Lamberto Sechi: «Nella mischia come trent'anni fa»

Lamberto Sechi; «Nella mischia come trentanni fa» Il nuovo direttore: cercherò di dare più personalità all'Europeo, oggi i quotidiani rubano argomenti ai settimanali Lamberto Sechi; «Nella mischia come trentanni fa» «La mia ricetta è lavorare duro per arrivare almeno a vendere 150 mila copie» IL RITORNO DEL VETERANO SCUSA direttore, ma chi te lo fa fare? Perché torni alla guida di un settimanale? «Io amo ripetere - risponde lui - che sono immortale. Questa ne è una prova. 0 preferisci una risposta più seria?». E Lamberto Sechi, classe 1922, dal prossimo ottobre direttore dell'Europeo, continua così: «Il mio amico Biagi, anzi il mio fratello Biagi dice che quando non avremo più pensieri, allora la vecchiaia ci piomberà addosso all'improvviso. Per questo vai la pena di lavorare ancora. Anzi. Biagi, da quel punto di vista, è addirittura incosciente». Un po' incosciente, sembra pure Sechi. Ma come, proprio lui, il mitico pioniere della «formula Panorama)), il megadirettore mangiaredattori che ha insegnato il mestiere a una decina di direttori in attività, tra cui Claudio Rinaldi dell'Espresso («E' un grande - dice Sechi -, forse il più bravo») scende in gara contro gli allievi? Ma l'entusiasmo è lo stesso di sempre, la voglia di provarci la stessa di quando, trent'anni fa, con dieci redattori provò ad importare in Italia la formula di Time... Molta America, un po' d'Italia. Era quello il modello «Panorama»? «All'inizio sì, ma solo all'inizio. Fu Arnoldo Mondadori a suggerirmi il modello Time. E io andai avanti con entusiasmo se¬ guendo la formula anglosassone. Poi, ad un certo punto, ebbi un'illuminazione tedesca. La svolta maturò in una visita allo Spiegel. Anche loro avevano cominciato con il modello anglosassone. Poi decisero di cambiare, di prendere posizione. E partirono all'attacco di Strauss». E che fa il Sechi, al rientro? «Una bella copertina su De Lorenzo. Erano i tempi della maggioranza silenziosa. Bene, noi pubblicammo una foto di De Lorenzo che portava una corona all'Altare della Patria. Sotto c'era scritto: "La minoranza sediziosa"». E i politici? Le pressioni? «Mi chiamava Giorgio Mondadori, mai Arnoldo. E mi diceva: guarda che ha chiamato Tanassi, Preti, Fanfani...». Sembra una storia facile, di tutto riposo... E' così? «No, non lo era. Ma allora quasi tutti i quotidiani erano piatti, confindustriali, salvo La Stampa di De Benedetti. Noi, al contrario, avevamo giornalisti specializzati, squadre di giovani pronti a lanciarsi nella mischia». E per quel giornalismo ci vogliono i giovani... «Ah sì, l'ideale sarebbe cambiare redattori ogni dieci anni. Dopo un decennio la gente si siede, tutti vengono presi dalla manìa dell'inviato speciale. Purtroppo c'è un rischio, a cercare i giovani: l'ignoranza. All'esame di ammissione della scuola Rizzoli ho chiesto ad una ragazza chi aveva scritto Madame Bovary. E mi ha risposto: Puccini. Un altro mi ha detto: Dumas. Sono questi i 110 e lode. Io voglio squadre di giornalisti specializzati, quelle che ho messo assieme sul terrorismo, con Rossella o Cantore, o sul caso Sindona, con De Luca e Panerai. E che scoop!». Ecco che rispunta la grinta del megadirettore... «Eh sì, il direttore deve essere un perenne insoddisfatto. D'altronde, guai a farsi rompere i coglioni. Se penso a quando mi volevan mettere la bandiera rossa a Segrate». Addirittura? «Come no. Anche le segretarie erano maoiste. E quel Rognoni... Sì, Carlo Rognoni era uno sfegatato. Sai che ho fatto? Lui era al politico, un certo giorno l'ho mandato in economia. Là regnava Franco Serra, un tiranno. E divenne un ottimo giornalista economico». E' più difficile oggi fare un settimanale? «In parte sì. I quotidiani in parte si sono settimanalizzati, forse in maniera un po' bieca. Chi se ne frega del parere di Salvatore Veca sulle uscite della Parietti? E tutte quelle tette... I quotidiani non ne hanno bisogno. A loro vantaggio gioca la stretta attualità». E i settimanali? Diciamo una cattiveria... «Mah, su Tangentopoli si sono battuti benissimo. Talvolta, però, sembrano un'antologia di pezzi da inviati, oppure se la cavano con un pezzo di Colletti. Troppo facile. Ma quel che mi fa impazzire sono certe uscite un po' curiose: ma chi se ne frega di Bevilacqua che parla del Milan?». Dunque, serietà? «Diciamo personalità. Vorrei ri¬ dare un po' di personalità all'Europeo. E la Rizzoli si accontenta, si fa per dire, del traguardo di 150 mila copie. Vedremo quel che si potrà fare». Qua! è la ricetta del rilancio? «Lavorare, come sempre. Io sono lo stesso di una volta, quando Rendina mi segnalò a Barzini che cercava un segretario di redazione. E' il più grosso rompicoglioni in circolazione, fu la sua raccomandazione». Non sei cambiato? «Ho imparato la lezione di Malgeri: guarda che il bicchiere è anche mezzo pieno, non solo mezzo vuoto. Ma pratico sempre la religione dell'insoddisfazione permanente. Oltre a voler bene a tutte le donne, anche alle direttrici della Rizzoli che mi hanno fatto regali bellissimi. E' anche questo un modo per essere immortali. O no?». [u. b.] «Oggi trionfano i tuttologi Ma che cosa c'entra Bevilacqua con il calcio?» IL«gnusSmsbp Lamberto Sechi

Luoghi citati: America, Bevilacqua, Italia, Segrate