Lidia Ravera: caro figlio, fammi crescere di Lidia RaveraMirella AppiottiLidia Ravera
Lidia Ravera: caro figlio, fammi crescere Da «Porci con le ali» al dialogo tra madre e ragazzo di 14 anni: la scrittrice racconta il nuovo libro Lidia Ravera: caro figlio, fammi crescere «A questa generazione insegniamo a sporcarsi le mani nel mondo» E RAVAMO madri senza madri. Forzate del nuovo. Grandi liquidatrici del passato. I sensi di colpa erano come tarli, e se avessero avuto ragione le altre?...». Nicola nasce e cresce tra questi pensieri, in mezzo a grandi certezze, a poco a poco frantumate: «Io, tuo padre, perfino i nonni, che nel frattempo si erano spostati nella Riserva della Borghesia Delusa, tutti, ti abbiamo cresciuto nelle parole dell'opposizione. A sette anni eri già esterofilo, a otto eri comunista, a dieci ti toccava cambiar nome, sostituire con una quercia la falce e martello che conoscevi soltanto come simboli politici (...). Certe volte ho dei dubbi, da quando tu sei quasi grande, e posso misurare su di te risultati intermedi, prime tappe, di quella che si chiama "educazione"...». Nicola ora ha 14 anni, Lidia Ravera, sua madre, poco più di 40: dal '76 di Porci con le ali e della ribellione ha scritto nove libri di battaglia, di domande, di esplorazione, tappe cocciute e appassionate di una crescita perennemente ostacolata dalla «ragazza che volevo continuare a essere...». Adesso basta, la maturazione è d'obbligo. Ma bisogna fare un ultimo pezzo di strada. Perché non farlo con Nicola? All'inizio del suo decimo libro, In quale nascondiglio del cuore - Lettera a un figlio adolescente, in uscita da Mondadori, l'autrice infatti gli chiede, con una tenerezza struggente quanto guardinga, di aiutarla proprio in questo, «vorrei buttarla a mare la ragazza, se tu, cortesemente, mi sostieni nello sforzo...». L'operazione sembra compiuta. Ma com'è nato questo colloquio singolare accompagnato da un'analisi continua di sé e del proprio tempo e perciò così profondamente diverso (confronto inevitabile) dall'Etica per un figlio di Savater, voce d'un padre che si esprime «dentro una cultura tradizionale»? E lei, una madre «anche» («perché siamo donne diventate madri discutendone»), che cosa ha voluto offrire a Nicola nel momento in cui «... la tua voce sta cambiando,...ricevi molte telefonate... quando partiamo porti il tuo zainetto come sem¬ pre, ma anche la mia valigia»? «Il libro è nato da una piccola urgenza - spiega Lidia Ravera -. Avevo voluto mio figlio, sin da piccolo, in tutte le manifestazioni politiche alle quali partecipavo, mi era parso necessario fargli condividere queste mie esperienze. L'anno scorso capita che decida di andare, ormai da solo, ad un corteo contro il governo Amato. Al ritorno gli chiedo un commento. Mi dice: "O Amato o un altro, se c'è un debito tocca pagare..."». Una risposta piena di concretezza che turba l'ex ribelle, abituata, ai suoi tempi, a inseguire soprattutto l'Utopia. Ma vi sono altri atteggiamenti da non trascurare, specie l'impossibilità dei ragazzi come Nicola di immaginare il futuro, il rifiuto di programmare qualsiasi cosa «oltre domenica prossima». L'urgenza non è poi tanto piccola, né contingente, il grande senso di insicurezza sociale rischia di indebolire una generazione privata di ideologie, di schieramenti. «I genitori, prima di tutto, devono parlare con i figli» pensa questa madre forte che a lungo ha temuto «di non essere all'altezza...». L'incontro tra i due avviene in una sorta di gioco serissimo, reciprocamente guidato da una salutare ironia piena di rispetto. Attraverso un «censimento di quello in cui credo», la Ravera cerca di far arrivare al figlio non certo una ricetta per vivere o un decalogo di comportamento, ma la tensione necessaria per cominciare il cammino. «La mia è stata una navigazione a vela, a seconda che Nicola avesse voglia o meno di parlare. Mi sono imposta di non aver fretta, di aspettarlo per dirgli le cose fondamentali: e cioè che bisogna sporcarsi le mani nel mondo, bisogna chinarsi a raccogliere le carte per terra, bisogna difendersi dalle morti apparenti. E per convincerlo che, nonostante tutto, loro saranno migliori di noi perché hanno avuto un'impostazione più giusta». Allora c'è un testimone da passare ai figli? Vent'anni, almeno, di lotta non sono andati perduti? «Ho rivisto molte posizioni, ma sono una non pentita». Le donne, da sempre, sanno meglio degli uomini rispettare il «loro» passato: Lidia Ravera lo conferma. E' la migliore lezione per Nicola. Mirella Appiotti Lidia Ravera: «Portavo Nicola alle manifestazioni politiche». Scrive: «A sette anni eri già esterofilo, a otto eri comunista»
Persone citate: Lidia Ravera, Mondadori, Ravera, Savater
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