Napoli orfana applausi ai Borboni di Paolo Guzzanti

Una folla di fedelissimi, nostalgici e curiosi saluta don Ferdinando, erede al trono Una folla di fedelissimi, nostalgici e curiosi saluta don Ferdinando, erede al trono Napoli orfana, applausi ai Borboni E, tornato 'o re! Evviva, 'o re è turnate a Napule...». Così ieri gridava la gente che si era raccolta davanti alla cappella del Pio Monte della Misericordia in cui si trovavano i diretti discendenti e teorici aspiranti al trono del regno delle Due Sicilie. Questo è accaduto ieri, 18 settembre del 1993: gruppi di napoletani vecchi e giovani hanno stretto in un abbraccio osannante don Ferdinando di Borbone, sua moglie, suo figlio. Un fatto del genere non era mai accaduto dopo il 1860, data della fuga degli ultimi re di Napoli: della stessa Napoli, la più popolare, una piccola parte è scesa in strada in festa accla- mando la dinastia pre-unitaria, quella dei nemici del Risorgimento. Un atto che a rigor di logica dovrebbe mandare in visibilio lo stesso professor Miglio. Comunque, un evento che anche dal punto di vista sentimentale e delle tradizioni è straordinario: Napoli infatti è stata ed è rimasta per molti anni la più monarchica fra le città italiane, ma legata sentimentalmente - con Lauro e anche con Covelli - alla dinastia nemica dei Borboni, quella dei Savoia che li aveva espulsi, per prendere il loro posto e realizzare l'unità d'Italia. Prova ne sia che appena trent'anni fa molti negozi napoletani esponevano in vetrina il nodo Savoia e il tricolore con lo stemma della casa. Una parte di quella stessa Napoli, ieri in un soprassalto imprevisto, di orgoglio e di rivalsa, ha applaudito lo sconosciuto Ferdinando di Borbone, duca di Castro, sua moglie Chantal, suo figlio Carlo, cui spetta il titolo di duca di Calabria. E ha applaudito, anche, il vessillo bianco e gigliato di Borbone, davanti alla chiesa in cui l'antica famiglia reale stava assistendo alla festa dell'Esaltazione della Croce, nella cappella della Misericordia, insieme a 300 cavalieri dell'Ordine Costantiniano di San Giorgio. Perché di questo si trattava: di una annuale cerimonia religiosa, che quest'anno si è trasformata in una manifestazione nostalgica. Non c'è dubbio che questo segnale sul quale sarebbe ridicolo esercitare gli strumenti dell'ironia, rappresenta una novità. Eppure, ed è qui il paradosso, si tratta di una novità tutto sommato prevedibile. Certamente i napoletani non hanno rivolto i loro applausi a un signore che parla francese e vive a Nizza perché improvvisamente hanno scoperto di amarlo, o perché si sono dati all'approfondimento storico della saga borbonica. No, si tratta d'altro: di sicuro c'entra un soprassalto di identità e di dignità, perché Napoli si sente umiliata, sia dalle proprie colpe che da quelle derivate dal governo centrale. E poi c'è la reazione all'antimeridionalismo a Bossi e alla Lega. Una reazione emotiva, d'accordo: ma le reazioni emotive poi diventano politiche, come si è visto ieri. Oggi comunque Napoli celebra anche il miracolo di San Gennaro. Vedremo se anche don Ferdinando, Dio liberi, sarà presente e se anche da lui i napoletani si aspettano il miracolo. Ma, a ben pensarci, non c'è da meravigliarsi poi tanto. A Napoli infatti il vuoto di potere è assoluto e abissale, manca il sindaco e la dinastia degli ultimi regnanti di Napoli, quella dei Cirino Pomicino, dei Gava e dei De Lorenzo, è in fuga ignominiosa. La sede è vacante. Paolo Guzzanti SERVIZIO A PAG. 17