Pajardi ancora nel mirino
Pajqrdi ancora nel mirino Pajqrdi ancora nel mirino Per un libro pagato da un inquisito IL GIUDICE «TUTTE BUGIE» SMILANO ONO stato appena scottato dall'acqua calda, adesso ho paura anche di quella fredda»: una battuta, quella del presidente della corte d'appello Piero Pajardi. Una battuta per spiegare un suo comunicato dall'inizio quanto meno insolito: «In relazione a voci circolanti...». Siamo a questo punto: la massima autorità giudiziaria cittadina ritiene utile scrivere un comunicateai giornali per smentire le voci di corridoio. Per capire la vicenda che ha fatto scattare la reazione di Pajardi bisogna tornare a venerdì pomeriggio quando Antonio Di Pietro, tra un viaggio e l'altro in Svizzera, interroga di nuovo alcuni personaggi sulla vicenda Mm, come l'imprenditore Angelo Simontacchi, titolare della Torno, e Maurizio Prada, ex segretario, e cassiere, della de milanese. Il magistrato sembra particolarmente curioso sulla vicenda di un libro (gli scritti di un teologo ormai deceduto) usci- to grazie ad un finanziamento della Torno. Strana curiosità, quella di Di Pietro, visto che di questa vicenda si era già parlato mesi fa e visto che gli interessati non hanno alcuna difficoltà ad ammettere l'episodio. Spiega infatti Prada che, dopo aver ricevuto una lettera dal rettore dell'Università cattolica, Adriano Bausola, che gli raccomandava la pubblicazione del libro, ne parlò a Simontacchi, il quale offrì il proprio contributo. E Simontacchi aggiunge che la sponsorizzazione era pubblica, con tanto di documentazione a bilancio dell'azienda. Episodio apparentemente irri- levante ma, sarà un caso, solo questo emerge tra tutte le cose chieste nell'interrogatorio. E, sarà sempre un caso, la «voce popolare» così sintetizza la vicenda: il presidente Pajardi ha scritto un libro finanziato da Simontacchi. La voce corre nei corridoi di un Palazzo dove, notoriamente, domina la discrezione; arriva ai giornalisti e, ovviamente, al diretto interessato, Pajardi. Cosicché quando i cronisti vanno dal presidente della corte d'appello si sentono rispondere: «Stiamo preparando un comunicato». Ma su cosa, visto che non è stato possibile formulare alcuna domanda? Non ce ne sarà bi¬ sogno: Pajardi, già «scottato», ha capito da solo quale era il motivo di tale interesse. Tanto che scrive: «In relazione a voci circolanti circa l'asserito finanziamento di una mia opera da parte della spa Torno, preciso quanto segue». Ed ecco sette punti, per dire in sostanza che l'opera in questione («Uomo e Stato di fronte all'etica») era una raccolta di saggi di monsignor Luigi Cortesi, promossa dall'Unione giuristi cattolici e dall'Università cattolica. Che lui, Pajardi, ha scritto solo l'introduzione «ovviamente non retribuita». Che l'organizzazione della pubblicazione «è avvenuta a cura personale ed esclusiva dell'avvocato Fernando del Re, presidente dell'Unione». Il quale è ricorso «autonomamente» al finanziamento della Torno, mentre lui, Pajardi, aveva anzi proposto che tutti i soci si tassassero. Ma se le cose stanno così (non c'è sicuramente reato e se c'è malcostume è ben minore che in aPuciltSnscapipss altri episodi) perché mai un Di Pietro così curioso? Perché mai un Pajardi che risponde pubblicamente alle «voci»? «Non siamo il Palazzo dei veleni», aveva detto il procuratore capo Francesco Saverio Borrelli alla Stampa, e non più di cinque giorni fa. Forse è così, ma qualche freccia al curaro circola di sicuro. E forse anche aU'mdirizzo dello stesso procuratore capo. Era stato lui, infatti, proprio nell'intervista, a prendere le difese di Pajardi, pesantemente attaccato da Magistratura democratica. Adesso, mentre dodici ispettori stanno passando al setaccio l'intero Palazzo, alla vigilia della discussione al Csm sul caso Pajardi, il più noto sostituto di Borrelli, Di Pietro, tira fuori questa strana storia. «Non siamo il Palazzo dei veleni», ma ormai è anche il palazzo del giudice Curtò, delle polemiche, delle lotte di corrente. Forse soltanto meno sotterranee che altrove. [s. m.J II presidente della Corte d'appello di Milano Piero Pajardi
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