Alba rossa su Varsavia di Foto Epa

Major e l'arcivescovo di Canterbury indignati Alla vigilia delle elezioni Eltsin richiama gli ultimi soldati russi Alba rossa su Varsavia Si vota, il barometro segna sinistra VARSAVIA DAL NOSTRO INVIATO Toh, guarda chi si rivede in Polonia. Proprio loro, quei «czewony» rossi che sembravano sepolti per sempre sotto le macerie del regime comunista uscito di scena da quattro anni, ed emergono invece a sorpresa dall'oblio politico. Nel giro di pochi mesi sono diventati gli attori di un cast in cui si mescolano il vecchio ed il nuovo, tutti comunque pronti a recitare un revival beffardo marciando compatti verso una clamorosa vittoria alle elezioni legislative di domenica. Lo prevede il tam tam del popolino, lo ammettono a denti stretti gli avversari, compreso il presidente Walesa, lo confermano concordi i sondaggi: sì, il prossimo capo del governo polacco potrebbe chiamarsi Aleyander Kwasniewski, giovane cavallo di razza del defunto Partito unificato operaio di matrice marxista che ora indossa i panni riciclati di leader dalla faccia pulita, un liberal insomma, ma attorniato da nostalgici della sinistra, da esponenti della nomenklatura, persino dagli odiati funzionari della polizia segreta. A preconizzare il clamoroso voltafaccia della Polonia postcomunista ormai avviata, anche se al prezzo di altissimi costi sociali, sulla strada delle riforme economiche di tipo occidentale sono i sondaggi di opinione di 5 istituti demoscopici. Dalle urne che rinnoveranno l'Assemblea Nazionale scaturirà in testa l'Alleanza della Sinistra Democratica (Sld) capeggiata da Kwasniewski, con circa il 19% dei consensi, seguita a due punti di distanza dal Partito contadino (Psl) di Waldemar Pawlak, risorto dalle ceneri dell'ex Partito Contadino dell'epoca comunista. Appena terza, a quo- ta 14% l'Unione Democratica (Unia) del premier uscente Hanna Suchocka, dove militano i leader storici di Solidamosc, tallonata tuttavia da un'altra formazione di sinistra, l'Unione del Lavoro (Up) di Zbigniew Bujak, mitico eroe del vecchio sindacato di Danzica oggi in rotta di collisione con Walesa. Infine la Confederazione per la Polonia Indipendente del nazionalista di destra Leszek Moczulski (7%), in coda le frange che si riconoscono ancora in Solidamosc, con il 6 per cento. Stando al quotidiano «Rzeczpospolita», che ieri ha violato l'embargo sulla pubblicazione dei test preelettorali in compagnia del pomeridiano «Super Express» - il quale dà per vincenti i contadini - la ripartizione dei 460 seggi del prossimo Sejm vedrebbe gli ex comunisti con 140 deputati, 100 ne otterrebbero i rurali e 50 l'Unione del Lavoro, dunque una maggioranza confortevole che almeno sulla carta potrebbe segnare la fine del ciclo dei quattro governi centristi al potere dal 1989. Sarebbero pertanto queste le sei formazioni in grado di superare lo sbarramento del 5 per cento per entrare nella Camera bassa. Uno sfoltimento micidiale rispetto all'ultimo Parlamento «arlecchino» frazionato dalla presenza rissosa di 29 partiti, e una drastica sforbiciata ai 210 schieramenti in lizza domani. Se le previsioni saranno rispettate, la vittima più illustre del nuovo regolamento parlamentare sarà il Blocco apartitico per le riforme foraggiato dal presidente della Repubblica. Il suo Bbwr è una sigla assai controversa in Polonia, uguale a quella del movimento creato negli Anni Trenta dal maresciallo Jozef Pilsudski, il benigno dittatore di allora, che Walesa ha voluto riproporre per sottolineare la sua voglia neppure molto segreta di erigersi a giudice al di sopra delle parti, quando, fra due anni, scadrà il mandato a Palazzo Belvedere. Pare che non ci riuscirà, trascinato verso il basso dalla vertiginosa caduta di popolarità. «Ha ambizioni napoleoniche», dice di lui Adam Michnik, direttore di «Gazeta», ex amico ora trasformatosi in fiero avversario. E infatti la cruda verità della situazione serve a spiegare la forza del ricambio che spira sulla Vistola e dintorni. Mentre la «signorina di ferro» Suchocka si affanna ad enumerare i meriti della sua gestione durata dieci mesi fino alla caduta per voto di sfiducia a fine maggio (produzione industriale salita del 10%, un record non solo nell'Europa dell'Est; inflazione scesa dal mille al 35%; crediti a gogò dalle banche estere; ottimo andamento della privatizzazione, che rende la metà del prodotto interno lordo; buoni voti del Fondo Monetario Internazionale), la gente comune mugugna inferocita. «Prima i negozi erano vuoti e le nostre tasche piene - sbotta Ewa Blick, una "massaia qualunque" - oggi è l'esatto contrario». E quel «prima» diventa il richiamo irresistibile per la massa degli scontenti, operai, statali, pensionati sulla soglia della povertà tagliati fuori dalla corsa al consumismo. Ecco quindi la protesta spostata su una sinistra così gremita di spettri. Ne fanno le spese i gruppi vicini alla Chiesa, come la Coalizione «Patria», i liberali e i partitini folcloristici sorti a valanga: dai rockettari ai cittadini del mondo, dai difensori dei Vigili del Fuoco al Partito dell'Azione Assurda aperto ad ammali ed extraterrestri. Ma intanto qualcuno resta con i piedi per terra. Oggi, su ordine di Eltsin, saranno rimpatriati gli ultimi soldati russi: per 48 anni ne stazionarono «fraternamente» nel Paese 60 mila. Piero de Garza rolli Walesa e Filippo d'Edimburgo al funerale simbolico del gen. Sikorski [foto epa]

Luoghi citati: Danzica, Europa Dell'est, Polonia, Varsavia