli imprenditori locali, in braghe di tela, vorrebbero acquistarne un pezzetto. «Non siamo matti - spiega Domenico Cassalia, presidente dell'associazione degli industriali - le imprese locali vantano nei confronti dell'Uva crediti per circa 200 miliardi. Se queste somme venissero trasformate in azioni potremmo anche noi avere una parte della fabbrica. Certo, il governo deve muoversi, noi questi quattrini non li abbiamo più visti e nessuno muove un dito per restituirceli. Controbatte Franco Lacava, della Cgil: «Comprare l'Uva? Ma andiamo. Gli imprenditori pensino a pagare gli stipendi». Su una cosa sono però d'accordo sindacati e industriali. I prossimi sei mesi saranno incandescenti. Tempo 30 giorni e 3500 lavoratori termineranno il ciclo di cassa integrazione, mentre 2500 edili sono disoccupati e il piano di rein¬ dustrializzazione strappato al governo ha creato, in cinque anni, solo 300 nuovi posti di lavoro anziché 4000, lasciando sul terreno la Sia, società a partecipazione Iri che doveva costruire mobili metanici con l'acciaio Uva. E' morta e ha lasciato una sola traccia: un buco di 70 miliardi. Gianfranco Borghini, capo della task-force governativa sull'occupazione, ha promesso di incontrare le autorità cittadine in settimana a Roma. La ristrutturazione dell'Uva, inoltre, sarà al centro dei colloqui che il ministro dell'Industria Paolo Savona avrà domani a Bruxelles con il responsabile per la concorrenza della Commissione europea Karel van Miert. Neppure un Consiglio comunale ha, Taranto. Sulla sedia del sindaco, fino al 21 novembre, siederà il commissario prefettizio Giacomo Mendolia, mentre i partiti inseguono il «nuovo» alla ricerca di nomi da proporre alle amministrative. Per U momento ci sono, candidati, da un lato Gaetano Minervini, magistrato proposto da un cartello della sinistra, e dall'altro Giancarlo Cito, leghista meridionale, discusso telepredicatore che dagli schermi della sua Antenna Taranto 6 ha conquistato 7 consiglieri comunali diventando un paladino dei disperati con lo slogan «I politici sono cialtroni». Tonio Aitino Cento lavoratori dell'Uva da giovedì occupano lo stabilimento siderurgico più grande d'Europa Mille dipendenti sono già stati messi in libertà e l'industria lavora al venti per cento delle sue possibilità