Così governava Mussolini

Gorby: attenti ai separatismi Così governava Mussolini Ma la «consultazione popolare» nacque a Roma DAI TRIBUNI ALSENATUR PROMA RIMA o poi era naturale che venisse celebrato, lo sposalizio tra il Tribuno e la sua plebe. Sarebbe più appropriato, e certamente più in sintonia con lo spirito dei tempi, la sua «gente». Ma in mancanza di un termine corrispondente, ben venga l'antico Plebiscito a suggellare l'incontro tra le masse e il Leader. Strumento amato da dittatori e capi carismatici. Marchingegno sospetto agli occhi del liberale che ha in uggia la tirannia della maggioranza. Sinonimo, per lo più, di consenso unanime, corale, indiviso. Plebiscitario, appunto: un colpo deciso, ed ecco venir giù tutto ciò che si trova in mezzo tra il popolo e il suo Profeta. Plebiscito: termine, per un'ironia della storia che certamente risulterà sgradita a Bossi, coniato a Roma. Roma antica, ma pur sempre Roma. I tribuni proponevano, la plebe votava. Qualche volta accadeva però che la plebe votasse in maniera difforme da quella auspicata dai tribuni e fu così che questi ultimi decisero di sottoporre i quesiti alla preventiva approvazione del Senato prima di esporsi alla verifica popolare. Un sostanziale svuotamento dell'istituto plebiscitario in attesa della sua drastica abrogazione. Anno 70 avanti Cristo. Ma il plebiscito rinasce robusto e pieno di pretese nel cuore dell'età moderna. I democratici più radicali e più insofferenti nei confronti delle tortuosità e delle inevitabili divisioni della democrazia rappresentativa lo giudicano la manifestazione più pura della sovranità popolare: la Na¬ zione una e indivisibile che si autocelebra unanime al di sopra delle parti (e dei partiti). Lo si adotta nella Costituzione americana e poi in quella francese del 1973, peraltro mai entrata in vigore. Poi se ne fa paladino Luigi Napoleone e «plebiscito» comincia ad essere pensato assieme al suo concetto: la «democrazia plebiscitaria». Che sta a quella rappresentativa come l'Uno sta ai molti, l'unanimità alla discordia, il potere dei leader a quello dittatori. Mussolini è un appas sionato del plebiscito, traduzione in abiti elettorali delle aduna te oceaniche sotto il suo balcone. Ed è anche per questo che i co stituenti non mostrano sover chie simpatie verso un istituto che, a torto o a ragione, sembra un parente stretto del plebiscito il referendum. La Repubblica dei partiti, adesso meglio nota come Italia partitocratica, diffida della democrazia diretta. La considera come l'anticamera della democrazia plebiscitaria. E pure del cesarismo, forma di rapporto diretto tra il Capo e il suo popolo che in Francia sembra incarnarsi in Charles De Gaulle, portato in trionfo proprio da un plebiscito dopo il subbuglio del Maggio '68. Ma quando finisce in Italia la Repubblica dei partiti è proprio il profeta del maggioritario, Mario Segni, ad essere accusato dai suoi nemici proporzionalisti di essere un fautore del consenso plebiscitario. Anche se nel frattempo è arrivata la tv, che ha sostituito la scheda con il telecomando. Pierluigi Battista Se ne servirono anche i Savoia per le annessioni al Regno di Sardegna Il generale Charles De Gaulle presidente della Repubblica Francese portato in trionfo da un plebiscito dopo i tumulti del maggio '68 dei Parlamenti. Ne fanno uso gli Stati-nazione in fasce. Tra il 1848 e il 1870 si celebrano per consacrare le annessioni al regno di Sardegna prima e al nuovo Regno d'Italia poi. Il presidente Wilson, vessillifero dell'autodeterminazione dei popoli, lo vedeva come lo strumento principe per dare legittimazione popolare alla nuova carta geografica scaturita dalla Prima guerra mondiale. Poi se ne appropriano demagoghi e

Persone citate: Bossi, Charles De Gaulle, Luigi Napoleone, Mario Segni, Mussolini, Pierluigi Battista, Profeta, Savoia