«Tangentopoli anche in cucina Così è morto il menù italiano »
La nouvelle cuisine trionfò ma solo grazie all'immagine Cipriani denuncia «la mafia» fra Guide, cuochi e ristoratori «Tangentopoli anche in cucina Così è morto il menù italiano » UNA POLEMICA TRA I FORNELLI ROMA. I suoi nemici la chiamavano «una squisita invenzione per chi non ha fame e parecchi soldi da spendere». Ma molti ristoratori, negli Anni Settanta, non si sono sottratti al suo fascino, e così la «nouvelle cuisine» ha fatto un trionfale ingresso in Italia. E il caro vecchio menù è diventato in breve come il falco pellegrino o la foca' monaca, una specie in via d'estinzione dalla scena gastronomica nazionale. Ora Arrigo Cipriani, che nella sua Locanda dietro piazza San Marco a Venezia non ne ha mai voluto sentir parlare, lancia la pesante accusa: la «nouvelle cuisine» è stata importata da una mafia. Un «patto» non scritto fra cuochi senza scrupoli (e magari senza lavoro) ed ex giornalisti, da poco licenziati e pronti a riciclarsi in guide e controguide per dirottare il cliente voglioso di novità in questo o quel locale. Dove si recitavano rigorosamente i sacri salmi della «nouvelle cuisine». C'è stata, insomma, una specie di «Tangentopoli» dei fornelli, e alcune Penne si sono sporcate proprio lì, dietro al bancone, in cucina. Non erano pochi, quindici anni fa, i «seguaci» di Gualtiero Marchesi, colui che importò dalla vicina Francia salsine e ricette. Accostamenti che definire audaci è troppo poco, cibi lasciati quasi crudi, guarnizioni abbondantissime ma inavvicinabili e, soprattutto, immangiabili. In realtà, all'origine, la «nouvelle cuisine» inventata da Paul Bocuse e dagli altri grandi chef francesi nel 1970 era tutta un'altra cosa. La loro «rivoluzione» ai fornelli consisteva semplicemente nel pensionamento di alcuni piatti, quelli elaborati soprattutto, per far posto alla «cuisine du marche»: materie prime molto fresche, acquistate nelle botteghe e nei mercati e immediatamente trasformati, in giornata e in maniera semplicissima. In questo modo spariva automaticamente il menù, che di fatto cambiava di giorno in giorno perché soltanto nella tarda mattinata o nel tardo pomeriggio il cuoco era in grado di sapere quali materie prime erano state acquistate, e quindi trasformarle in pietanze. Ma l'Italia, comunque, ha mediato la «nouvelle cuisine», apportando fin dall'inizio alcuni robusti accorgimenti: olio e burro in quantità ridottissime, ripieni più soffici e leggeri, limitazione di alcuni accostamenti che, altrimenti, avrebbero «urtato» il gusto (sapore, odore) del cliente. Ora, però, uno dei «principi» della cucina italiana, Arrigo Cipriani, cambia lo scenario. «Macché gusti, diete, paura del colesterolo e altre baggianate», dice. Colpa della «tangentopoli dei fornelli», che con la complicità di guide e servizi giornalistici, trasformò in «fenomeno» una cucina «inventata da alcuni anoressici francesi», [r. cri.] La nouvelle cuisine trionfò ma solo grazie all'immagine A fianco, Arrigo Cipriani, titolare dell'Harry's Bar di Venezia
Persone citate: Arrigo Cipriani, Cipriani, Gualtiero Marchesi, Paul Bocuse
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