PANE AL PANE di Lorenzo Mondo

r PANEALPANE Quel prete martire ci invita a sperare ARLIAMO Puglisi, il parroco ammazzato a Palermo. Forse aveva cominciato a morire quattro mesi fa. Allora, nella Valle dei Templi, Giovanni Paolo II, un Papa temprato al coraggio, scendeva personalmente in guerra contro la mafia. Non si piegava in ginocchio a chiedere giustizia e pietà per una terra sequestrata dal crimine, come aveva fatto Paolo VI davanti alle Brigate rosse che si preparavano all'assassinio di Aldo Moro. Il suo temperamento, insieme alla convinzione che una terra inseminata dal cristianesimo non poteva essere perduta e doveva sentire il richiamo ad una riscossa morale, lo induceva ad un anatema di sapore profetico, rivolto ad un orbe che per lui è ineluttabilmente cristiano. Come accadeva ai tempi dell'unità medioevale, dei sovrani sanguinari o ribelli, chiamati a prostrarsi davanti a una legge superiore: «Convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio». I suoi nemici non hanno tardato a rispondere. L'avvisaglia sono state con ogni probabilità le bombe che hanno ferito San Giovanni in Laterano e sfigurato San Giorgio in Velabro. Alla forte coscienza storica del Pontefice non sarà sfuggito il valore dell'attentato alla chiesa del vescovo di Roma "e a uno dei luòghi più arcaici della capitale, là dove il cristianesimo si innesta ancora visibilmente nella romanità. Soltanto un attacco alla basilica vaticana avrebbe avuto un significato più esemplare. Ma adesso hanno colpito in modo esplicito e senza concedersi diversivi fuori di casa, hanno trascu rato la maestà del monu mento per abbattere un simbolo che nasce dalla carne, dall'eloquenza dei fatti quelli espressi da un uomo che si sarebbe detto prigioniero di un compito imma ne e contraddittorio: bat tersi in prima linea, sotto il fuoco, per un lavoro umile e paziente, a lungo termine, qual è la formazione delle coscienze, l'educazione dei ragazzi in una delle più degradate periferie di Paler mo. Alla lunga fila dei magi ^^trati, dei poliziotti, dei semplici cittadini - e perfino dei manutengoli o rivali assassinati dalla mafia, si è aggiunto un sacerdote, o meglio un prete, se al termine famigliare e magari irrispettoso recuperiamo il senso etimologico di anziano o uomo di consiglio. Davvero si è alzato il tiro, quando si pensi alla deferenza magari superstiziosa che, anche nel primitivismo più feroce, si è manifestata nei riguardi della tonaca e della mitra. Bisogna arrivare alla decomposizione dei Paesi sudamericani, all'arcivescovo Romero mitragliato in chiesa, al vescovo messicano saltato in aria all'aeroporto, per trovare esempi di tale spregiudicatezza. Sono i casi in cui i sacerdoti più coraggiosi e consapevoli hanno svolto un'azione di supplenza nei confronti del potere civile, in cui si sono fatti - ed è un altro riferimento che dovrebbe inorgoglire, al di là di ogni pena, papa Wojtyla- defensores civitatis. Perché oggi ad alzare il tiro non sono soltanto i criminali ma, con le armi improprie della parola e delle opere, anche i preti di Palermo. Lo. dico con il pudore che meri-! ta ogni vita perduta, che ha un valore incommensurabile, ma c'è forse una provvidenziale necessità, è giusto che nel martirologio decretato da una delle più aberranti forme di violenza, figuri la persona di un prete. Che si cancelli un passato e un dubbio di negligenza, di mediazione, di prudenza colpevole. In questi giorni, cercando sulle fotografie dei giornali, nelle inquadrature della tv, il volto arguto, lavato di pena, del piccolo prete, i credenti, e non soltanto loro, possono trovare nuove ragioni di appartenenza, sentirsi più disposti a cercare, sia pure nascosta in fondo al tunnel, la speranza. Lorenzo Mondo

Persone citate: Aldo Moro, Giovanni Paolo Ii, Paolo Vi, Puglisi, Romero, Wojtyla

Luoghi citati: Palermo, Roma